In un tempo in cui le istituzioni sono percepite come lontane e ostili dai cittadini e dalla società, l’unico rimedio appare quello di una maggiore apertura verso la comunità. 

In particolare, per quanto riguarda la magistratura, la quale negli ultimi tempi ha subito una seria perdita di fiducia per gli  scandali che hanno coinvolto alcuni dei suoi esponenti, si avverte un senso diffuso di insofferenza verso il ruolo svolto.
Nello sforzo di comprendere il punto di vista di chi guarda dall’esterno e che, come di solito accade, non coincide con quello di chi partecipa alla giurisdizione quotidianamente, la reazione non deve essere quella di chiudersi nel corporativismo, ma quella di attuare uno sforzo nello spiegare che decisioni e sentenze che a volte appaiono sommarie o incomprensibili sono invece sorrette da motivazioni riconducibili alla legge e allo Stato di diritto.

Riaffermare il ruolo di servizio ai cittadini, nell’ambito del disegno costituzionale, è il compito che oggi deve essere affrontato dalle migliaia di magistrati che svolgono il proprio lavoro non riconoscendosi affatto nell’immagine di una magistratura che intende subentrare o supplire agli altri poteri dello Stato e che, al contempo, non intende neanche essere esautorata dalle proprie prerogative di autonomia ed indipendenza, prima garanzia per ogni cittadino che accede (e talvolta subisce) al servizio giustizia. 

Ed è in quest’ottica che il gruppo di Unità per la Costituzione ha inteso rilanciare il progetto culturale del centro studi “Nino Abbate” con l’ideazione di una nuova rivista telematica che vuole essere non solo strumento di lavoro, ma anche luogo di scambio di idee con gli altri operatori del diritto e finestra aperta all’esterno sul non semplice mestiere di prendere decisioni che incidono sulla vita delle persone. 

diritto, giustizia e costituzione

Nell’idea di una giurisdizione scevra da ogni preconcetta ideologia e con un ruolo di terzietà, la rivista “Diritto, Giustizia e Costituzione” vuole essere uno strumento moderno e fruibile. 

Il nome è stato scelto in omaggio alla storica rivista del gruppo che vede tra i suoi fondatori Adolfo Beria di Argentine il quale già nel 1983 annotava che «Quando la  giustizia perde la sua autorità e la sua credibilità di soggetto al di sopra delle parti (e può perderle per deficienze strutturali o disciplinari) finisce per restare  alla mercede della furbizia o del potere sociale di forze esterne all’istituzione giudiziaria».

Queste parole sono oggi più attuali che mai, in un momento di crisi, derivante  non solo alla perdita di credibilità, ma anche alla necessità di contribuire alla ripartenza del paese dopo la pandemia,  e di riforme conseguenti. 

Riforme che sono senz’altro necessarie, ma che possono essere condivise solo se consapevoli della necessità di tutelare autonomia ed indipendenza, sostanzialmente intese, del potere giudiziario, in quanto prima ed estrema garanzia per ogni cittadino che accede al servizio giustizia. 

Ogni scelta riformista effettuata in senso contrario rischia, infatti, di essere un’ulteriore momento di delegittimazione per le istituzioni del paese, proprio in un momento nel quale come non mai la democrazia e l’interesse collettivo  richiedono di essere tutelati ogni giorno da derive individualiste e interessi particolari.

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