L’unica ad aver accolto la notizia nomina senza clamori è stata lei: Francesca Nanni, prima donna al vertice della procura generale di Milano. Tra il profluvio di dichiarazioni sul soffitto di cristallo che finalmente inizia a scricchiolare anche in magistratura, la sintesi delle poche dichiarazioni rilasciate dalla diretta interessata è: «Sarà un bell’impegno».

Del resto, il curriculum di Nanni è pieno della locuzione “prima donna al vertice”: nel 2010 è stata la prima donna alla guida della procura di Cuneo, nel dicembre 2018 è diventata la prima donna a capo della procura generale di Cagliari, dove ha ricevuto la notizia della sua nomina a Milano.

Sessantenne, ligure di nascita ed entrata in magistratura nel 1986, nella sua carriera ha svolto funzione di pm a Sanremo e poi a Genova come pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia. Pochissimi anzi quasi nulli i cenni biografici, come anche le interviste rilasciate ai giornali: di lei si sa che a Cagliari verrà rimpianta per la sua capacità organizzativa degli uffici e di coordinamento del lavoro.

Tutte doti indispensabili per andare a sedersi su quella che per tutti è ancora la poltrona che fu di Francesco Saverio Borrelli, ambita quanto scomoda.

La sfida della procura di Milano

Se la procura di Roma venne soprannominata il “porto delle nebbie” perché in essa si perdevano tutte le inchieste sui politici della prima repubblica, quella di Milano si guadagnò la medaglia di procura più importante d’Italia proprio perché la prima repubblica la fece crollare, con l’inchiesta su Tangentopoli.

Trent’anni dopo, la procura di Milano si è trasformata in un teatro di guerra. Gli ultimi anni della vita interna del palazzo di giustizia sono stati infuocati: la procura generale guidata fino al 2019 da Roberto Alfonso è stata protagonista di durissimi scontri con la procura della repubblica di Francesco Greco (la procura generale ha compito di vigilanza sulla procura presso il tribunale), culminata con l’avocazione di inchieste delicate - la più nota quella contro il sindaco Beppe Sala per Expo – con l’accusa strisciante che la procura presso il tribunale fosse troppo morbida nelle indagini.

In questo clima si insedia Nanni, che avrà tutti gli occhi puntati addosso e dovrà riuscire a mettere fine alla guerra tra gli uffici. Un compito che vale una carriera, considerato soprattutto che la neo pg è un’outsider rispetto alla scuola dei magistrati milanesi, tanto corporativa quanto facile allo scontro interno.

La scelta del Csm

Per tentare di riportare la calma nel palazzo di giustizia di Milano, il Csm potrebbe aver scelto di puntare proprio su questo: una magistrata di comprovata esperienza organizzativa, ma non organica agli uffici che deve andare a dirigere. Non a caso Nanni è stata eletta a maggioranza con 14 voti superando Fabio Napoleone, ex consigliere del Csm e sostituto pg milanese noto per l’inchiesta Duomo connection e per il caso Telecom. Gli 8 voti a suo favore sarebbero stati quelli della corrente progressista di Area di cui Napoleone ha fatto parte.

La prima difficoltà, tuttavia, sarà quella di avere nel proprio ufficio proprio lo sconfitto Napoleone, che rimarrà nel suo ruolo di sostituto pg. Una vicinanza che all’inizio dell’incarico potrebbe creare qualche imbarazzo a Francesca Nanni.

«Lo ho già vissuto a Cagliari, perché uno dei miei competitor era Giancarlo Moi, che poi è diventato un collaboratore eccezionale. Sono sicura che Napoleone, che so essere un collega molto esperto e capace, vorrà lavorare con me», è stato il suo unico commento, in un’intervista a Repubblica Milano.

Parola d’ordine: lavorare

Riuscire a entrare nella cristalleria che è l’ufficio giudiziario di Milano senza rompere nemmeno un vetro, oppure sapendo esattamente quale toccare, non sarà facile. Il curriculum di Francesca Nanni, però, racconta una cosa in particolare: stare ferma non fa per lei, pazienza se questo comporta scardinare qualche prassi consolidata.

Da procuratrice capo di Cuneo e anche da procuratrice generale a Cagliari, infatti, non si è occupata solo dell’organizzazione e della direzione degli uffici, ma ha continuato anche a svolgere l’attività giurisdizionale. Dopo i primi tempi, a Cagliari nessuno si stupiva più nel vederla trattare in prima persona le udienze e partecipare ai turni di procura, compresi quelli per le urgenze.

Certo, Milano è una sede molto più grande, molto più prestigiosa e anche molto più pericolosa. «Non sarà un inizio facile. Anche per questo prima bisogna conoscere situazioni e dati e capire cosa è stato fatto e cosa si può migliorare in termini di accessi, controlli e misure di precauzione per la pandemia», ha spiegato Nanni.

Tutti parlano di lei come la prima donna a capo della procura generale di Milano, lei parla già – o meglio sempre – da magistrato di esperienza che ha raggiunto un incarico di prestigio, come già a Milano fecero la prima donna presidente del Tribunale, Livia Pomodoro, e la prima donna presidente della Corte d’Appello, Marina Tavassi.

Per della magistratura italiana, infatti, è ancora necessario dover parlare della nomina di Nanni come di un successo femminile: le donne magistrato sono il 54 per cento delle oltre 9700 toghe, ma solo una su quattro ricopre incarichi direttivi e i procuratori generali donne sono il 14 per cento.

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