Con la sentenza n. 41 del 2021 la Corte Costituzionale, rispondendo al quesito di legittimità sui giudici ausiliari di corte d’Appello, ha delineato con chiarezza il perimetro entro il quale dovrà muoversi il legislatore nel rivedere l’intero assetto della magistratura onoraria e, per quanto di stretta attualità, di quella in servizio.

La ministra Cartabia ha poi, nell’alveo della corte e delle pronunce sovranazionali richiamate dalle associazioni di Consulta da mesi, illustrato in commissione Giustizia al Senato la linea da seguire.

La riforma Orlando, contro il cui impianto sono scesi in campo quasi 5mila magistrati onorari, è stata bocciata senza appello, esattamente come i piani di riordino della normativa che partano da quell’assetto.

Viene stigmatizzata la scelta di agire indistintamente e senza  la dovuta – autentica - cesura tra presente e futuro, trasformando chi opera da lustri, con continuità e pieno esercizio delle funzioni giurisdizionali, in assistenti apparentemente occasionali, per legittimarne la mortificazione economica e l’assenza di tutele, della magistratura professionale, cestinandone la professionalità e, soprattutto, puntando a disattendere gli arresti della Corte di Giustizia sullo status di lavoratore e magistrato europeo ad essi, invece, riconosciuto.

il silenzio di Bonafede

Abbiamo cercato per mesi, infruttuosamente, un’interlocuzione con il Ministro Bonafede, ricordando, reiteratamente, che i giudicanti e requirenti onorari sono stati investiti di compiti per quantità e qualità sempre più onerosi, arrivando ad amministrare oltre il 50 per cento degli affari civili e penali di primo grado, chiedendo il rispetto delle direttive comunitarie e il rispetto dei valori su cui si fonda la Corte Costituzionale, in primis dell’articolo 1.  

Il silenzio assoluto serbatoci ha portato ad una lunga stagione di mobilitazioni, a un costante dialogo con le Istituzioni europee, rese edotte settimanalmente del trattamento in essere. La condizione, che non si è esitato a definire a più riprese “indecente” di una porzione di operatori del diritto, è divenuta sempre più intollerabile a fronte dell’emergenza pandemica che ha prima paralizzato gli uffici giudiziari, mostrando tutta l’aberrazione del trattamento medioevale riservato alla categoria, privata di tutele e retribuzione, per poi, inevitabilmente irrobustire i carichi di lavoro, con un arretrato che è andato via via crescendo a dismisura.

Nulla è valso a convincere della bontà delle nostre richieste, poi contenute in un ampio e dettagliato dossier inoltrato al presidente Draghi e alla neo Ministra, e della necessità di rispondervi con celerità, finalizzate non solo a evitare l’ennesima procedura di infrazione e il profluvio di azioni giudiziarie, ma anche a salvare il sistema dalla certa paralisi ad agosto 2021.

Con la riduzione dell’apporto di professionisti formati e prorogati senza soluzione di continuità, in una fase che non conosce precedenti dal secondo dopoguerra, lo Stato non farebbe altro che cumulare le violazioni, andando ad incidere irragionevolmente non solo sui diritti di una categoria di lavoratori, ma anche su quelli dei cittadini a una pronta soluzione di giustizia.

Le risposte di Cartabia

Ora la categoria sembra entrare nell’ultima fase di una lunga querelle, una nuova pagina della propria storia, la pagina che attendeva.

Le parole della guardasigilli hanno dato linfa alla categoria che, precedentemente e lungamente ignorata, è arrivata a invocare l’intervento del presidente della Repubblica.

La riforma della magistratura onoraria è un versante che bisognerà fronteggiare e che dovrà essere accompagnato da strumenti che affrontino il problema delle tutele professionali, retributive e pensionistiche dei magistrati onorari che hanno operato e che da tempo sono state portate all’attenzione del parlamento e che formano oggetto di pronunce interne e della Corte di Giustizia dell’Unione: con queste parole la ministra ha fornito le risposte che gli attuali 4888 magistrati onorari in servizio hanno atteso  per tanto, troppo tempo, sottolineando altresì, la necessità di addivenire a soluzione, quanto alla porzione di riforma che riguarda chi è in servizio, in tempi estremamente brevi.

Si coglie immediatamente la portata della rottura con la precedente linea politica obsoleta e prima di agganci al dato di realtà, ancorata a un formalismo lontanissimo dalle aule giudiziarie, teso a mantenere celate  sotto una etichetta “onoraria” incollata su quasi 5mila toghe, tutte le violazioni denunciate alle istituzioni sovranazionali.

Recentemente, dopo la pronuncia del 16 luglio 2020, i primi arresti nazionali avevano iniziato ad incrinare un muro impenetrabile. La Corte di Giustizia ha, infatti, restituito la dignità introvabile in patria, riconoscendo che i magistrati onorari italiani sono lavoratori – non volontari o artigiani del diritto a manager della giustizia – e magistrati europei; il rispetto dello stato di diritto impone a ciascuno stato di garantire l’indipendenza e la serenità ai propri magistrati nell’esercizio della funzione.

Le speranze per il futuro

Più di una volta ci si è chiesti e si è chiesto al legislatore come potesse operare serenamente un magistrato pagato a cottimo, con un gettone di presenza in udienza mai aggiornato, se non in peius, dal 2003, da cui si è arrivati, in un’ottica pervicacemente punitiva e insultante, finanche a dedurre i minuti tra un processo e l’altro, privo di tutela per malattia e maternità, assente qualsivoglia previdenza nonostante lustri dedicati a servire lo Stato, con un impegno quotidiano spesso reso senza compenso, se si considera che tutte le attività estranee alla presenza in udienza sono state rese gratuitamente.

Immediatamente si pensi alla redazione di migliaia di sentenze da parte dei giudicanti di Tribunale che pur contribuendo sostanzialmente alla produttività del corpo magistratuale italiano, sono rimasti fantasmi nelle statistiche ministeriali.

Ora lavoreremo con una nuova e autentica fiducia, certi che dalle parole presto si passerà ai fatti.

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