Fedele a una sorta di mandato morale che aveva assunto da presidente della corte Costituzionale nei confronti dei detenuti, la neo ministra della Giustizia, Marta Cartabia, si è recata in visita ai vertici del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. La visita ufficiale della guardasigilli è stata l’occasione per fare il punto sulla situazione delle carceri italiane, in particolare rispetto ai contagi da Covid.

Al momento dell’incontro con i vertici, il direttore Dino Petralia, il vice Roberto Tartaglia, Cartabia ha chiesto un minuto di silenzio proprio per gli agenti della polizia penitenziaria morti a causa del virus nel carcere di Carinola, in Campania: tre nel giro di pochi giorni, Giuseppe Matano, Angelo De Pari, Antonio Maiello. Inoltre, il confronto non ha trascurato il ricordo delle rivolte nelle prigioni italiane, scoppiate esattamente un anno fa quando la paura per l’espandersi dei contagi ha invaso anche le carceri, con un bilancio di 13 morti tra i detenuti, ancora in attesa di un chiarimento sulle cause.

L’occasione dell’incontro è stata utile alla ministra per rilanciare il tema dei vaccini per la popolazione carceraria e per le forze dell’ordine che se ne occupano, passata sotto silenzio nell’ultima fase. «Oggi è urgente che la somministrazione delle vaccinazioni, iniziata in alcune realtà carcerarie già da alcune settimane, prosegua velocemente», ha detto Cartabia, dando notizia del fatto che i vaccini contro il Covid hanno iniziato ad essere somministrati al personale penitenziario da alcune settimane e ai detenuti da qualche giorno, partendo dalle strutture carcerarie catanesi, dell’Aquila e del Friuli. Proprio su questo la ministra ha fatto sapere che si spenderà in prima persona: «Il ministero segue con attenzione l’andamento delle vaccinazioni», ma soprattutto Cartabia ha annunciato che i dati delle vaccinazioni saranno rese pubbliche online dal minsitero.

L’epidemia in carcere

«Il primo bisogno di chi lavora e vive in carcere oggi è proteggersi contro il virus, che porta malattia nel corpo e genera tensioni, ansie e preoccupazioni nello spirito», ha detto la ministra. Il riferimento evidente è a una situazione di sovraffollamento delle strutture denunciata ormai da tempo dal Garante delle persone private della libertà, Mauro Palma.

Secondo i dati pubblicati dal ministero il 23 febbraio scorso, i detenuti presenti nelle carceri sono 52.522, quando la capienza massima stimata delle strutture è di 50.562 posti, diminuita ulteriormente dalla necessità di predisporre aree singole per i detenuti positivi al virus.

Dei detenuti attualmente presenti, i positivi sono 431, di cui 18 sintomatici e 24 ricoverati in strutture ospedaliere. Il numero dei malati invece è più alto tra i personale della penitenziaria: su quasi 37 mila agenti, i positivi sono 557.

La situazione di emergenza varia da struttura a struttura, ma in questo momento la situazione più difficile riguarda la Campania: i tre agenti della penitenziaria morti a pochi giorni di distanza uno dall’altro prestavano servizio nel carcere vicino a Caserta, dove un’altra trentina di poliziotti è positiva insieme a una decina di detenuti.

Il pericolo maggiore, infatti, sia per il personale di servizio che per i carcerati, è quello della nascita di nuovi focolai del virus, considerati tali quando si supera la doppia cifra di positivi nella struttura. L’incidenza del virus, oltre a impattare sulla salute dei reclusi, ne condiziona anche la qualità della vita già precaria: le attività formative e ricreative devono necessariamente subire una limitazione.

Le misure detentive

Il problema principale con cui la ministra Cartabia dovrà fare i conti è il sovraffollamento, che impatta sia sulla qualità della vita dei detenuti che sulla possibilità di applicare i presidi sanitari come il distanziamento contro la diffusione del Covid. Il Garante dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello ha messo per iscritto le condizioni attuali nelle carceri della sua regione: «Pesano i problemi di sovraffollamento, la mancanza di cure adeguate, l’approccio carcero-centrico del legislatore e dell’apparato giudiziario».

I detenuti, infatti, subiscono doppiamente i condizionamenti dovuti alle norme emergenziali: il blocco degli spostamenti tra regioni rende più difficili i colloqui con la famiglia e per questo le strutture detentive hanno cercato di agevolare il più possibile i colloqui telefonici e via Skype e i garanti hanno sollecitato i giudici di sorveglianza perchè concedano più autorizzazioni alle misure alternative alla detenzione carceraria.

Problemi, questi, tutti noti a Cartabia, che già durante i suoi anni alla Consulta ha dedicato particolare attenzione alla situazione carceraria e che oggi proprio su questo tema è chiamata a impegnarsi. «I problemi e le difficoltà sono moltissime», ha detto ai vertici del Dap, ma si è impegnata a «risolverle tutte» e «ogni vostra esigenza non sfuggirà all'attenzione».

Un impegno chiaro, che sembra già contraddistinguere il mandato della nuova guardasigilli.

 

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