Il governo Draghi sta gradualmente allentando in tutti i settori le limitazioni dovute alla pandemia. Tutti tranne che la giustizia, dove la gestione dei tribunali è ancora la stessa vigente nei mesi di lockdown e rimarrà tale fino al 31 luglio per effetto di due disposizioni del 4 maggio scorso. Vale a dire che i tribunali rimarranno in assetto emergenziale fino a settembre, visto che agosto è il mese di sospensione feriale.

Durante la pandemia, i servizi nei palazzi di giustizia - dalle udienze alle aperture delle cancellerie – si sono svolti in modo contingentato e regolato, per evitare assembramenti e maggiore diffusione del contagio. Le regole gestionali però non sono state fissate in modo omogeneo direttamente dal ministero della Giustizia, ma l’allora guardasigilli Alfonso Bonafede aveva delegato le scelte ai capi degli uffici giudiziari.

Questa decisione, presa nel marzo 2020, era giustificata dal fatto che ogni territorio aveva le sue peculiarità in termini di diffusione del virus: per esempio i tribunali lombardi erano luoghi certamente più a rischio e dunque necessitavano di norme di sicurezza più stringenti rispetto a quelli di altre regioni.

Col passare dei mesi, tuttavia, l’autonomia decisionale dei singoli tribunali ha fatto sì che l’Italia si trasformasse nel paese dei mille campanili anche nella giustizia. Ogni sede giudiziaria, infatti, continua a regolarsi in modo autonomo nella gestione non solo delle udienze – che stanno tornando ad essere celebrate in presenza – ma soprattutto nell’accesso al pubblico del tribunale e negli orari di cancelleria.Una situazione che si sta facendo sempre più insostenibile in particolare per gli avvocati, che subiscono le conseguenze di una riduzione del servizio e anche i disagi di doversi informare sulla prassi di ogni tribunale in cui si spostano.

Ogni città a modo suo

Dai piccoli ai grandi fori, ogni ufficio giudiziario è una repubblica a sè. «Per poter accedere alle cancellerie bisogna mandare la Pec, ma spesso l’appuntamento arriva a distanza di più giorni», racconta il presidente dell’ordine degli avvocati di Roma, Antonio Galletti, che per primo ha lanciato l’allarme di una giustizia ancora chiusa «mentre il governo riapre le discoteche». Quanto alle udienze, nella Capitale quelle celebrate telematicamente sono state pochissime «perchè non ci sono le infrastrutture necessarie», quindi «si svolgevano solo con trattazione scritta nel civile, in presenza quando si poteva nel penale oppure venivano rinviate». Con l’effetto di accumulare nuovi ritardi sui precedenti mai smaltiti.

Dai grandi tribunali a uno più piccolo, anche a Trento la situazione è simile: «Le udienze sono ancora trattate molto spesso per iscritto, con termini per depositi che le cancellerie fanno fatica a gestire tempestivamente», racconta il presidente del consiglio dell’ordine, Michele Russolo. Per entrare in cancelleria serve la prenotazione e il tempo per ottenerla varia da due giorni a una settimana. Anche gli accessi al tribunale sono contingentati e si può accedere solo con prenotazione o in caso di udienza.

Meglio va invece a Bari. Qui i vertici del tribunale hanno permesso «una certa elasticità per gli accessi agli uffici» e le udienze sono riprese anche in presenza, ha detto il presidente dell’ordine, Giovanni Stefanì. In Puglia ma anche nel resto d’Italia, tuttavia, il problema principale riguarda i giudici di pace: per loro il processo telematico non è ancora attivo e le norme anti-covid limitano il lavoro in presenza, riducendo drasticamente il numero di udienze. «A Napoli esistono dei provvedimenti restrittivi che limitano a dieci fascicoli per giudice di pace le udienze. Questo comporta rinvii d’ufficio a tempi immemorabili, impossibilità di trattare nuove cause e arretrato decuplicato», ha raccontato il presidente Antonio Tafuri. Secondo l’orientamento del presidente del tribunale, però, la situazione non subirà cambiamento almeno fino a settembre e a nulla vale il miglioramento della situazione epidemiologica.

Milano, infine, ha condizioni ancora diverse. A seconda degli uffici, alcune cancellerie stanno tornando alla normalità: nel penale l’accesso è libero mentre alla sezione lavoro è ancora necessario appuntamento. «Con il personale amministrativo il clima è stato di collaborazione. Siamo riusciti a gestire con elasticità la situazione di anormalità e a programmare la normalità futura, che sarà comunque diversa da quella pre-Covid», ha detto il presidente Vinicio Nardo. A differenza soprattutto dei piccoli tribunali, tuttavia, quello di Milano ha praticamente sempre mantenuto libero l’accesso al palazzo di giustizia.

La situazione è diversa da tribunale a tribunale ed è influenzata dal grado di collaborazione tra avvocatura e vertici degli, dalla scopertura di organico delle cancellerie e dalla disponibilità di risorse informatiche. Non solo: la difficoltà più concreta è quella per i singoli capi degli uffici di assumersi in proprio la decisione di imporre al proprio personale di cancelleria un ritorno stabile in ufficio, quando non esiste un obbligo generale di farlo.

Per questo l’ordine di Roma ha chiesto l’intervento della ministra Marta Cartabia perchè «coordini la ripartenza, evitando questo effetto a macchia di leopardo che penalizza prima di tutto i cittadini che chiedono giustizia, soprattutto ora che il paese sta riaprendo». Sentito da Domani, per ora il ministero attende di vedere come prosegue l’emergenza sanitaria. Poi, alla scadenza del 31 luglio, farà le sue valutazioni di modifica e coordinamento di eventuali riaperture dei palazzi di giustizia. Quindi un ritorno alla normalità nell’ambito del lavoro nei tribunali non avverrà di certo prima di settembre. Una tempistica, questa, che stonerebbe però con il fatto che il resto del paese si sta lentamente riadattando alla normalità.

© Riproduzione riservata