La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, è intervenuta in commissione giustizia alla Camera per illustrare le linee guida del suo dicastero, con una relazione sui provvedimenti a venire.

La ministra ha sottolineato che il lavoro da svolgere è ingente: «Non cerchiamo la perfezione, ma le migliori risposte possibili nelle condizioni date», ha detto Cartabia, sottolineando la «necessità di agire in tempi stretti e di trovare soluzioni condivise». Poi si è rivolta alle forze politiche: «Sarebbe sleale impegnarsi con programmi inattuabili che alimentano aspettative, ben sapendo di non poterle realizzare».

La sintesi è esplicita: «Affronteremo i problemi più urgenti e improcrastinabili» per rispondere alla domanda di giustizia, ma sempre coi piedi ben piantati al suolo e la consapevolezza delle differenze interne alla maggioranza che sostiene il governo Draghi.

Il metodo

I margini di azione, secondo Cartabia, sono delimitati da tre fattori: il fattore Europa, per cui il piano di Next generation Eu chiede la messa a punto di progetti e riforme coerenti; il fattore pandemia, che ha costretto ad un impegno straordinario tutti gli operatori nei palazzi di giustizia, con uno sforzo innovativo per continuare a celebrare i processi; il fattore del dibattito pregresso. «Molti sono i dibattiti avviati, molti e divergenti i punti di vista tra forze politiche anche dentro il governo. Molte le risposte attese», ha detto la ministra, specificando che ogni azione muoverà a partire dal lavoro già svolto nel precedente governo.
 

«Verificheremo il lascito del precedente governo, per vedere cosa deve essere salvato, cosa modificato e implementato. Il lavoro svolto deve essere rimodulato e arricchito alla luce del carattere ampio della maggioranza di governo, senza dimenticare le proposte dell’opposizione», ha spiegato Cartabia, annunciando l’istituzione di gruppi di esperti che proporranno modifiche ed emendamenti ai testi già incardinati.

Quanto allo strumento, la ministra ha condiviso con il parlamento l’utilizzo della delega legislativa, che permette un continuo confronto tra governo e parlamento.

La riorganizzazione della macchina

L’obiettivo principale, anche stimolato dalle raccomandazioni dell’Unione europea, è quello di una riduzione dei tempi della giustizia. «Dobbiamo riportare il processo italiano a un modello di efficienza e competitività, per consentire una rinnovata fiducia dei cittadini nell’amministrazione della giustizia e la ripresa degli investimenti», ha detto Cartabia, ricordando che «la Costituzione richiede che il processo sia giusto e sia breve, obiettivi altissimi che devono ispirare l’azione di tutte le istituzioni».

Tuttavia, ha precisato la ministra, «occorre evitare il fraintendimento che questo si ottenga solo con interventi riformatori del rito processuale». Dunque il ministero della Giustizia si adopererà per la riorganizzazione della macchina giudiziaria amministrativa, attraverso la «valorizzazione del personale e delle risorse umane; il potenziamento infrastrutture digitali con diffusione di sistemi telematici di gestione processuale; l’edilizia giudiziaria e l’architettura penitenziaria».

Tre i profili su cui la ministra si è impegnata. Il primo è la piena attuazione dell’ufficio del processo, che rafforzi la capacità decisionale dei magistrati, garantendo la «fisiologica solitudine decisionale del giudice» ma offrendo il supporto per quel che riguarda la parte preliminare conoscitiva e organizzativa grazie ad altre figure professionali come quelle degli assistenti, incaricati di classificare i casi, fornire i precedenti giudiziari e gli elementi di dottrina.

Il secondo la messa in rete delle cosiddette “best practices”, le esperienze virtuose frutto delle singole dirigenze, ma che faticano oggi a venire elevate a sistema condiviso. «Serve orientare la funzione ispettiva del ministero della giustizia, anche in collaborazione coi singoli uffici, con scambi orizzontali tra vertici dei singoli uffici giudiziari».

Il terzo riguarda la formazione dei magistrati, che deve essere meglio strutturata con corsi obbligatori, anche per i dirigenti già insediati, presso la Scuola superiore della magistratura. Corsi che siano da considerarsi come elemento obbligatori per la nomina a incarichi direttivi e semidirettivi.

Riforma del civile

La ministra ha rilevato la presenza in Senato di un disegno di legge già in fase di esame e ha messo in luce le direttrici su cui lei vuole intervenire.

Il primo sono le misure alternative di risoluzione delle controversie: «Queste forme rivestono un ruolo che è di complementarietà rispetto alla giurisdizione. In particolare la mediazione è strumento particolarmente apprezzato anche se servono messe a punto legislative: estendere la portata nei settori con maggiore possibilità di successo (famiglia e filiazione); la previsione di incentivi processuali economici e fiscali; rapporto tra mediazione e giudizio. Va ripensato rapporto tra processo davanti al giudice e adr, con misure premiali per i giudici per valutazione di professionalità; per le parti con discipline di favore nelle spese processuali».

Il disegno di legge Bonafede per il civile prevedeva in forte intervento di semplificazione del rito civile, in particolare con l’eliminazione dell’atto di citazione in favore del ricorso come sola forma di atto introduttivo. Cartabia, invece, ha detto esplicitamente di «non coltivare l’illusione di una riforma di sistema, ma correzioni selettive». Sul tema del rito, in particolare, la ministra ha fatto capire di non avere in animo una rivoluzione: «Bisogna ben ponderare una eventuale abrogazione del rito sommario di cognizione, che è un modello non solo funzionante ma particolarmente apprezzato. Occorre tener presente che ogni riscrittura del rito comporta un ulteriore rallentamento della macchina».

In tema di diritto di famiglia e minorile, «sono presenti lacune e profili problematici, tra i più evidenti quelli legati alla frammentazione delle tutele e all’assenza di una disciplina organica del processo minorile».

Infine, verranno valutati filtri alle impugnazioni, con l’obiettivo di «meglio valorizzare il compito nomofilattico della Cassazione».

Cartabia si è soffermata in particolare sul settore tributario, quello maggiore sofferenza per quanto riguarda l’arretrato: «A fine 2020 pendevano in Cassazione 50mila ricorsi, il 50 per cento delle pendenze, con tempi di giacenza superiori a tre anni. Inoltre esiste un problema anche qualitativo: il 47 per cento delle decisioni delle commissioni tributarie viene annullato in Cassazione». Per questo, la ministra si propone di rafforzare la professionalità dei giudici tributari e una maggiore organizzazione, per prevenire il moltiplicarsi dei ricorsi e l’incoerenza dei pronunciamenti.

La prescrizione

Particolarmente attesa la parte di relazione che ha riguardato la riforma della prescrizione. La ministra ha ringraziato le forze politiche che qualche settimana fa hanno accettato di ritirare gli emendamenti sulla prescrizione e confermato il contenuto dell’ordine del giorno del governo, che si impegnava a riformare la previsione. «Un processo di durata ragionevole relega prescrizione a evento eccezionale, affrancando l’istituto dall’essere il principale rimedio al problema di eccessiva durata del processo», ha detto, ricordando però che nel ddl è presente un articolo che «propone la distinzione tra assolto e condannato in primo grado, con l’effetto sospensivo solo per ultimo e il recupero di tempo sospeso in caso di annullamento della condanna in primo grado».

Accanto a questa ipotesi, nota come lodo Conte bis, la ministra ha prospettato anche l’ipotesi di «prevedere due archi temporali: il tempo dell’oblio con la prescrizione sostanziale, tempo del processo con la prescrizione processuale», ovvero il fatto di prevedere dei tempi certi di durata di ogni fase processuale, che sarebbe la proposta più gradita al Partito democratico ma avversata in particolare dai Cinque stelle.  Tuttavia Cartabia non ha preso netta posizione: «E’ prematuro, il gruppo di lavoro considererà le opzioni elaborate e farà sintesi».

Riforma del penale

Oltre alla prescrizione, Cartabia ha ricordato gli altri elementi del disegno di legge penale che dovrebbero far parte della riforma. «Il ddl in discussione, oltre a favorire lo strumento telematico per il deposito e le notificazioni, delinea la riforma delle indagini e dell’udienza preliminare per scansioni temporali certe. Va valorizzata l’attenzione ai riti alternativi, prevedendo un ampliamento alle possibilità di accedervi».

Un passaggio particolarmente delicato ha riguardato la presunzione di innocenza e la mediatizzazione dei processi: «L’avvio delle indagini va condotto con dovuto riserbo, lontano da strumenti mediatici, al fine di tutelare la presunzione di non colpevolezza, che è cardine costituzionale».

Infine, la ministra ha parlato anche della fase di esecuzione penale e di carcere: tema a cui ha dedicato particolare attenzione anche quando era giudice della Corte costituzionale. «La riforma del processo penale deve poggiare su interventi di deflazione sostanziale, intervenendo su meccanismi di procedibilità, ampliando istituti e condotte riparatorie e di sospensione procedimento con messa alla prova e la non punibilità per particolare tenuità del fatto».

Inoltre, «la qualità della vita della comunità penitenziaria e di chi vi opera è fattore direttamente proporzionale al contrasto e prevenzione del crimine. Lo scopo rieducativo della pena non è solo un dovere morale e costituzionale, ma anche il modo più effettivo per prevenire la recidiva e irrobustire la sicurezza della vita sociale».

Riforma del Csm

Infine, l’ultima riforma al vaglio del ministero riguarda il Consiglio superiore della magistratura, in particolare dopo il cosiddetto caso Palamara e delle nomine pilotate. «Le note e non commendevoli vicende che hanno riguardato magistratura rendono improcrastinabile riforma di alcuni profili per rispondere alle giuste attese dei cittadini e al recupero del prestigio dell’ordine».

Il filone principale di riforma riguarda il sistema elettorale, «con l’obiettivo di ridurre il peso delle correnti» nella scelta dei candidati e dei componenti eletti. Cartabia ha sottolineato che «non si deve nutrire l’illusoria idea che un intervento legislativo possa di per sè risolvere le criticità che interessano la magistratura, che attengono al sostrato culturale che nessuna legge da sola sovverte».

Attualmente il disegno di riforma prevede la sostituzione dei tre collegi elettorali unici in 17 collegi più due ulteriori, con un eventuale secondo turno e attenzione alla parità di genere, con l’ipotesi anche di portare a 20 i togati eletti. «Qualunque sia la scelta, deve radicarsi l’idea che il pluralismo culturale sia fisiologico e non vada confuso con le degenerazioni del correntismo».

La ministra però ha annunciato che è al vaglio anche una possibilità ulteriore: quella di «affiancare un sistema di rinnovo parziale del Csm, rinnovando ogni 2 anni la metà dei laici e dei togati. Questo, lungi dall’appesantire il sistema, è utile ad assicurare continuità dell’istituzione e a non disperdere le competenze, scoraggiando logiche spartitorie».

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