Altro che maxiprocesso. L’infinito caso Montante “spiega” la malagiustizia

Per vedere con i suoi occhi come non funziona la giustizia in Italia il ministro Carlo Nordio dovrebbe scendere anche un solo giorno in Sicilia. E passare una mattinata nell’aula del Tribunale di Caltanissetta dove, una volta la settimana (ma un paio di anni fa era una volta al mese), c’è udienza per un processo molto speciale che si appresta a battere ogni record di durata e di resistenza. Montante colpevole, ma i giudici salvano il suo sistema Un processo che non è lungo e non è lunghissimo ma semplicemente infinito. Proprio nel senso letterale: non sembra finire mai. È il processo Montante, dibattimento che prende il nome dal suo capofila, Calogero Antonio Montante detto Antonello, il vicepresidente di Confindustria che dalle promiscuità mafiose è transitato con disinvoltura a quelle antimafiose spiando e corrompendo qua e là. Ecco, il ministro Carlo Nordio – che a suo dire vuole la libertà della magistratura e una macchina giudiziaria che funzioni al meglio – dovrebbe ricostruire la vicenda e poi spiegarci come la sua riforma potrebbe incidere positivamente su quel processo ormai sospeso nel nulla, iniziato nel novembre del 2018 e sprofondato in una misteriosissima palude. Continuando di questo passo, se tutto andrà, bene il processo Montante si chiuderà forse fra due anni, nel 2027. Una campagna referendaria che delegittima i giudici vizia il voto Le prescrizioni eccellenti Falcidiato dalle prescrizioni (beneficiati fra gli altri l’ex capo dei servizi segreti civili Arturo Esposito, l’ex direttore della Dia Arturo De Felice, il governatore della Sicilia Renato Schifani, tutti accusati di associazione a delinquere semplice e di far parte di una catena di talpe a caccia di notizie segrete intorno alle indagini su Montante), nel prossimo gennaio saranno ascoltati gli ultimi due testi dell’accusa e poi sfileranno i numerosissimi i testi della difesa. Chissà per quanto altro tempo il processo Montante terrà, silenziosamente e stancamente, banco in un tribunale popolato in passato da inquilini in toga un po’ troppo ossequiosi nei confronti di un imprenditore che qualche pentito ha poi descritto come “nel cuore” di un capo di Cosa Nostra. Fra le tante bizzarrie di questo processo, ce n’è stata una che ha rallentato e non di poco la sua tabella di marcia: il teste chiave dell’accusa Alfonso Cicero, nonostante fosse stato già esaminato e controesaminato per sei volte prima della riunificazione dei due iniziali procedimenti Montante, è stato ascoltato per altre 16 udienze consecutive per rispondere alle domande degli avvocati, 11 delle quali riservate esclusivamente al legale del principale imputato. Sei udienze più altre undici, praticamente quanto dovrebbe durare un intero processo. Una riforma della giustizia da regime con pm soldati della nazione I confini superati Così è andata e così il dibattimento “Montante +29”, che qualcuno a Caltanissetta chiama maxi processo, ha già scavalcato e di gran lunga il vero maxi processo, quello di Palermo istruito nel 1985 con il vecchio codice dal giudice Giovanni Falcone, 475 imputati, inizio febbraio 1986 e fine dicembre 1987. Ventidue mesi. Dopo ventidue mesi il processo Montante era ancora un’ombra. Anche i dibattimenti contemporanei sono stati abbondantemente superati nei tempi, i dati ufficiali della giustizia parlano di una media in Italia di 355 giorni per un processo penale in primo grado, di 750 in appello, di 132 in Cassazione. Il processo Montante, con i suoi quasi 2.500 giorni solo del primo grado, ha scavalcato ogni limite immaginabile e inimmaginabile. Le cause? Tutte e nessuna. I responsabili? Tutti e nessuno. Il processo Montante è stato pubblicamente ammazzato senza che qualcuno in quel tribunale abbia mosso un solo dito per provare a salvarlo. Al di là della condanna inflitta al principale imputato, il Cavaliere Calogero Montante, i fatti raccontano che la giustizia non è stata capace di fare giustizia. E non sarà certo la tanto agognata riforma a cancellare storture e vergogne che producono effetti come quelli che abbiamo visto al processo Montante. Ministro Nordio, faccia un salto a Caltanissetta. Magari si accorgerà che i problemi della giustizia e della magistratura sono altri.