L’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021 si è svolta sottotono. A causa del Covid-19 non c’è stato il corteo delle alte cariche dello stato e della magistratura e la cerimonia è stata contingentata in un’ora e mezza con 50 ospiti in sala, contro i quasi 350 delle precedenti annate. A causa della crisi di governo, invece, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si è presentato con una relazione scevra da ogni valutazione politica e prospettiva per l’anno che verrà.

A incombere sulla sala, tuttavia, c’era anche la questione che sta facendo il giro delle chat dei magistrati italiani: il libro-intervista Il Sistema scritto da Alessandro Sallusti con Luca Palamara. A due anni dalla crisi che ha mandato in tilt le toghe, il tema del correntismo e del mercato delle nomine è tutt’altro che archiviato e anzi è tornato attuale dopo le nuove dichiarazioni di Palamara, espulso dall’ordine giudiziario e imputato per corruzione a Perugia.

Nel libro, infatti, l’ex capo dell’Anm chiama in causa due delle più alte cariche della magistratura, entrambe presenti all’inaugurazione. Palamara sostiene di aver orchestrato insieme ai vertici renziani del Pd di allora la nomina di David Ermini a vicepresidente del Csm durante una cena non dissimile da quella organizzata all’hotel Champagne per scegliere il procuratore capo di Roma. Inoltre afferma che l’attuale procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, lo avrebbe invitato su «una splendida terrazza di un lussuoso albergo romano» per chiedergli sostegno. Sostegno che Palamara non gli ha dato, preferendogli Raffaele Fuzio, che poi si è dimesso nel 2019 proprio in seguito allo scandalo delle nomine. «E non era la prima volta che Salvi, che quel posto successivamente lo ha raggiunto, mi incrociava», ha scritto Palamara, sostenendo di aver preso parte negli anni precedenti anche al tavolo spartitorio che ha portato Salvi alla procura generale di Roma.

Gli interventi di Salvi ed Ermini

Il libro di Palamara è già oggetto di querele e smentite, che però per ora non hanno riguardato i capitoli su Salvi ed Ermini. Ma negli interventi di entrambi, ieri, si è letta in controluce una indiretta risposta agli attacchi. Ermini ha ricordato che serve «una vera e propria rifondazione morale che coinvolga tutta la magistratura» e che le nomine «siano precedute dalla sola, scrupolosa valutazione delle necessarie competenze tecniche, senza cedere alla tentazione di accordi preventivi volti alla ripartizione dei posti. È ciò che il Consiglio ha iniziato a praticare e intende praticare».

Salvi ha invece sottolineato l’efficacia delle linee guida emanate dal suo ufficio e utilizzate per l’esame dei casi emersi dalle indagini di Perugia: «Esse hanno distinto i casi di effettiva rilevanza disciplinare, perché in violazione del precetto tipico, dalle condotte che, pur in contrasto con precetti etici o deontologici, rientravano nell’attribuzione del Csm o dell’Anm, da quelle che non hanno alcuna valenza negativa», ricordando che hanno portato «all’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti di ventisette magistrati, per 17 dei quali è già stato chiesto il giudizio, che si svolge dinanzi alla Sezione disciplinare del Csm». Linee guida che “assolvono” il magistrato che decida di autopromuoversi, se ciò viene fatto «anche se in modo petulante, ma senza la denigrazione dei concorrenti o la prospettazione di vantaggi elettorali, non può essere considerata in violazione di precetti disciplinari». Eppure proprio la posizione di Salvi ha sollevato nei giorni scorsi la reazione della magistratura associata: una trentina di magistrati guidati da Articolo 101, gruppo di opposizione all’attuale giunta Anm, hanno chiesto al procuratore generale (e al togato di Area, Giuseppe Cascini, anche lui tirato in ballo da Palamara) di chiarire la sua posizione.  Anche Magistratura indipendente ha chiesto «un rapidissimo accertamento della veridicità dei fatti narrati ed una loro rigorosa valutazione».

L’intervento di Curzio

Il primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio, ha parlato della giustizia al tempo della pandemia, chiedendo una riforma: «L'amministrazione della giustizia è stata, come ogni settore della vita della nostra comunità, segnata dalla pandemia. Ciò ha comportato il sostanziale blocco dell'attività giudiziaria per un certo periodo, una faticosa e difficile ripresa per la restante parte dell'anno e oggi ci pone dinanzi alla necessità di ripensare profondamente il sistema. Di partecipare alla costruzione di un qualcosa che ancora non c'è». Inoltre ha ricordato che «Su tutti questi punti (digitalizzazione, semplificazione, nuove risorse umane e strumentali, ufficio del processo) vi sono impegni precisi nel “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr). Ci auguriamo che il 2021 sia l’anno della “svolta italiana” all’interno di una svolta europea, che il piano prospetta, e che il progetto si trasformi in un processo operativo articolato ed efficace». Ha anche parlato dell'arretrato, sottolineando che, ogni anno, arrivano in Cassazione più di 30mila ricorsi civili e 50mila ricorsi penali, «un dato quantitativo unico nell'esperienza giuridica internazionale».

Infine, ha toccato anche il tema della crisi della magistratura e del Csm: «Gli ultimi anni sono stati difficili per il Csm e per l’associazionismo giudiziario. La magistratura italiana ha le risorse per superare questo periodo travagliato, anche se non è facile. Bisogna avere l’umiltà di ascoltare ciò che ci hanno insegnato i migliori tra noi.

Rosario Livatino lasciò scritto nel suo diario di uomo di fede 'non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma credibili'. Forse il segreto è semplicemente, per ogni scelta che operiamo, di chiederci quanto siamo credibili».

 

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