La prima volta che l’ha pubblicato è stato il 6 novembre scorso, giorno della vittoria elettorale di Donald Trump. Tra i tanti tweet scritti in quell’occasione, Elon Musk ne ha messo online uno di sole cinque parole: «You are the media now». Da allora il motto è diventato un hashtag di successo e molti analisti e commentatori hanno provato a immaginare cosa avesse davvero in testa Musk. A quasi tre mesi di distanza, ora forse è possibile capire qual è in concreto il piano nascosto dietro quel messaggio.

«Nei giorni scorsi, alcuni rappresentanti europei di Elon Musk hanno avuto un incontro con gli amministratori di realtà social legate al mondo dell’informazione indipendente, tra cui, per l’Italia, Welcome to Favelas. Al momento, le parti hanno scelto di non rilasciare dichiarazioni ufficiali, ma l’incontro è stato giudicato dai partecipanti come necessario e molto stimolante. #youarethemedianow».

Questo messaggio è stato pubblicato sui social giovedì 23 gennaio dalla pagina “Welcome to Favelas” e dal suo creatore ed amministratore, Massimiliano Zossolo, che poche ore dopo ha aggiunto: «Ora è il momento di costruire un sistema d’informazione decentralizzato, non più monopolio dei vecchi e inaffidabili media tradizionali. Al centro di questo nuovo modello devono esserci le persone, non i cosiddetti “professionisti dell’informazione”».

Avviato nel 2013 su Facebook e poi allargatosi a tutti i principali canali social, Welcome to Favelas si è fatto conoscere come contenitore di foto e video che mostrano il degrado delle città italiane, principalmente quello di Roma. A corredo delle immagini non ci sono quasi mai spiegazioni: il contenuto parla da solo. E attira interazioni. Molto popolari, ad esempio, i video delle borseggiatrici in metropolitana, di rifiuti abbandonati in strada, di autobus dell’Atac che s’incendiano. Così si è fatta conoscere Welcome to Favelas, che oggi conta un milione di follower su Instagram.

Idolo Musk

Dall’1 gennaio di quest’anno, Zossolo ha però iniziato a modificare la natura della pagina. Ai tradizionali video cittadini ha aggiunto contenuti scritti, che riassumono eventi rilevanti avvenuti in Italia e nel mondo. Fatti di cronaca nera, le principali novità sulla guerra tra Israele e Hamas, le elezioni americane, lo sport.

La svolta ha portato Zossolo a cambiare anche la descrizione della pagina, passando al più impegnativo “Independent Media”. Di certo è in espansione, gli affari vanno a gonfie vele. Per questo è alla ricerca di collaboratori: «Vuoi collaborare con Welcome to Favelas? Cerchiamo admin per i nostri canali Telegram. Invia la tua candidatura», è l’annuncio sul canale Telegram.

Se è vero che Musk è interessato a profili come il suo, allora è più facile immaginare che cos’è il progetto “you are the media”. La disintermediazione non è certo una novità degli ultimi mesi. Da trent’anni Internet e i social hanno rivoluzionato quasi tutti i settori dell’economia, giornalismo compreso, eliminando gradi di separazione che fino a pochi anni fa sembravano imprescindibili. Lo dimostrano i tanti casi di giornalisti, ma anche di esperti di materie varie, diventati così seguiti da essere paragonabili per impatto alle classiche testate d’informazione.

Ma Zossolo non è un giornalista né un esperto di qualche settore. Zossolo è un ex manutentore di impianti di aria condizionata diventato esperto di social network. Lo ha spiegato lui stesso, in un’intervista all’agenzia di comunicazione Nagency, raccontando gli inizi della sua carriera: «Ho iniziato a capire che i social, se tu li usi in una certa maniera, riesci a condizionare anche fisicamente le persone», ha detto.

Dalle violenze al successo

Le sperimentazioni sono avvenute mentre era ai domiciliari. Zossolo è infatti stato condannato in appello a quatto anni e otto mesi, con interdizione per cinque anni dai pubblici uffici, per resistenza, violenza e minacce a pubblico ufficiale, devastazione e saccheggio. Il 15 ottobre del 2011, durante le proteste a Roma, insieme ad altre persone Zossolo, ultrà romanista, assaltava con un martello un blindato dei carabinieri che subito dopo veniva dato alle fiamme, si legge nella sentenza. È stato proprio nel periodo passato ai domiciliari, ha raccontato lui, che è iniziato il lancio delle prime pagine.

Social media manager del magazine Cronaca Vera dal 2015, oggi Zossolo è un imprenditore grazie a Welcome to Favelas. «Un media a livello nazionale», così lo descrive lui, «presente su tutte le piattaforme social e conosciuto praticamente da tutti i giovani dai 14-24 anni in Italia grazie anche alla esposizione televisiva di alcuni suoi contenuti e la collaborazione di diversi influencer». Nonostante il successo, il 40enne romano non risulta avere cariche o azioni di alcuna impresa in Italia. Possibile che a breve comparirà anche lui sul registro di commercio, se davvero l’alleanza con Musk dovesse andare in porto.

Disintermediazione 

Di sicuro l’imprenditore con base negli Usa sta cercando contenuti per rivitalizzare il suo X, acquistato nell’ottobre del 2022 per 44 miliardi di dollari e ancora in profondo rosso, anzi in condizioni finanziarie persino peggiori rispetto a quelle di due anni fa se è vero, come ha detto a ottobre scorso la società finanziaria Fidelity, partner di Musk nell’acquisizione, che il valore dell’ex Twitter è diminuito del 65 per cento da quando è arrivato Elon. Per far crescere la popolarità del social network, Zossolo potrebbe essere utile in Italia.

Anche perché le sue idee sull’informazione sono molto simili a quelle del miliardario sudafricano. «I media tradizionali vogliono distruggere il vostro diritto alla libertà di parola», ha scritto Musk.

Più volte il patron di Tesla e SpaceX ha espresso chiaramente la sua opinione su quelli che definisce «mainstream media»: controllati da persone potenti e interessate, faziosi, inaffidabili, per questo da sostituire. «X è il futuro, è il giornalismo dei cittadini, fatto dalla gente per la gente», ha scritto il 10 gennaio scorso.

Ci sono però alcuni fatti che contraddicono la versione di Musk. Il primo è che i mainstream media non sono più così tanto mainstream. Uno studio pubblicato lo scorso novembre da Pew Research mostra che un americano su cinque, quota che sale al 37 per cento considerando le persone di età compresa tra 18 e 29 anni, dice di ricevere regolarmente notizie dagli influencer sui social.

Se uniamo questi indicatori al fatto che, secondo un altro studio di Pew Research condotto sempre negli Usa, il pubblico dei media tradizionali sta calando anno dopo anno (fatta eccezione per alcuni grandi nomi), si capisce come le testate giornalistiche non rappresentino già da un po’ di tempo il «flusso principale» (mainstream) all’informazione.

Il secondo fatto che contraddice la tesi di Musk è paradossale. L’imprenditore e membro dell’amministrazione Trump dice che il suo obiettivo è avere un’informazione libera, per questo invita tutti a diventare dei media e a farlo su X. Peccato che X sia suo, e che dunque lui possa, attraverso il controllo dell’algoritmo, condizionare il successo o l’insuccesso di qualsiasi media indipendente. L’obiettivo sembra chiaro: dopo auto elettriche e satelliti, adesso Musk vuole diventare il più grande editore al mondo. E farlo mentre lavora per l’amministrazione Trump.

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