Nuova fumata nera per la nomina dei consiglieri laici nei Consigli di presidenza di Corte dei conti, Consiglio di Stato e giustizia tributaria.

Come già successo anche per la nomina dei laici al Csm, Fratelli d’Italia non intende scendere a patti con le opposizioni nella ripartizione dei 12 posti. FdI è deciso tenerne 9 per la maggioranza e lasciarne solo 3 in tutto alle opposizioni.

La levata di scudi si è alzata soprattutto dal Pd, che con la capogruppo alla Camera, Deborah Serracchiani, ha accusato il maggior partito di maggioranza di «non farsi carico di alcuna trattativa con le minoranze. Se non votiamo i giudici non è per un problema delle opposizioni ma della maggioranza che si rifiuta di fare considerazioni con noi, c'è una maggioranza onnivora».

Risultato: trattativa è saltata e il voto è stato rinviato per la seconda volta, dopo un primo tentativo il 1 marzo e un secondo l’8 marzo. Ora tutto slitta al 23 marzo.

Chi sono

I Consigli di presidenza dei cosiddetti giudici speciali – Corte dei conti, Consiglio di Stato e giustizia tributaria – sono l’equivalente del Consiglio superiore della magistratura per i magistrati ordinari.

Nei tre Consigli di presidenza, che si occupano delle nomine e del disciplinare, siedono componenti togati eletti dai colleghi (le elezioni si sono svolte nel maggio scorso) e quattro membri laici, di cui due eletti dal Senato e due dalla Camera. Di qui il totale di 12 nomine da votare nelle due camere.

Il nodo politico

Nello scontro frontale tra FdI e il Pd il problema sono i numeri.

Il capogruppo meloniano, Tommaso Foti, ha detto pubblicamente che «all'opposizione si offriva un posto per la giustizia amministrativa e uno per la tributaria» più un altro. Tre posti in tutto, da dividersi tra i tre partiti di opposizione: Pd, Terzo polo e Movimento 5 stelle, per tenerne 9 alla maggioranza di centrodestra.

«Il nodo è politico», ha detto Serracchiani contestando il metodo.

Secondo le opposizioni, infatti, sarebbe stato necessario sedersi a un tavolo di trattativa per dividersi equamente i posti, vista anche la delicatezza delle nomine e il fatto che riguardino consiglieri togati dentro le corti superiori e non ruoli politici.

Storicamente, il rapporto numerico era stato 8 a 4 o 7 a 5 tra maggioranza e opposizione, ma mai così sbilanciato per la maggioranza. Del resto - è il ragionamento dentro il Pd - i quozienti dei gruppi direbbero che, su 12 posti, 3 sono di FdI, 2 del Pd, 2 della Lega e 1 a tutti gli altri partiti.

Fonti interne ai gruppi parlamentari parlano di malcontento anche nella Lega e Forza Italia, indispettite per l’approccio nella gestione di FdI. La questione, tuttavia, riguarderebbe proprio la necessità di FdI i trovare collocamento a più persone vicine al partito, di qui l’esigenza di guadagnare posti a scapito delle opposizioni per non penalizzare gli alleati.

Le conseguenze pratiche

Del resto, si tratta di posti nascosti nei gangli delle istituzioni ma molto ambiti, anche perchè ben remunerati.

Attualmente, i Consigli di presidenza uscenti agiscono in un regime di prorogatio di fatto, nonostante i nuovi togati siano già stati eletti e aspettino di subentrare da più di nove mesi. Senza la nomina dei laici, infatti, il nuovo consiglio non può insediarsi.

Teoricamente i nuovi laici dovevano essere eletti a settembre ma, come è successo anche per la nomina di quelli del Csm, tutto è slittato a dopo le elezioni politiche per permettere al nuovo parlamento di votarli.

Se per il Csm - organo più in vista dei suoi omologhi delle magistrature speciali – la moral suasion del Quirinale per velocizzare le nomine ha funzionato, così non è stato per i Consigli di presidenza. 

Questo ulteriore allungamento dei tempi di nomina, però, provoca una conseguenza concreta, in particolare per quanto riguarda la Corte dei Conti. 

Da gennaio a maggio, infatti, sono in scadenza molti incarichi direttivi nelle sedi territoriali, che andranno riempiti. Quindi, se i nuovi laici non verranno nominati a breve, queste nomine verranno decise dal Consiglio uscente e in prorogatio.

Una conseguenza inevitabile quanto improvvida, soprattutto perchè provocata dallo stallo parlamentare, che sarebbe in aperta contraddizione con gli auspici del Quirinale di rimettere celermente in funzione gli organi direttivi di tutte le magistrature.

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