Il colloquio con il proprio difensore è segreto. Non può essere ascoltato, spiato, videoregistrato.

È un incontro costituzionalmente presidiato, nel quale, in un'intesa fiduciaria protetta, l' assistito sa di affidare la propria storia umana e processuale a chi è tenuto a difenderlo, a curare i suoi interessi, in una comunicazione sottratta al controllo ed alla vigilanza del potere pubblico.

Ciò vale all’interno di uno studio legale, al telefono e, forse con maggior forza, in carcere, tanto più nei regimi privativi del 41 bis dove il soggetto recluso si trova già in una condizione di oggettiva vulnerabilità determinata dalla reclusione di rigore.

La protezione della segretezza del rapporto difensivo è parte del volto costituzionale della pena e l'avvocato ne è espressione.

È, allora, inaccettabile che il difensore che si rechi in un istituto detentivo dai propri assistiti in 41 bis sia investito con violenza dal sospetto che possa fare del colloquio uno strumento per trasmettere messaggi di contenuto criminale.

Gli agenti del Gom (gruppo operativo mobile, un corpo di guardia speciale assegnato alla custodia dei ristretti in detenzione derogatoria) non consentono  all’avvocato di portare con sé i propri appunti, i propri oggetti personali, le penne, se non sono trasparenti, perché potrebbero occultare "pizzini", controllano gli orologi che potrebbero nascondere strumenti di video ripresa o di registrazione.

Il principio di segretezza

Ciò perfino quando, come in tempo di covid-19, il vetro divisore che separa il detenuto dal suo interlocutore, in un locale stretto e asfittico, rimane chiuso.

E nel cubo di ferro dove si svolgono i colloqui, anche quando la persona ristretta è protetta dal vetro antiproiettile a tutta altezza, viene chiusa a chiave anche la porta alle spalle del difensore. Quando vorrà uscire dovrà bussare e attendere l’arrivo degli agenti. Piccole e grandi vessazioni che cambiano a seconda del carcere, a seconda dell’agente.

Non sono conoscibili, non le trovi scritte in un regolamento consultabile e non sono registrate. Quando si consumano, a danno della dignità dell’avvocato, del rispetto del suo ruolo, della sua funzione  e della sua persona, di esse non c’è traccia.

Nessuno redige un verbale dove vengono annotati gli oggetti che il difensore è costretto a lasciare in deposito se vuole accedere, dopo aver affrontato lunghi viaggi e inspiegabili attese, al colloquio con il proprio assistito.

Nell' incontro del ristretto con il suo avvocato non possano essere attivati i mezzi di protezione ordinariamente previsti dall' articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario per impedire il passaggio di oggetti perché è indebito investire il difensore del sospetto. Lede la sacralità del diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione.

La Corte di Cassazione ha anche specificato, per le stesse ragioni, che il detenuto dopo avere incontrato senza la separazione del vetro, come avviene normalmente, il proprio difensore non possa essere soggetto a perquisizioni personali.

Del resto sarebbe anche del tutto illogico immaginare di impedire la trasmissione di messaggi chissà come occultati quando la comunicazione tra l'avvocato e il suo difeso è per legge segreta.

Si deve dedurre che non lo sia? Che indebitamente le conversazioni siano ascoltate? Registrate? O si cerca di intimidire con ottuse restrizioni gli avvocati difensori per indurli a lasciare nell'isolamento e nell'abbandono della loro condizione i detenuti del 41 bis?

La visione distorta

Forse è soltanto il consueto dominio di una distorta visione simbiotica tra l’avvocato e il suo assistito. Quella che induce l'ignoranza populista al linciaggio di chi assuma la difesa di persone attinte da gravissime accuse relative a reati di particolare allarme sociale o a condotte estremamente riprovevoli.

Una macchina del fango mai paga, veleni mai sopiti e la criminalizzazione delle battaglie di Diritto scomode. Un facile approdo per chi non vuole farsene carico. Sono battaglie di civiltà che richiedono un altissimo senso di rispetto per le Istituzioni, abnegazione, rigore morale, coraggio.

I diritti inalienabili appartengono a qualunque uomo nella stessa misura e c'è una linea dell'invalicabile che non può essere mai oltrepassata, pena la confusione tra lo Stato e il criminale.

Solo la comprensione autentica di questa premessa consente di eliminare quell'alone fuligginoso che viene impresso addosso a chi tutela i diritti delle persone che hanno commesso reati, a chi indossa con orgoglio la sua toga quale vessillo alto di libertà.

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