Durante l’incontro di maggioranza sul disegno di legge di riforma del penale, la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha dovuto bilanciare tecnicismo e politica.

Davanti a lei, infatti, si sono posti due ordini di problemi. Il primo e preliminare è quello politico, che riguarda i partiti della maggioranza di governo. Ognuno ha presentato emendamenti diversi e antitetici – soprattutto su come riformare la prescrizione – e il rischio è che le riforme della giustizia (civile, penale e dell’ordinamento giudiziario) si trasformino in una guerra di logoramento. Invece, il tempo è prezioso e determinante: la riforma penale è inserita nel Pnrr, deve essere approvata entro fine 2021 e proprio alla velocizzazione dei processi penali e civili è legato l’ottenimento dei fondi europei del Next generation Eu. Dunque la ministra tecnica per antonomasia ha dovuto trasformarsi in politica e richiamare alla responsabilità le anime della maggioranza: «Non possiamo guardarci come avversari ma come compagni di strada», avrebbe detto, spiegando che il confronto sarà ampio ma che il fine deve essere lo stesso: velocizzare la giustizia nell’interesse dei cittadini, e «chi si sottrae, si assumerà la responsabilità di mancare gli obiettivi chiesti dall’Unione europea». La ministra ha poi elencato le condizioni per cui i 191 miliardi destinati all’Italia, 2,7 dei quali per la giustizia, arrivino in Italia: la riduzione del 40 per cento del tempo per i giudizi civili e del 25 per cento di quelli penali, entro cinque anni. Secondo chi era presente sul fronte politico, l’esito del vertice è stato «positivo», dunque la ministra avrebbe centrato i toni e i contenuti.

Il percorso, tuttavia, è difficile e il ministero ha fatto capire di voler procedere a tappe forzate, a partire dal penale. Il ddl penale è in commissione Giustizia alla Camera, il testo era stato redatto durante il precedente governo e ora i gruppi hanno presentato i loro emendamenti. Anche la commissione di esperti presieduta dal presidente emerito della Consulta, Giorgio Lattanzi ha presentato la sua relazione su come migliorare il testo e a giorni arriveranno le specifiche proposte di emendamento al ddl. «Giudizi lunghi recano un duplice danno: frustrano la domanda di giustizia e ledono le garanzie», per questo realizzare processi breve dovrebbe far «convergere gli interessitanto dei cosiddetti giustizialisti, quanto dei cosiddetti garantisti», ha detto la ministra nel presentare le proposte della commissione, ritornando così nelle sue vesti di tecnica. Tre i punti essenziali.

Prescrizione

La prescrizione è il tema più divisivo e la commissione ha proposto due possibili linee riformatrici. La prima prevede di sospendere il corso della prescrizione per due anni dopo la condanna in primo grado e per un anno dopo la condanna in appello, riprendendo i termini di ragionevole durata del processo previsti dalla legge Pinto. Inoltre, si prevederebbe uno sconto di pena in caso di irragionevole durata del processo. La seconda prevede di interrompere la prescrizione con l’esercizio azione penale ma scatta l’improcedibilità se il processo dura più di 4 anni in primo grado, 3 in appello e 2 in cassazione.

Stretta su appello 

Il grado d’appello, come mostrano i grafici di questa pagina, è l’imbuto del processo penale. Per questo la proposta della commissione prevede di intervenire per ridurne i numeri: il pm non potrà più appellare nè le sentenze di assoluzione nè quelle di condanna; per l’imputato, invece, i motivi di appello saranno tassativi e previsti dal codice. Così, l’appello si trasformerebbe in un mezzo di impugnazione vincolato e a favore solo degli imputati. Il rito sarebbe trasformato in camerale, con trattazione orale solo su richiesta. Inoltre, la proposta prevede un maggiore controllo del Gip sulle inerzie del pm nella decisione tra archiviazione e rinvio a giudizio.

Indagini

La commissione prone anche di limitare a un anno la durata massima delle indagini per le contravvenzioni, inoltre di razionalizzare il meccanismo delle proroghe di indagine sugli altri reati, con ampliamento del tempo base per alcuni delitti, ma la riduzione del numero di proroghe da poter richiedere.

Infine, la commissione ha previsto incentivi al patteggiamento, con la possibilità di sostiuire la detenzione fino a quattro anni con una misura alternativa, come la detenzione domiciliare (senza dover aspettare che venga concessa nel giudizio di esecuzione).

Ora, l’attesa è per gli emendamenti puntuali e per la reazione dei partiti, in vista dell’inizio dei lavori sul testo base.

 

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