I sindaci aspettano la politica al varco. La questione è quella che ormai è nota come “paura della firma”: gli amministratori locali si considerano vessati dall’onere di un controllo formale ma impossibile su tutti gli atti che firmano e operano con il perenne rischio di finire indagati.

La pressione è trasversale a maggioranza e opposizione, perchè interessa i primi cittadini di ogni colore politico e ora il problema è sulla scrivania del ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, che incontra oggi l’Associazione nazionale sindaci italiani.

Le divisioni in maggioranza

La strada che sembra preferire via Arenula è quella della riscrittura del reato di abuso d’ufficio, oltre che una modifica della legge Severino che prevede la sospensione degli amministratori locali anche dopo la sola condanna di primo grado. Non ci sono conferme ufficiali, ma non è un mistero che, fosse per Nordio, il reato andrebbe cancellato perchè lo considera irriformabile («se c’è un passaggio di soldi è corruzione, altrimenti non c'è niente»). Una abrogazione, però, sarebbe politicamente insostenibile e quindi il ministerso sarebbe al lavoro per una sua modifica sostanziale e, anche nei giorni scorsi, il ministro ha ribadito che si tratta di un reato che «rallenta la pubblica amministrazione. L’intimidazione rappresentata dall’azione penale ha un costo sociale elevatissimo», visto anche il bassissimo numero di condanne definitive, diminuite progressivamente dopo i ritocchi della riforma del 2020 (40 condanne nel 2021, appena 6 nel 2022 secondo i dati del ministero).

Al netto delle poche condanne definitive, però, i sindaci apprezzerebbero l’abolizione tout court del reato, che fa scattare la legge Severino e ha un costo politico altissimo, anche se il procedimento penale si conclude con l’assoluzione. Per questo, l’Anci aspetta le dichiarazioni di Nordio.

La modifica del reato nella direzione di ridurne la portata sarebbe un bel colpo per riaffermare il profilo liberale del ministro, tuttavia ogni mossa presenta evidenti rischi politici per una maggioranza dalle posizioni decisamente variegate in tema di giustizia. Forza Italia sarebbe favorevole all’abrogazione sia dell’abuso d’ufficio che della legge Severino in blocco, mentre Lega – che pure ha sostenuto l’abolizione della Severino con referendum – e Fratelli d’Italia opporrebbero molti distinguo.

riforma della Severino

Il Partito democratico prova a incunearsi in questa contraddizione del governo, che sente di dover rispondere alle istanze dei sindaci ma deve far convergere le posizioni personali del ministro e quelle dei tre partiti della maggioranza.

«Non serve cancellare l’abuso d’ufficio, che nel 2020 è stato circoscritto ed è un cosiddetto reato spia, anche se non siamo contrari a modifiche», ha detto la responsabile Giustizia, Anna Rossomando, presentando insieme a Dario Parrini, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi due disegni di legge che puntano a dare risposte alternative a quelle del centrodestra alle paure dei sindaci.

La prima proposta, a firma dei senatori Anna Rossomando e Dario Parrini, prevede la modifica di due articoli della cosiddetta legge Severino, nella parte in cui stabilisce le regole di incandidabilita per gli amministratori locali in seguito a sentenze di condanna.

La proposta del Pd è di modificare la legge che prevede la sospensione dalla carica dei sindaci, condannati per reati non colposi contro la pubblica amministrazione e altri reati gravi, anche solo dopo una sentenza di condanna in primo grado.

«Noi proponiamo che non sia più possibile la sospensione dalla carica per gli amministratori se la condanna non è definitiva escludendo i reati di più grave allarme sociale», ha spiegato Rossomando. No quindi all’abolizione per intero della legge del 2012, come vorrebbero Forza Italia – che lo ha ribadito in campagna elettorale – e la Lega, che su questo ha promosso un quesito referendario. 

«L'esito del referendum rende impossibile un intervento di cancellazione della Severino ma certamente non impedisce di correggere un punto di quella legge, quello che prevede la sospensione del sindaco anche per condanne non definitive, cosa sulla quale abbiamo sempre espresso critiche molto nette e che la pratica ha dimostrato non essere giusta», ha detto Parrini. «Ci auguriamo di registrare consenso da parte di tutte le forze politiche visto che molte si sono espresse in favore di norme di questo tipo e anche di avere tempi celeri di esame in commissione per poter licenziare presto una norma di senso compiuto».

Responsabilità amministrativa

L’altro disegno di legge prevede di modificare la responsabilità politica, amministrativa ed erariale dei sindaci per i reati omissivi impropri.

Tradotto: i casi paradosso come quelli di procedimenti a carico di sindaci per bambini che si fanno male a scuola, come nel caso della sindaca di Crema.

«Si tratta di quelle condotte per cui rispondono i sindaci come figura di garanzia, fattispecie quelle più colpose: dalla persona che rimane sotto un tunnel, perché si è allagato alla bambina che si è schiacciata il dito. Quest ddl, partendo dal testo già nella riforma del Tuel che poi non è mai arrivato in Cdm nella legislatura precdente, distinge la responsabilità politica e di indirizzo, dalle responsabilità tecniche e amministrative, quindi non interviene direttamente sulla norma penale ma su suoi presupposti», ha spiegato Rossomando.

IN concreto, si ridefinisce il confine tra la responsabilità politica del sindaco e quella esclusiva dei dirigenti dell’attività amministrativa, abolendo l’attribuzione ai sindaci e ai presidenti della provincia di sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti.

Rispetto alla responsabilità erariale, invece, si stabilizza la previsione che la limita solo ai casi di dolo.

La polemica con Calenda

Entrambe le misure potrebbero trovare convergenza anche con pezzi della maggioranza, in particolare Forza Italia. Nessun approccio alla Calenda, però. I dem si sono smarcati dalla strategia del Terzo polo che ha incontrato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a palazzo Chigi per discutere della legge finanziaria. La mossa, che è stata apprezzata da FdI ma ha infastidito gli azzurri, ha contribuito ad attestare il Terzo polo come forza politica da cui Meloni potrebbe trovare appoggio esterno, in caso di problemi nella sua maggioranza. «Auspichiamo convergenze ampie visto che l’argomento è trasversale, ma il luogo dove cercarle è il parlamento. Non servono gite fuori porta, utili solo per avere pubblicità», è la stoccata di Parrini.

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