«Massimo Adriatici è stimato da tutti, un amico, è una persona perbene». Così parla a Domani Marco Iachini. Si tratta del carabiniere che la sera del 20 luglio, dopo lo sparo esploso dall’assessore leghista Massimo Adriatici, accompagna il politico in caserma e poi partecipa ai rilievi sulla scena del crimine.

Lo sparo uccide Youns El Boussettaoui, 39 anni, cittadino italiano originario del Marocco, affetto da disturbi mentali, difeso dagli avvocati Marco Romagnoli e Debora Piazza. 

Domani ha svelato che poco dopo lo sparo arrivano le auto dei carabinieri e della polizia, poi una macchina nera. La guida un militare che mostra confidenza con Adriatici, lo saluta e lo accompagna in caserma con l’auto.

Si tratta di Marco Iachini, un carabiniere, pregiudicato per lesioni avendo percosso, nel 2009, Luciano Diaz, difeso dal legale Fabio Anselmo. Sul caso Iachini, nel 2016, è intervenuto anche Matteo Salvini che ha preso le sue difese. Il militare sulla sua pagina social riproponeva le parole d’ordine della Lega come il no allo ius soli condividendone la propaganda, ma precisa di non essere iscritto al partito. 

Per difendere Iachini, processato e condannato per lesioni, in parlamento è stata anche presentata un’interrogazione parlamentare dal gruppo della Lega. Iachini, lo scorso febbraio, ha rimediato un’altra condanna perché ha diffamato proprio Fabio Anselmo, avvocato anche della famiglia Cucchi, per un commento nel quale parlava di testimoni comprati. «Non ricordo di averlo scritto», dice Iachini che però non prende le distanze.

Il carabiniere e l’amicizia con Adriatici

Iachini non si sottrae e torna a quella sera di luglio. Fornisce la sua spiegazione sulla sua presenza e le ragioni di quell’insolita gestione della scena del crimine con Adriatici che parla al telefono, salutato con riverenza, che viene portato in caserma salendo dal lato anteriore dell’auto, sportello passeggeri.

Durante l’intera intervista Iachini ripete continuamente che lui è innocente, ritorna a quella giornata del 2009 quando dopo aver fermato Luciano Diaz, fuggitivo e armato di coltello, lo ha riempito di botte. Per quei fatti c’è una sentenza definitiva, ma Iachini ribadisce che Diaz (che patteggia per resistenza a pubblico ufficiale e altri reati) ha continuato a fare attività agonistica, ad andare a cavallo, che ci sono video che dimostrano la sua tesi.

Si sente vittima di una decisione ingiusta, «quello voleva investirmi, ho salvato solo la mia pelle, io c’ero quel giorno, i giudici no», dice. Ma la sentenza di primo e secondo grado, con la conferma della corte di Cassazione, dice altro e alla fine Iachini è stato condannato a un anno e 6 mesi di reclusione.

Dopo la sospensione è tornato a fare il carabiniere a Voghera e lo scorso luglio è protagonista nelle fasi successive allo sparo che uccide Youns.

L’amicizia

Ma perché Iachini, la sera del 20 luglio, arriva sulla scena del delitto e preleva Massimo Adriatici?  «Io quella sera ero in servizio. Io conosco benissimo Adriatici, da anni, è una persona stimata, io non ho niente contro di lui. I colleghi gli avevano già tolto l’arma.

Sono arrivato una ventina di minuti dopo i fatti perché i superiori mi avevano detto di andare a prelevarlo per portarlo in caserma con l’unica auto disponibile, quella nera che si vede nelle immagini», dice Iachini. Il video mostra il carabiniere che arriva, gesticola, scende dall’auto e parla con Adriatici dopo averlo salutato. 

«Io non ricordo cosa gli ho detto, lui parlava al telefono perché ha chiamato il 118 e fornito informazioni su quello che era successo». Ma perché l’indiziato di un grave reato si accomoda avanti in auto e non dietro con un altro agente? 

«Perché Adriatici lo conosco bene, ho massima fiducia. Se arrivi in un posto e conosci la persona che è un avvocato, è assessore, è un amico, cambia. Con questo non voglio dire che non si possa contenere chi si conosce, ma non era quello il caso. Conoscendolo da anni, non avevo bisogno di un altro agente per accompagnarlo», replica Iachini.  

Quella sera Adriatici segue Youns, ragazzo con disturbi mentali, che si reca in un bar, l’assessore aspetta all’esterno, il giovane esce e Adriatici gli mostra la pistola, il ragazzo sferra un cazzotto, l’assessore cade e spara. Il ragazzo agonizza, arriva in ospedale e muore. «Non lo seguiva, assolutamente.

Diciamo che lo teneva d’occhio in attesa dell’arrivo di qualche pattuglia o forse aspettava che combinasse qualcosa come suo solito», dice Iachini che interpreta a modo suo le immagini delle telecamere di sorveglianza.  Dopo tre mesi ai domiciliari, oggi Adriatici è libero, ma su quel giorno la verità deve ancora essere scritta. 

Poco dopo lo sparo, in quella sera del 20 luglio, arrivano le prime auto di carabinieri e polizia poi l’auto civetta guidata dal vice brigadiere Marco Iachini. Intanto che i militari perimetrano l’area, Adriatici parla al telefono e cammina in piazza Meardi.

Youns è stato già portato in ospedale dove morirà poco dopo. Ma normalmente una persona che spara un colpo di pistola ferendo mortalmente un’altra non dovrebbe essere fermata in attesa di capire la dinamica dei fatti? 

«Quando sono arrivato io non era deceduta la vittima, ho capito che gli aveva sparato, ma siamo in presenza di lesioni personali gravi, gravissime», ribatte Iachini. Se uno spara a un’altra persona non è tentato omicidio? 

«Per me era indiziato di lesioni volontarie aggravate, il tentato omicidio si materializza dopo, quella traduzione in caserma è stata fatta in sicurezza, avrei fatto diversamente se non fosse stata persona di mia conoscenza, lo conosco da tantissimi anni. Bisognava portarlo via da lì.

Dopo averlo accompagnato in caserma sono tornato sul posto e ho supportato i miei colleghi che stavano eseguendo i rilievi». Il carabiniere, a proposito dell’incriminazione di Adriatici, spiega che dalla caserma l’assessore è uscito con l’accusa di omicidio volontario, reato che poi è stato rubricato dalla procura in eccesso colposo di legittima difesa. 

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