A Genova gli abitanti stanno scomparendo, ma le nuove case si moltiplicano. Con la benedizione del sindaco, degli immobiliaristi, e pure di Renzo Piano. Dalla costa alla collina si alternano ruspe, betoniere, annunci di vendita e progetti di appartamenti, uffici, attici vista mare, villette.

Intanto a Multedo, nel ponente cittadino, la scuola Alfieri non avrà la prima elementare «perché non ci sono più studenti». Nel quartiere accanto, Sestri, nel giro di 500 metri ci sono un edificio pubblico con più di cinquemila metri quadri sfitti e due torri in costruzione abbandonate.

Cinque chilometri verso il centro, accanto alla Lanterna, un gruppo di grattacieli ha schiere di uffici disabitati. Intorno a piazza Piccapietra, cuore della città, si susseguono saracinesche abbassate. D’altronde riempire scuole, uffici e palazzi non è semplice a Genova. Secondo l’Istat la popolazione nel 2021 è scesa a 560mila abitanti: 5.700 in meno in un anno, 23mila in meno negli ultimi cinque anni. Nell’ultimo mezzo secolo poi è stata un’ecatombe: sono scomparsi 288mila abitanti.

Appartamenti sfitti

Questi dati non fermano l’edilizia, anzi. Basta vedere cosa succede nel municipio della Media Valbisagno, che dal 2015 al 2021 ha perso 2.500 persone: a Molassana sono appena nati quattro edifici con 170 appartamenti. «E pensare che viviamo circondati dai palazzi», osserva Lorenzo Ciconte, studente di ingegneria e attivista di Fridays for Future.

Nel quartiere non è l’unico a dirsi «perplesso»: nel bar e alla fermata del bus stupiscono gli annunci di queste case nuove di zecca che costano anche 360mila euro, in una zona di estrema periferia dove un trilocale ne costa 100mila. E dove i prezzi sono da anni in picchiata.

Secondo Tecnocasa il valore degli immobili a Genova è crollato del 55,9 per cento dal 2010 al 2020, ben oltre la media nazionale del 30 per cento. E nonostante la ripresa dopo il primo anno di pandemia, i prezzi nel 2021 sono calati ancora. 

«Negli ultimi mesi il mercato è leggermente ripartito, il fondo è stato toccato», spiega Massimo Segalerba, vicepresidente genovese di Fiaip, la Federazione italiana agenti immobiliari professionali. «Ma nella periferia della città, in particolare in collina, il problema non è il prezzo ma la mancanza di persone. C’è troppa offerta e troppa poca richiesta». E così in una Genova che sognava di arrivare al milione di abitanti, oggi ci sono circa mezzo milione di metri quadri di aree dismesse e – come ha stimato Confcommercio nel 2020 – 27mila appartamenti sfitti.

Costruzioni

Nel quartiere Foce intanto sta nascendo il Waterfront di Levante, dove in base alla visione dell’archistar genovese Renzo Piano ci sono già le fondamenta di due palazzi da 240 appartamenti di lusso. Nell’Hennebique, silos in mezzo al porto, è partito il recupero di 40mila metri quadri destinati a servizi per crocieristi, uffici e negozi.

A Voltri una fabbrica abbandonata è stata abbattuta per far spazio a un supermercato e due palazzine. Nelle campagne vista mare di Vesima la giunta di centrodestra guidata dal sindaco Marco Bucci sta cambiando il Piano urbanistico per far costruire decine di villette al marchese Giacomo Cattaneo Adorno (condannato in via definitiva per Tangentopoli, poi latitante in Brasile, e infine tra i vip che a inizio marzo hanno partecipato alla cena di finanziamento elettorale di Bucci).

A Nervi al posto di una fabbrica fatiscente nasceranno due torri da una decina di piani, mentre a Carignano una sentenza del Tar ha sventato la trasformazione di alcuni padiglioni dell’ospedale Galliera in appartamenti per 750 persone.

La più importante città

«Ormai i privati sopperiscono alla mancanza di risorse del pubblico e guidano le trasformazioni urbanistiche», analizza l’architetto genovese Emanuele Piccardo, critico di architettura e dei suoi risvolti sociali. «Il problema è che la regia pubblica è incapace di gestire l’intervento privato, che è ovviamente speculativo. C’è miopia, si procede per punti senza interventi organici che a Genova diano un’idea di città».

Una città che ha cambiato pelle se si considera che nel 1971 si contavano 816mila residenti (il massimo storico sono gli 848mila del 1965) mentre per trovare una cifra simile ai 560mila odierni bisogna tornare agli anni Venti del secolo scorso. Alessandro Terrile, capogruppo del Pd in consiglio comunale, nel 2021 ha lottato mesi per avere dal Comune i numeri sulla popolazione poiché «dal 2018 non venivano più pubblicati», spiega. «Leggendoli si capisce il perché di tanta ritrosia».

Dall’inizio del suo mandato, nel 2017, il sindaco Marco Bucci ripete che con lui Genova tornerà a essere «la più importante città del Mediterraneo» e che la popolazione risalirà «a 700mila abitanti». Il calo sancito da Istat a metà marzo racconta una storia diversa: ma Bucci ha bollato i dati di Istat come «provvisori», aggiungendo che conoscere i residenti «non è sufficiente», che «i numeri bisogna saperli leggere», che «le celle telefoniche sono il metodo più intelligente per calcolare gli abitanti».

In base alle stime del Comune gli abitanti di Genova sarebbero oltre 646 mila, con aumento di 80 mila persone dal 2019.

Il crollo

Istat non commenta, mentre il Comune non rilascia informazioni sulla scientificità del calcolo. Nell’Università di Genova però non mettono in dubbio il crollo demografico.

«È cominciato negli anni Sessanta, quando le grandi aziende hanno ridotto la spinta propulsiva del mercato del lavoro e la popolazione ha cominciato a invecchiare», racconta il professor Enrico Di Bella, che insegna Statistica sociale e demografia a Scienze Politiche.

«Entro il 2050 si prevede che la Liguria perda circa 250 mila abitanti, ma fare stime su Genova è difficile». La Città metropolitana accoglie infatti metà della popolazione ligure, con l’area urbana che a differenza dell’entroterra attira più gente di quella che emigra. Avendo però molte più morti che nascite, il “saldo migratorio” non compensa “il saldo naturale”. «Di sicuro bisogna prepararsi a una Genova con una popolazione molto minore e trovare strategie per resistere a questo impatto».

Attirare i giovani

Secondo l’assessora comunale all’urbanistica Simonetta Cenci è qui che entra in gioco la costruzione di nuove case. «Bisogna recuperare abitanti dal nord Italia. È finita l’epoca in cui si puntava sulla silver economy e ci si rassegnava a una città di anziani», spiega.

«Oggi stiamo cercando di attirare studenti e persone che con lo smart working possono vivere e lavorare in un bel posto come Genova. Chi viene dalla Lombardia vuole abitazioni con materiali recenti, domotica e vista mare». Secondo l’assessora aggiungere altre case in una città disseminata di alloggi sfitti non farà cadere i prezzi «poiché la difficoltà di vendere riguarda gli appartamenti vecchi. Quelli nuovi vengono venduti subito».

Inquilini cercansi

Le torri faro

Nel Waterfront alcune decine di appartamenti di lusso risultano già prenotate, ma le principali operazioni immobiliari degli ultimi 15 anni – cominciate quando il comune e la regione erano governate dal centrosinistra, e il crollo demografico già accertato – sono sotto gli occhi di tutti.

Nelle Torri faro, due grattacieli da 20 e 18 piani sorti nel 2014 di fronte al porto dei traghetti, nei primi due anni non fu piazzata nemmeno la metà dei 145 appartamenti e ancora oggi le torri sono addobbate da uno striscione con la scritta “vendita”. «Ma ne sono rimasti solo due o tre liberi», assicurano da Carige Reoco, che si occupa di cederli.

Nella Marina di Sestri Ponente, costruita nel 2011 con tanto di borgo da 200 appartamenti, le operazioni di vendita sono ancora in corso. «Restano una decina di case sul mercato, altre le tiene la proprietà», spiegano dall’ufficio vendite del complesso residenziale. Dei 40 locali che dovevano rendere il quartiere vivo di negozi, solo 8 sono occupati.

La Marina si affaccia sulla collina degli Erzelli, dove dall’inizio degli anni Duemila si sta costruendo un parco tecnologico che fu definito dai suoi sostenitori «la Silicon Valley d’Italia». Oltre ai due grattacieli costruiti una decina d’anni fa, quando Genova aveva 47mila abitanti in più, in base all’ultimo progetto ci saranno un ospedale, la facoltà di ingegneria e tre torri residenziali. Ai piedi della collina, intanto, due torri da 11 piani sono abbandonate lungo il torrente Chiaravagna. La gru è ancora lì, le impalcature pure. I lavori dovevano finire nel 2014: ma quei 100 appartamenti non li hai mai voluti nessuno.

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