C’è una sentenza che mette in imbarazzo l’Italia e che condanna la Germania, ma soprattutto ribadisce un principio regolatore nei conflitti bellici e nelle conseguenze che producono.

Il pronunciamento della corte d’Appello di Roma, sezione civile, ha nuovamente sancito che gli accordi tra gli stati non cancellano il diritto individuale al risarcimento per i torti subiti. Così è partito un ordine di esecuzione per pignorare i beni tedeschi sul suolo italiano, provvedimento esecutivo che ha spinto il governo italiano ad approvare un articolo, inserito in un decreto, per evitare un contenzioso internazionale. La Germania, infatti, ha depositato presso la Corte internazionale di giustizia un reclamo per le richieste di risarcimento che continuano ad arrivare, i casi sono circa 25, nonostante che i giudici della corte avessero stabilito, nel 2012, l’illegittimità di tali istanze. La Germania, in particolare, contesta una sentenza della corte Costituzionale italiana che, nel 2014, ha consentito di presentare reclami individuali di vittime di guerra contro stati sovrani.

L’ultimo caso

L’ultimo caso riguarda Diego Cavallina, difeso dall’avvocato Fabio Anselmo, che ha chiesto il risarcimento per i danni subiti dal padre Gualberto, membro della XIV Brigata Garibaldi “Trieste”, «catturato e deportato in Germania, in data 25/11/1944», si legge nei fascicoli processuali. Cavallina viene prima deportato nel campo di concentramento di Dachau e in seguito in quello di Natzweiler/Comando di Leonberg. L’atto d’accusa ricostruisce quel passato.

«All’interno dei campi di concentramento tedeschi, Gualberto Cavallina fu sottoposto a trattamenti inumani e degradanti, quali la costrizione a svolgere lavori forzati non retribuiti in una fabbrica di produzione di aeroplani di guerra, con turni di lavoro massacranti senza limiti di durata e senza riposo, l’essere lasciato senza cibo e senza vestiti nonostante le rigide temperature in condizioni igieniche e fisiche di assoluto degrado, le continue punizioni corporali da parte dei sorveglianti, il costante terrore per la propria incolumità», si legge nella memoria firmata dall’avvocato Anselmo.

Cavallina fa parte di un gruppo di lavoratori italiani che, dopo aver sabotato la produzione, viene sterminato con la fucilazione. Cavallina si salva dal massacro perché era in infermiera. Al rientro in Italia, finita la guerra, non si è mai più ripreso da quel trauma. «Malato di tifo, non si riprese mai da tale terribile esperienza, fu perseguitato dagli incubi per anni e non superò mai il trauma psico-fisico conseguente alle condizioni di vita ed ai trattamenti inumani subiti in Germania nei lager nazisti», si legge nel fascicolo.

Dopo la sua morte, il figlio muove causa contro la Germania che decide di non costituirsi in giudizio. La famiglia Cavallina si ritrova in tribunale il ministero degli Esteri italiano, che si oppone alla richiesta risarcitoria. La corte d’Appello civile di Roma, nel 2020, condanna la Germania al pagamento di 100mila euro e al versamento delle spese legali, in solido con l’Italia. Dopo la sentenza della corte d’Appello è scattata la procedura esecutiva, volta all'ottenimento della cifra come ristoro per i danni subiti, già avviata dagli eredi di un’altra vittima del regime nazista, Angelantonio Giorgio, difesi dall’avvocato Salvatore Guzzi. Così sono stati pignorati diversi immobili di proprietà tedesca sul suolo italiano.

La Germania ha fatto opposizione all’istanza di esecuzione, ma è stata respinta. La ragione del ricorso era fondata sulla natura pubblicistica, culturale e religiosa dei beni pignorati come l'istituto archeologico germanico, il Goethe institut, l'istituto storico tedesco, la scuola tedesca. L’opposizione era accompagnata da una relazione del nostro ministero degli Esteri.

Per evitare contenziosi

Contro i sigilli ai beni e le continue sentenze sul tema è intervenuto il governo. L’esecutivo Draghi ha inserito, nel decreto sulle misure urgenti di attuazione del Pnrr, un articolo che sospende il pignoramento e istituisce un fondo per le vittime pari a 20 milioni di euro per il 2023 e 11 milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026.

«Un fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich», si legge nel decreto. Ora il ministero dell’Economia deve emanare un decreto per stabilire la procedura di accesso al fondo, le modalità di erogazione degli importi agli aventi diritto e le ulteriori disposizioni per completare le procedure di ristoro.

Un articolo per neutralizzare il terremoto generato dalla sentenza del tribunale, bloccare le pretese risarcitorie e rispettare gli accordi internazionali sottoscritti.

«I pronunciamenti della giustizia italiana stravolgono tutto. La guerra per chi la fa non diventa più economicamente utile, ma svantaggiosa se sono costretti a pagare tutte le vittime. Chi fa la guerra deve capire che può anche accordarsi sulla ricostruzione, ma nessun patto o accordo potrà cancellare la possibilità dei singoli cittadini di rivalersi su chi la guerra l’ha scatenata e sulle sue orrende conseguenze», dice l’avvocato Anselmo.

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