Il caso Cospito, l’anarchico al 41 bis in sciopero della fame da 116 giorni, rimane il dossier più incandescente sulla scrivania del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. I fronti sono due, uno politico e uno giudiziario, e su entrambi il guardasigilli è costretto a difendersi da una posizione molto precaria.

La revoca del 41 bis

La settimana scorsa il ministro ha firmato il rigetto dell’istanza di revoca del 41 bis dell’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini. Nelle motivazioni, ha dato peso in particolare al parere negativo della procura generale di Torino, accantonando invece la parte di relazione della Direzione nazionale antimafia, l’ufficio funzionalmente competente per i reati di mafia e terrorismo, che considerava fondata la revoca del 41 bis, per sostituirlo con il regime di alta sorveglianza con censura della corrispondenza.

Il gran rifiuto di Nordio, pur fondato su argomenti giuridici, non poteva che essere tale. La scelta del governo di cui fa parte, infatti, è stata quella di martellare sullo scontro tra Stato e terrorismo nelle piazze, enfatizzando la scelta della linea dura perchè «non si scende a patto coi terroristi».

Oggi, però, la decisione del guardasigilli è già in crisi sul fronte giudiziario. Il 24 febbraio, infatti, la Cassazione è chiamata a esprimersi sul ricorso dell’avvocato contro la decisione di dicembre 2022 del tribunale di sorveglianza di confermare il 41 bis a Cospito per quattro anni. Il colpo di scena è arrivato nel fine settimana, quando Repubblica ha dato notizia della requisitoria depositata dal sostituto pg di Cassazione, Piero Gaeta, che nel procedimento rappresenta l’accusa, in cui si associa alla difesa (pur con motivazioni differenti) nel chiedere l’annullamento del decreto di carcere duro per Cospito.

Il sostituto pg, infatti, argomenta che Cospito è sì l’ispiratore di un gruppo terroristico anarchico che commette atti sovversivi. Tuttavia manca una «base fattuale» che dimostri la concretezza dei collegamenti tra il detenuto e il suo gruppo all’esterno.

Non basta, infatti, «la semplice propaganda» e il fatto di essere «punto di riferimento dell’anarchismo» per giustificare la misura detentiva più afflittiva che il nostro ordinamento conosca. Servono elementi concreti e specifici che dimostrino che la compressione della libertà di Cospito impedisca i collegamenti e anche che tutte le altre misure siano inutili o inefficaci. Il tribunale di sorveglianza, invece, non avrebbe motivato a sufficienza l’esistenza di questi presuppposti.

Questa svolta giudiziaria rischia di provocare due effetti. Il primo è che i giudici di Cassazione – alla luce del parere della procura generale – probabilmente annulleranno il decreto di 41 bis, rinviandolo al tribunale di sorveglianza che potrà cancellare il regime oppure motivare meglio il decreto.

Il secondo è che il legale di Cospito potrà presentare nuovamente istanza al ministero della Giustizia, utilizzando la decisione della Cassazione come fatto nuovo. A quel punto, tutto tornerà sulla scrivania di Nordio, che sarà ancora più in difficoltà nel sostenere la linea dura del governo davanti prima al parere della Dna e ora alla requisitoria della procura generale.

Il caso Delmastro

Come se non bastasse, Nordio deve tornare a difendere alla Camera il suo sottosegretario, Andrea Delmastro. Dovrà ripetere davanti ai parlamentari quanto già scritto in una nota: che gli atti del Dap sulle conversazioni tra Cospito e i suoi compagni di socialità mafiosi erano divulgabili. Delmastro era in possesso del dossier in relazione alla sua delega alla polizia penitenziaria e lo ha consegnato al compagno di partito, Giovanni Donzelli, che poi ne ha dato lettura in aula per attaccare il Pd, accusandola di connivenza con la mafia perchè una sua delegazione era andata in carcere a trovare Cospito.

Pur di difendere Delmastro, Nordio ha dovuto argomentare che «la natura del documento non rileva e disvela contenuti sottoposti al segreto investigativo o rientranti nella disciplina degli atti classificati». Tuttavia, quando altri parlamentari come Riccardo Magi, Marco Grimaldi e Angelo Bonelli hanno chiesto accesso agli stessi atti, il ministero ha negato loro la possibilità di ottenerli per le vie ufficiali. Nonostante Donzelli li abbia ottenuti e divulgati passando per le vie informali.  

Al netto dello scontro parlamentare e della potenziale falla di sistema che la difesa a oltranza di Delmastro comporta per via Arenula, sulla vicenda pende anche l’inchiesta della procura di Roma. Anche questi magistrati, che indagano per rivelazione di segreto d’ufficio, potrebbero smentire la linea ministeriale.

La salute di Cospito

Parallelamente all’accavallarsi delle vicende politico-giudiziarie, prosegue lo sciopero della fame di Cospito. L’anarchico è stao trasferito nell’ospedale San Paolo di Milano su decisione del ministro, perchè le sue condizioni di salute sono sempre più precarie. Più prosegue lo sciopero della fame, più si pone il problema di come intervenire a livello medico. Dopo la notizia del parere favorevole del pg della Cassazione, Cospito ha ripreso ad assumere gli integratori alimentari, maha fatto una dichiarazione anticipata di trattamento (Dat), dicendo che non vuole essere alimentato nemmeno in caso di perdita di conoscenza, ma solo rianimato.

Tuttavia il 6 febbraio il ministero ha sottoposto un quesito al Comitato nazionale di bioetica, chiedendo se la di Dat vada seguita anche quando firmata da un detenuto che abbia deciso di porsi volontariamente in condizione di rischio e dunque se sia possibile procedere a un trattamento sanitario obbligatorio, contro la volontà dell'anarchico a rischio secondo i sanitari di «edema cerebrale e aritmie cardiache potenzialmente fatali». 

Tradotto: il ministero intende capire se la volontà di Cospito vada rispettata oppure se ci siano gli estremi per ignorarla, pur di evitare che muoia in carcere a causa dello sciopero della fame contro il 41 bis. La strada è strettissima: la dat vale sia per i liberi che per i detenuti e i medici hanno l’obbligo deontologico di rispettare la volontà del paziente.

Il rischio, però, è che il 24 febbraio – quando la Cassazione deciderà sul ricorso - sia troppo tardi e che la salute di Cospito abbia un tracollo prima. In quel caso, la responsabilità politica della morte dell’anarchico sarebbe sulle spalle del governo.

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