Per i giudici, in nessun caso una IA può possedere l'esperienza, la percezione dell'ambiente o i sentimenti di un essere umano che si traducono in un'opera originale o individuale
Per la prima volta una Corte Suprema si pronuncia in tema di opera generata dalla intelligenza artificiale, interrogandosi sulla possibilità di applicarne la disciplina giuridica sul copyright in favore dell’utente.
La risposta è di segno negativo: l’opera generata da IA, nel caso de quo di un Avatar, non può godere della normativa sul diritto d’autore favorevole all’utilizzatore che pone il prompt.
Questi i fatti. Usando un’intelligenza artificiale generativa, Gerald ha creato un Avatar a sua somiglianza; l’Avatar tridimensionale veniva prodotto dalla IA usando immagini, istruzioni e foto “date in pasto” da Gerald.
Successivamente, Gerald ha presentato un’istanza all'Istituto Nazionale Messicano per il Diritto d'Autore (Indautor) per registrare un'opera digitale intitolata "Avatar Virtuale: Gerald García Báez", ma l’Istituto l’ha rigettata. Gerald allora ha impugnato la risposta negativa di Indautor presso gli organi giudiziari, che hanno confermato la tesi di Indautor. Così Gerald ha ricorso alla Suprema Corte della Nazione.
Per la Corte Suprema messicana (amparo directo 6/2025), il rigetto della domanda di Gerald, volta ad ottenere la registrazione della sua opera presso Indautor, era legittimo, in quanto il diritto d’autore è legato alla capacità di creazione consapevole, all'espressione di idee ed emozioni e a una visione del mondo unica; le opere da proteggere con la normativa sul diritto d’autore devono essere originali, ovvero il risultato di un'attività intellettuale umana che rifletta la personalità dell'autore; ciò non avverrebbe quando l’opera viene realizzata con IA.
la decisione
In nessun caso una IA può possedere l'esperienza, la percezione dell'ambiente o i sentimenti di un essere umano che si traducono in un'opera originale o individuale; l'intelligenza artificiale non è nemmeno consapevole del lavoro svolto.
Trattasi di una sentenza, di certo, destinata a far riflettere e che presta il fianco ad alcune critiche.
E’ vero che il diritto d’autore si occupa di opere che siano espressione di un’attività umana, che ne esprime la sua personalità; tuttavia, è del pari vero che nel momento in cui si formula un prompt (domanda diretta alla IA, oppure comando) chiedendo la creazione di un avatar con determinate caratteristiche ed addirittura allegando foto personali, allora si esprime la propria personalità; pertanto, il risultato che si ottiene dovrebbe, in ogni caso, essere protetto dalla normativa sul diritto d’autore.
Certo la IA non è consapevole del lavoro svolto, ma colui che pone la domanda o il comando sì; pertanto, rilevare che la IA non ha consapevolezza non incide significativamente ai fini dell'applicabilità della disciplina giuridica de qua.
La IA è strumento e, pertanto, non è certo a questa che va parametrato il diritto d’autore, ma all’utilizzatore: costui mediante lo strumento della IA crea qualcosa di originale, che meriterebbe tutela.
Al più, se non si vuole considerare “opera” l’output finale (nel caso de quo, trattasi di un avatar), ai sensi della normativa sul diritto d’autore, almeno questa dovrebbe coprire il prompt.
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