Meta limita l’uso di WhatsApp. L’Antitrust avvia un procedimento cautelare

Meta finisce di nuovo nel mirino dell’Antitrust e la situazione per l’azienda si fa più che seria: dopo l’istruttoria avviata a fine luglio per presunto abuso di posizione dominante nei servizi di comunicazione via WhatsApp - la società ha pre-installato dal mese di marzo il servizio di intelligenza artificiale sull’app, una modalità considerata alla stregua di un’imposizione ai clienti dei servizi di chatbot e assistenza attraverso l’Ia - l’autorità non solo ha ampliato il perimetro dell’istruttoria alle nuove condizioni contrattuali sui servizi di AI chatbot (WhatsApp Business Solution Terms) introdotte dalla società il 15 ottobre ma soprattutto ha avviato un procedimento cautelare, dunque con carattere di urgenza, con riferimento sia alle nuove condizioni contrattuali sia all’integrazione di ulteriori strumenti o funzionalità sulla piattaforma di messaggistica. I concorrenti fuori dai giochi Per l’autorità il danno è doppio: da un lato «la modifica delle condizioni contrattuali è suscettibile di limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico nel mercato dei servizi di AI Chatbot, a danno dei consumatori» - e contemporaneamente l’autorità «ritiene che tale violazione della normativa sulla concorrenza da parte di Meta possa pregiudicare, in modo grave e irreparabile, la contendibilità del mercato, a causa della scarsa propensione dei consumatori a cambiare le abitudini che ostacola il passaggio a servizi concorrenti». Insomma, i consumatori non avrebbero scelta e le aziende competitor, quelle che forniscono servizi e tecnologie Ia non avrebbero spazio di azione poiché non possono usare WhatsApp per veicolare le loro soluzioni. In particolare – è spiegato nel provvedimento – le imprese che alla data del 15 ottobre avevano un account su WhatsApp per offrire servizi e tecnologie di AI generalista, non potranno più operare dal 15 gennaio 2026 mentre è già fuori dai giochi chi non aveva un account WhatsApp a metà dello scorso mese poiché le nuove condizioni contrattuali sono scattate con effetto immediato. Una misura che l’Autorità interpreta nero su bianco come una «distorsione delle dinamiche concorrenziali del mercato interessato, a vantaggio di Meta». Chiamate moleste, da oggi è attivo il “super-filtro” anti-truffa: tutte le incognite In Italia danno potenziale per 37 milioni di utenti L’Antitrust nel ricordare che «Meta detiene una posizione dominante nel mercato dei servizi di comunicazione via app, di dimensione europea, nel quale opera anche attraverso WhatsApp, che ha raggiunto nel 2025 oltre 2 miliardi di utenti nel mondo e oltre 37 milioni di utenti in Italia», evidenzia che «il diniego di accesso ad una infrastruttura digitale risulta abusivo quando ha l’effetto, attuale o potenziale, di escludere, ostacolare o ritardare lo sviluppo sul mercato di un prodotto o di un servizio che è, almeno potenzialmente, in concorrenza» con potenziale danno ai consumatori considerato che «nel mercato non sono solo presenti le grandi big tech verticalmente integrate, ma si stanno sviluppando anche altre imprese di minori dimensioni». Ma per Meta le accuse sono infondate In merito al procedimento cautelare l’Antitrust ha dato sette giorni di tempo per presentare memorie, documenti o chiedere audizione davanti al Collegio dell’Autorità. Ma la società di Zuckerberg attraverso un portavoce respinge «con forza» le accuse ritenendole «infondate». «L'Api di WhatsApp (ossia l’interfaccia che permette a diverse applicazioni software di comunicare e scambiare dati e funzionalità, ndr) non è stata progettata per essere utilizzata con chatbot di intelligenza artificiale e farlo comporterebbe un grave sovraccarico dei nostri sistemi. Il recente aggiornamento non ha alcun impatto sulle decine di migliaia di aziende che forniscono assistenza ai clienti e inviano comunicazioni rilevanti, né sulle aziende che utilizzano l'assistente Ia che preferiscono per conversare con la propria clientela». Si annuncia dunque battaglia con contestuale ricorso. Zuckerberg, l’ultimo scandalo di big tech: sedici miliardi grazie alla pubblicità-truffa Minori su Instagram, l’altro dossier aperto Da parte sua il Codacons ricorda che «su Meta incombe anche un altro rischio: lo scorso 14 novembre è stato discusso dinanzi al Tribunale di Roma il ricorso inibitorio promosso dal Codacons assieme ad Adusbef e Assourt teso ad impedire l’accesso dei minori a Instagram – sottolinea in una nota l’associazione dei consumatori -. Se il tribunale accoglierà l’azione legale, Meta dovrà correre ai ripari bloccando centinaia di migliaia di profili in Italia e adottando misure tecniche che impediscano realmente l’accesso dei minori al noto social network».