La sentenza d’appello per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega è attesa per il 17 marzo: in primo grado i due giovani americani riconosciuti entrambi colpevoli di omicidio erano stati condannati all’ergastolo.

Il processo d’appello è iniziato il 10 febbraio scorso e nella prima udienza il sostituto procuratore generale ha chiesto di confermare l’ergastolo per Finnegan Lee Elder, che materialmente ha accoltellato a morte Cerciello Rega, e di ridurre la pena a 24 anni per Gabriel Natale Hjorth, riconoscendogli le attenuanti generiche pur confermando il suo concorso nel reato di omicidio volontario. 

I difensori, invece, hanno ribadito le richieste già avanzate in primo grado: l’assoluzione per legittima difesa per Elder e per non aver commesso il fatto per Natale Hyorth.

La differenza di ricostruzione

L’omicidio, che all’epoca aveva attirato una grande attenzione mediatica, è avvenuto nella notte tra il 25 e 26 luglio 2019. Il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega muore nel quartiere Prati a Roma, dopo essere stato colpito da 11 coltellate, di cui due fatali.

A impugnare il coltello è Finnegan Lee Elder, un diciannovenne americano in vacanza in Italia, mentre è in corso anche un’altra colluttazione tra il collega di Cerciello Rega, Andrea Varriale, e Gabriel Natale Hjorth, italoamericano amico di Elder. Lo scontro è l’epilogo tragico di un “cavallo di ritorno” andato male: quella che in gergo è l’operazione che le forze dell’ordine conducono per recuperare l’oggetto di un furto.

I due americani avevano cercato di acquistare droga nel quartiere della movida di Trastevere. Dopo essere stati imbrogliati dal pusher che doveva vendergliela, avevano rubato lo zaino del mediatore che glielo aveva presentato e volevano usarlo come merce di scambio per recuperare il denaro che gli era stato sottratto.

Al momento dello scambio, però, invece che il mediatore si erano visti arrivare i due carabinieri vestiti in borghese, con cui avevano ingaggiato la colluttazione finita nel sangue.

La dinamica dei fatti, però, conserva dei punti oscuri e diverge nella ricostruzione di accusa e difese.

Secondo l’accusa, i carabinieri si sarebbero comportati secondo i protocolli e si sarebbero anche immediatamente identificati e ci sarebbe stato accordo criminoso tra i due ragazzi. Per questa ragione la richiesta – accolta in primo grado – era stata la condanna all’ergastolo per entrambi i ragazzi: sia per Finnegan Lee Elder, che materialmente aveva accoltellato la vittima e che soffre di un disturbo borderline della personalità, che per Gabriel Natale Hjorth, che al momento dell’omicidio era impegnato nella colluttazione con un altro carabiniere.

Secondo le difese, invece, i due militari in borghese e non armati non si erano qualificati e dunque i due ragazzi li avevano scambiati per malfattori e si erano difesi.

Il processo d’appello

Il processo d’appello ha avuto ad oggetto proprio questa differente ricostruzione dei fatti, in particolare per la difesa di Finnegan Lee che ha materialmente accoltellato Cerciello Rega.

Gli avvocati Renato Borzone e Roberto Capra hanno messo in discussione l’intero impianto della sentenza di primo grado, che si fonda sull’attendibilità della testimonianza di Varriale. Il carabiniere ha infatti sostenuto che lui e Cerciello Rega si erano identificati, nella notte del delitto. Tuttavia, quella stessa notte Varriale ha mentito – inizialmente coperto dal suo superiore – sostenendo di avere con sè la pistola di ordinanza, che invece aveva lasciato in commissariato.

Per questo Borzone e Capra hanno sostenuto che «la sentenza di primo grado fa una scelta chiarissima: per sostenere la tesi accusatoria deve necessariamente difendere l’attendibilità di Varriale». E, per farlo, «utilizza le prove in modo parziale».

Secondo i legali una delle immagini estratte da una telecamera di sorveglianza smentirebbe il racconto di Varriale. Inoltre, nelle intercettazioni in carcere tra Elder e i suoi familiari e in una telefonata alla fidanzata immediatamente dopo i fatti, il ragazzo dice che i due carabinieri non si sono identificati e la sua versione non cambia mai.

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Capra e Borzone, inoltre, mettono in luce anche le anomalie nei comportamenti dell’Arma dei carabinieri, che non trasmettono ai pm il verbale di sommarie informazioni testimoniali, in cui risulta che tra il mediatore e i carabinieri ci sono moltissimi contatti telefonici e da cui si potrebbe ipotizzare che lui sia un informatore.

Infine, i difensori hanno anche sottolineato anche l’attestazione falsa in cui il comandante della stazione dei carabinieri sostiene di aver prelevato la pistola di Varriale mentre lui era in ospedale per essere medicato. 

La conclusione dei legali di Finnegan Elder è che lui «non poteva sapere che Cerciello Rega era un carabiniere, non aveva l’uniforme, la pistola e non ha mostrato il tesserino. Il ragazzo ha avuto una reazione istintiva, purtroppo tragica, alla manovra di bloccaggio di Mario Cerciello Rega che lo aveva steso a terra, stringendogli il collo. La perizia dimostra che questa è l’unica posizione compatibile con le ferite sul corpo del vicebrigadiere. Le ferite sono sulle parti laterali del tronco, nessuna alle spalle né frontale. Quindi nessuna aggressione a freddo come vorrebbe l’accusa. Finnegan ha reagito pensando di essere in pericolo di vita».

La linea difensiva di Natale Hjorth, invece, è quella di far valere il fatto che lui non ha materialmente preso parte all’omicidio perchè impegnato in uno scontro con Varriale, dopo il quale è fuggito e non si è reso conto di cosa stava facendo l’amico.

«Non sussiste la prova oltre ogni ragionevole dubbio della esistenza di un qualche contributo condizionalistico consapevolmente fornito dall’imputato all’azione omicidiaria autonomamente posta in essere da Elder», scrivono l’avvocato Francesco Petelli e Fabio Alonzi. L’unico elemento di prova a sostegno del concorso, secondo i legali, è una prova dichiarativa del collega di Cerciello Rega, imputato in un procedimento connesso, e «molteplici e ripetuti travisamenti della prova documentale».

La decisione attesa

L’esito del processo d’appello è incerto. Un alleggerimento della condanna è più plausibile per Natale Hjorth, visto che anche il sostituto pg ha chiesto di riconoscergli le attenuanti generiche. Per Finnegan Lee, invece, tutto dipende dalla capacità dei difensori di insinuare il dubbio nei giudici della corte d’assise d’appello di Roma.

Nei reati di sangue, infatti, è prevista la competenza della corte d’assise e poi della corte d’assise d’appello, i cui collegi sono composti da due giudici togati e da sei giudici popolari.

Determinante sarà la valutazione sull’attendibilità di Varriale e sulla sua ricostruzione dell’accaduto di quella notte.

Il processo parallelo

Roma. La foto di Gabriel Christian Natale-Hjorth, sospettato per l’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega, legato e bendato

Intanto, è in corso anche un altro procedimento in cui Natale Hjorth è parte lesa. Al momento dell’arresto, infatti, il ragazzo è stato tenuto bendato e ammanettato con le mani dietro la schiena dentro una caserma, in violazione delle norme sulla detenzione.

Inoltre, un carabiniere lo ha fotografato e l’immagine ha iniziato a circolare nella chat dei carabinieri. 

La fotografia, che ha fatto il giro del mondo vista la risonanza internazionale del caso e ha provocato non pochi imbarazzi nell’arma, è diventata oggetto di un nuovo procedimento penale a carico del carabiniere Fabio Manganaro, accusato di abuso di autorità per aver sottoposto Natale Hjorth a una misura di rigore non prevista dalla legge.

Nel corso di questo processo, inoltre, sono state depositate alcune chat tra carabinieri, in cui i militari si lasciano andare a frasi come «Squagliateli nell'acido», «ammazzateli di botte», «fategli fare la fine di Cucchi».

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