Da Mani Pulite a mani sparite. L'avvio della procura europea – l'European Public Prosecutor's Office (Eppo) – si sta trasformando in un grosso problema al quarto piano del palazzo di giustizia di Milano, dove hanno gli uffici i magistrati inquirenti del capoluogo lombardo guidati dal procuratore Francesco Greco.

Dalla procura milanese, infatti, sono in partenza simultaneamente ben sei magistrati sui 15 già risultati idonei in Italia. Sono tutti diretti all'Eppo e proprio in questi giorni si trovano in Lussemburgo per firmare il contratto con la struttura voluta dall'Unione europea per il contrasto al crimine su base sovranazionale: il primo mattone di giustizia europea pensato per superare i limiti dei codici nazionali in un mondo globalizzato e senza frontiere.

Al loro ritorno in Italia, dopo un breve training nel Granducato con i loro colleghi dei 22 stati partecipanti, i sei taglieranno il cordone ombelicale che li lega al palazzo di corso di Porta Vittoria. Così però, la scopertura della procura rispetto all'organico pieno salirà a 18 magistrati, ovvero il 22 per cento degli 82 previsti dalle tabelle ministeriali. Questa novità fa sì che la situazione si sia fatta improvvisamente complicata: se ne è discusso anche in una assemblea dei pm lo scorso venerdì, alla presenza del capo dell'ufficio Greco che – secondo il racconto di coloro che hanno assistito - si sarebbe mostrato ben conscio del problema, pur non avendo ancora una soluzione in tasca.

I reati economici

Il problema dell'addio dei sei pm va ben oltre la questione numerica. Perché ad andarsene sono tutti inquirenti che hanno una buona esperienza nei reati economici, finanziari e quelli transnazionali del dipartimento diretto da Fabio De Pasquale. Proprio i reati che sono la vera specificità della procura di Milano, che sul proprio territorio vanta la sede della Borsa italiana, di tutte le più importanti banche e finanziarie, dei colossi internazionali del web e dell'ossatura del sistema industriale e commerciale nazionale. Un presidio della legalità finanziaria ed economica che, in materia di borsa, equivale a tutela del risparmio degli italiani.

In passato, si ricordano i processi per i crac Parmalat e più recentemente del Monte dei Paschi, ma anche gli scandali delle scalate bancarie con i “furbetti del quartierino” e la condanna del governatore della Banca D'Italia Antonio Fazio, le indagini sulle banche straniere (Credit Suisse, Ubs le ultime) ma anche processi in partenza come quello contro Saipem, società arrivata a perdere più del 95 per cento in borsa negli anni passati sulla scia di presunte irregolarità di bilancio. Poi le indagini fiscali su Apple, Google e Facebook, poi copiate anche dalla magistratura francese, quelle sulla condizione dei lavoratori delle società del food delivery e quelle sulla corruzione internazionali che hanno riguardato Eni, Saipem e Techint della famiglia Rocca. Tutte inchieste e processi che hanno richiesto lunghissime indagini per la complessità dei temi giuridici alle quali, data la macchinosità, hanno partecipato più magistrati a fascicolo.

Il quesito, dunque, è come sarà possibile far fronte d'ora in poi a questo tipo di inchieste, dato che chi si occupa di penale dell'economia e di Testo unico della finanza è per la maggior parte in partenza.

Rubare braccia agli altri dipartimenti è impossibile al momento, viste le carenze di organico, e comunque vecchie o nuove leve in arrivo vanno adeguatamente formate e non si possono delegare indagini così complesse e scivolose a chi non si è mai interessato alla materia o a magistrati di prima nomina che non hanno mai intrecciato rapporti con enti complessi e tecnici quali la Consob, la Banca d'Italia.

Il processo Mps sarà subito un banco di prova per capire come si muoverà in procura. In questo momento il terzo troncone del procedimento, che guarda ai crediti svalutati, si trova davanti al gip, ma i tre pm hanno rinunciato al fascicolo qualche giorno fa, a conclusione dell'incidente probatorio che ha sgretolato tutte le possibilità di un'archiviazione. Uno dei tre – Giordano Baggio - perchè imbarcato sulla nave dell'Eppo.

Sta ora al procuratore Greco e al suo aggiunto dei reati finanziari Maurizio Romanelli trovare qualcuno che possa raccogliere questa eredità, contando che ci vorranno mesi solo per capire cosa c'è nel cumulo di faldoni che compongono questo maxi processo. Ma ora i tempi stringono per l'eventuale rinvio a giudizio e i mesi non ci sono.

In ultima analisi questo tema dovrebbe arrivare anche al Csm, che i magistrati li assegna alle varie procure. Uno non vale uno, in questo caso.

Il rebus della procura

In contemporanea con i problemi di organizzazione della procura, tra i corridoi si parla anche del successore di Greco. Il procuratore capo, infatti, andrà in pensione il prossimo novembre e questo mese si apre la corsa alla presentazione delle candidature dei suoi successori, che poi il Consiglio superiore della magistratura dovrà esaminare. Il tema è sicuramente più romano che milanese, ma tutti i pm milanesi si esprimono perché toccherà proprio al nuovo capo dell'ufficio dover riorganizzare il lavoro e ristrutturare il pool che si occupa dei reati economici. L'ultimo nome del quale si discute è quello di Giovanni Melillo, l'attuale procuratore capo di Napoli. Il magistrato gode della stima e fiducia di Greco e di parte dell'ufficio milanese, ma proprio questo potrebbe paradossalmente penalizzarlo, a causa del conflitto scoppiato in procura per il caso del conflitto con il pm Paolo Storari, che ha portato alla fuoriuscita dei verbali consegnati a Piercamillo Davigo. Aleggia sempre nell'aria anche il nome del capo di Catanzaro Nicola Gratteri, tornato a far visita a Milano qualche giorno fa, mentre il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo sembra voler restare alla finestra in attesa degli eventi, così come il “milanese” Maurizio Romanelli.

La contrapposizione è tra visioni: se proseguire sulla linea della continuità alla guida della procura, oppure se la contingenza attuale richieda un cambio di prospettiva e dunque anche l’individuazione di un nuovo procuratore capo che non provenga già dagli uffici milanesi.

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