Il nuovo governo Draghi ha giurato appena ieri, ma la prima settimana si annuncia già una prova del fuoco, soprattutto per la neoministra della Giustizia, Marta Cartabia. Il primo problema sulla scrivania di via Arenula è annoso e porta il nome dell’ormai ex Guardasigilli: la prescrizione prevista dalla legge Bonafede, norma bandiera per il Movimento 5 Stelle, accettata di malavoglia dal Partito democratico e avversata apertamente da Italia viva nel passato governo. Proprio la prescrizione era stata anche al centro del tentativo poi fallito di salvare l’esecutivo uscente, con il cosiddetto lodo Orlando: la mediazione rifiutata da Iv prevedeva di accelerare il lavoro di riforme per ridurre i tempi dei processi, con l’impegno a rivedere poi la riforma della prescrizione entro sei mesi.

Da qui deve riprendere il filo Cartabia. Intorno, infatti, a lei sono schierate forze politiche con visioni diametralmente opposte sul tema che, mentre Draghi concludeva le sue consultazioni, hanno approntato la trappola parlamentare per mettere la legge Bonafede su un binario morto.

Gli schieramenti

Lega, Forza Italia, Italia Viva e Azione, infatti, hanno presentato emendamenti al decreto Milleproroghe (che dovrà essere convertito entro il 1 marzo con il passaggio in entrambe le camere) per cancellare lo stop alla prescrizione approfittando del momento di confusione politica. Fino ad ora nessuna mediazione ne ha ottenuto il ritiro e il rischio è di un primo scontro tra forze ora alleate in commissione Affari costituzionali alla Camera, che la settimana prossima sarà chiamata a votare proprio su questi emendamenti.

Difficile disegnare con certezza gli schieramenti, ma si sa con certezza che Lega, Forza Italia, Italia Viva, Più Europa e Azione (e anche Fratelli d’Italia, anche se non è parte del nuovo governo) sono contro la legge che ferma il decorso della prescrizione dalla conclusione del primo grado di giudizio entrata in vigore un anno fa. A favore, ovviamente, c’è il Movimento cinque stelle che è stato ispiratore della norma. Più complicata, invece, la posizione del Pd e di Leu: entrambi i partiti del centrosinistra hanno dovuto accettare la legge Bonafede in virtù del passato accordo di governo, ne hanno provato a limitare gli effetti con una complicata mediazione non ancora approvata ma che prevede di scindere la situazione giuridica dei condannati in primo grado da quella degli assolti, in modo che per questi ultimi la prescrizione decorra. L’ottica scelta dai dem per giustificare il sostegno all’ex Guardasigilli era stata quella di ribaltare il ragionamento: con processi più brevi ed efficienti, semplicemente l’istituto della prescrizione non servirebbe, perchè i processi si concluderebbero ben prima del termine di prescrizione. 

Oggi, però, la responsabilità di trovare un nuovo punto di equilibrio sul tema spetta alla ministra Cartabia. Probabilmente, visti i tempi strettissimi per l’esame del Milleproroghe e la maggioranza pur risicata in commissione da parte dell’ex maggioranza giallorossa, i tentativi di affossare la legge sulla prescrizione non saranno vincenti. Altra ipotesi in campo è quella di un intervento della Corte costituzionale, che spazzi via incidentalmente gli aspetti più controversi dela riforma Bonafede. La Consulta, infatti, è già stata investita di ricorsi per vagliare la costituzionalità della legge e non è da escludere che una futura sentenza possa rimettere le cose a posto in via interpretativa.

Tuttavia il fronte rimane aperto ed ha un peso politico determinante, anche perchè strettamente connesso alla riforma del sistema penale. 

Al vaglio delle commissioni parlamentari, infatti, già c’è il ddl penale, che contiene anche un emendamento sulla prescrizione: la riforma prevede una serie di modifiche nel rito che dovrebbero velocizzare i processi penali, rendendone possibile la conclusione entro sei anni. Obiettivo alto e quasi impossibile da raggiungere, soprattutto a fronte della mole di arretrato che grava sulle corti, anche a causa dello stop ai processi imposto nei mesi di pandemia. Eppure, proprio perchè l’Unione europea ha condizionato i fondi del Next generation Eu proprio alla velocizzazione della giustizia, la nuova guida di via Arenula dovrà immediatmanete mettersi al lavoro proprio per migliorare e approvare nel più breve tempo possibile questa riforma, cui si somma anche quella del civile attualmente all’esame del Senato.

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