Con un importante intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio nazionale forense, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha esposto, con apprezzabile chiarezza, il manifesto del sovranismo giudiziario dei conservatori italiani guidati da Giorgia Meloni.

Cerchiamo di dare, nel poco spazio, adeguata sintesi di un pensiero complesso e articolato, comunque nitido nelle sue finalità del tutto simili a quelle perseguite dai vari sovranismi: da Donald Trump a Viktor Orbán a Marine Le Pen la cui condanna richiama espressamente come esempio negativo degli ostacoli frapposti all’azione politica dei neo-conservatori.

Giudici «usurpatori»

In sostanza, la sovranità popolare che si esprime nelle scelte parlamentari (ma sarebbe meglio dire nei leader in cui il popolo si identifica) è messa a rischio da ciò che definisce la «strada giudiziaria per l’aggiramento della volontà popolare».

Essa realizza l’usurpazione da parte dei giudici della funzione di legislatore tramite «la creazione delle norme per via giurisprudenziale»; di quella esecutiva con «la sostituzione delle scelte del giudice a quelle del governo» e di quella elettorale con «la selezione per sentenza di chi deve governare».

Sullo sfondo egli indica il vero avversario: l’Ue che tramite il proprio ordinamento e i propri organismi «è teatro della progressiva erosione degli spazi regolativi del legislatore nazionale».

Come esempio di tali disfunzioni egli cita l’annullamento dei provvedimenti di internamento dei migranti nei campi albanesi (vera ferita pulsante del melonismo giudiziario di cui egli è l’indiscusso teoreta) ma soprattutto la condanna di Marine Le Pen.

Reazionipericolose

La condanna di Le Pen

Sotto apparente prudenza Mantovano, magistrato in aspettativa, esprime la dottrina dell’autoritarismo politico simil-trumpiano secondo cui ciò che il governo (o il sovrano ) promuove nell’interesse del paese, in virtù della legittimazione popolare, non può essere ostacolato dai giudici.

Egli invoca «un bilanciamento» tra la garanzia del rispetto della sovranità popolare e della onorabilità dei candidati ma, in realtà, auspica ciò che Trump ha realizzato negli Stati Uniti grazie al controllo sulla Corte suprema federale che gli ha garantito la totale immunità anche per i crimini non legati alla sua funzione istituzionale come l’appoggio all’assalto a Capitol Hill.

Dimentica tuttavia di dire che la condanna di Le Pen non è sproporzionata: il reato contestato in Francia a Le Pen in Italia è definito alla voce peculato ed è punito con pena da 4 a 10 anni. Le Pen ha avuto il minimo e quanto alla fondatezza dell’accusa, come già scritto qui, è incontestabile. Per ciò che riguarda la misura interdittiva, prevista da una legge populista voluta da Le Pen, essa è stata applicata per altri politici come Alain Juppé, che ha rinunciato a candidarsi, e l’ex ministro di François Hollande, Jérôme Cahuzac.

Del resto egli sa benissimo che il nostro sistema conosce misure interdittive e cautelative applicate addirittura fuori dal processo e senza condanna come le misure di prevenzione di cui egli, per diversi anni, si è occupato come giudice in uno dei suoi passaggi da politico a magistrato.

Sa benissimo che per i migranti deportati non è previsto contraddittorio mentre i ricorsi si celebrano in fretta e furia in sette giorni, senza la presenza di un avvocato accanto (al massimo in video). Altro che equilibrio e proporzione!

Giustizia

La legge del più forte

Solo che queste misure si applicano ai comuni cittadini e ai poveri, per lo più, mentre ciò che interessa il nuovo manifesto giuridico dei conservatori è l’“onorabilità dei politici” da tutelare a ogni costo.

Se ci è consentito un ulteriore e non richiesto suggerimento vi è un ulteriore bilanciamento da assicurare e sarebbe quello del parlamento ormai sistematicamente ignorato dal governo. Ciò che sfugge ai neo conservatori è che la democrazia è un delicato equilibrio di contrappesi e controlimiti, non l’estensione del potere singolo sugli altri.

Mantovano invoca il ruolo dell’avvocatura come leva di equilibrio: sommessamente penso che ciò che i giuristi dovranno salvare e che i vari trumpisti vogliono demolire per ridurre la giustizia alla legge del più forte è semplicemente il valore universale dei principi scritti nelle convenzioni internazionali.

Essi non sono la carta straccia di titoli finanziari, sono carne e sangue degli esseri umani che fuggono sui mari, soffrono nelle galere, muoiono in guerra. Pensino i miei colleghi a quel disgraziato cittadino americano tradotto senza colpa in Venezuela, che un giudice americano, oggi minacciato, ha cercato di liberare e che il governo di Trump ha bloccato accusandolo di ingerire nella politica estera. Ci pensino e decidano dove stare.

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