Conoscendo il ruolo cruciale che la Corte di Cassazione svolge nel garantire l’equilibrio e la coerenza del nostro ordinamento giuridico, è difficile immaginare che il recente documento approvato dall’Assemblea generale – che accenna all’ipotesi di distinguere tra avvocati del merito e avvocati abilitati al patrocinio in Cassazione – possa essere interpretato come una ritorsione nei confronti dell’avvocatura, oggi in gran parte favorevole alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Sarebbe una lettura ingenerosa e lontana dallo spirito di una delle istituzioni centrali della Repubblica.

Essere contrari alla creazione di un albo separato non significa opporsi alla qualificazione. Anzi, il Consiglio Nazionale Forense ha sempre sostenuto l’idea di un accesso meritocratico al patrocinio davanti alla Suprema Corte. Come stabilito dalla legge 247 del 2012 – e come abbiamo ribadito anche nella nostra proposta di riforma della legge professionale – riteniamo che solo gli avvocati che abbiano completato un percorso formativo qualificato e superato un apposito esame debbano poter esercitare in sede di legittimità.

L’accesso al patrocinio in Cassazione è già oggi disciplinato dalla legge: prevede due percorsi, entrambi basati sulla formazione e sul merito. Il primo è il superamento di un esame presso il Ministero della Giustizia; il secondo è la frequentazione della Scuola Superiore dell’Avvocatura, con verifica finale presso il Consiglio Nazionale Forense. È un modello che valorizza la preparazione e che chiediamo venga pienamente attuato, senza ulteriori proroghe basate sull’anzianità che da tredici anni il Parlamento, nonostante il parere contrario dell’avvocatura istituzionale, continua a introdurre, snaturando l’impostazione meritocratica voluta dal legislatore.

Siamo quindi a favore di una qualificazione seria, rigorosa e indipendente dal semplice decorso del tempo. Vogliamo regole chiare ed esigenti, non barriere corporative. La qualità della difesa si tutela con la preparazione, l’esperienza e la competenza giuridica. Separare o segmentare le funzioni difensive rischia di interrompere la continuità del mandato tra i diversi gradi di giudizio. La Cassazione ha bisogno di avvocati all’altezza, non di compartimenti stagni.

*Francesco Greco è presidente del Consiglio nazionale forense

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