Le tre maxi riforme della giustizia – ddl penale; civile e dell’ordinamento giudiziario – sono uno dei pilastri del Pnrr, ovvero il lasciapassare dell’Italia per incassare i fondi del Recovery.

Il documento approvato a livello europeo contiene una roadmap precisa per l’approvazione dei tre testi di riforma, che hanno l’obiettivo di velocizzare e rendere più efficiente la giustizia italiana. Il progetto è ambizioso e il presidente del Consiglio Mario Draghi ne ha affidato la realizzazione alla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che però si è presto scontrata con gli ostacoli che fino ad oggi hanno impedito l’approvazione di riforme organiche: la litigiosità della componente politica e la crisi di quella tecnica, in particolare della magistratura.

Tuttavia i tempi sono fissati e sono categorici: entro fine 2021 vanno approvate le leggi di delega al governo, entro il 2022 i decreti ed entro il 2023 eventuali ulteriori regolamenti.

La prima scadenza è ormai vicina, ma l’iter dei ddl è ancora accidentato. Tuttavia il governo non può farsi distrarre nè allungare i tempi, dunque a via Arenula nessuno ha dubbi sul fatto che, se la “strategia Cartabia” dei piccoli passi concertati non funzionasse, interverrà direttamente Draghi per ultimare la sintesi.

Ddl penale

Il ddl penale ha come ostacolo maggiore quello opposto dalla politica, perchè contiene la modifica alla prescrizione.

Il testo base, attualmente in commissione Giustizia alla Camera, è stato redatto nel precedente governo, i partiti hanno presentato i loro emendamenti e anche la commissione di esperti nominata dalla ministra e presieduta da Giorgio Lattanzi ha presentato le sue conclusioni.

E’ atteso entro la settimana prossima il maxi emendamento del governo, che dovrebbe essere una sintesi che raccolga gli spunti del lavoro in commissione e degli emendamenti parlamentari. Approvato quello, il testo poi approderà in Aula. La ministra sperava di riuscire già a farlo a fine giugno, ma ora la scadenza è slittata a luglio.

Il partito che ha sollevato dubbi maggiori è il Movimento 5 Stelle, che non vuole arretrare sulla prescrizione targata Alfonso Bonafede, che attualmente prevede lo stop al decorso della prescrizione dopo il primo grado. L’unica mediazione (elaborata con il Pd e Leu alla fine del Conte 2) che sarebbe disposto ad accettare è che si dividano i binari tra assolti e condannati: per i primi la prescrizione tornerebbe a decorrere dopo l’assoluzione in primo grado.

La commissione Lattanzi, invece, ha elaborato due proposte. La prima prevede che la prescrizione si sospenda per due anni in seguito alla sentenza di primo grado e per un anno in seguito a quella di appello. La seconda invece, prevede che, dopo 4 anni dall’esercizio dell’azione penale senza che si sia giunti alla sentenza di primo grado, l’azione penale diventi improcedibile. Lo stesso avviene in caso di mancata definizione del giudizio di appello entro il termine di tre anni dalla presentazione dell’atto di appello e in caso di mancata definizione del giudizio di cassazione entro il termine di due anni.

Anche il Pd, che è il principale alleato dei 5 Stelle, ha presentato un emendamento che cancella la prescrizione di Bonafede e introduce una prescrizione processuale, che scatti dunque per fasi processuali e in particolare dopo due anni di giudizio d’appello.

La riforma del processo penale, tuttavia, punta ad essere una riforma di sistema, come ha spiegato Lattanzi in commissione Giustizia. Vale a dire che la riforma della prescrizione è solo un tassello, ma la velocizzazione dei processi si ottiene attraverso una serie di modifiche che riguardano i riti alternativi, la modifica del regime delle impugnazioni e la digitalizzazione.

Ddl Civile

La riforma del civile è quella il cui iter è attualmente il più avanzato. I partiti hanno presentato i loro emendamenti, la commissione di esperti presieduta da Francesco Luiso ha depositato la sua relazione e la ministra ha anche depositato in commissione al Senato i suoi 24 emendamenti al testo base, frutto della sintesi tra emendamenti parlamentari e relazione.

La riforma, il cui obiettivo è l’abbattimento del 40 per cento del tempo di definizione dei processi civili, secondo l’impegno assunto dal Governo con l’Ue con il Pnrr, tocca in particolare: la valorizzazione delle Adr (giustizia alternativa come la mediazione); la semplificazione del procedimento civile, anche stabilizzando le innovazioni tecnologiche; rafforzare il processo esecutivo; semplificazione del rito lavoro; introduzione di un rito unico per il procedimento minorile.

Se dal punto di vista politico il ddl civile non ha creato particolari problemi, tanto che il Movimento 5 Stelle ha chiesto allla ministra di anteporlo al ddl penale proprio perchè di più facile approvazione, le critiche sono arrivate dagli operatori del diritto.

Molto negativo è stato il giudizio degli avvocati: la presidente facente funzioni del Consiglio nazionale forense, Maria Masi, ha parlato di una riforma che “disattende le aspettative legittime dell’avvocatura”, avendo detto alla ministra nelle varie interlocuzioni che “una riforma della giustizia non poteva esaurirsi in una modifica delle norme di rito soprattutto se non in grado di garantire migliore e maggiore efficienza al processo. È inaccettabile una riduzione dei tempi del processo se va a danno delle garanzie di difesa e del potere dispositivo delle parti, configurando regimi di preclusioni, sanzioni e filtri che non possono trovare giustificazione alcuna soprattutto se proposti in un'ottica di miglioramento”.

Anche l'Unione nazionale camere civili ha espresso ferma contrarietà agli emendamenti perchè la disciplina delle preclusioni moltiplicherà il numero dei processi; il potenziamento delle ADR riguarda soltanto la mediazione, mentre la negoziazione assistita viene fortemente depotenziata; l’arbitrato non riceve alcuna agevolazione fiscale.

Ddl ordinamento giudiziario

La riforma dell’ordinamento giudiziario, che comprende la revisione della legge elettorale del Consiglio superiore della magistratura, è l’altro scoglio difficile da superare sia sul piano politico che interno alla magistratura.

Il lavoro della commissione di esperti presieduta da Massimo Luciani è concluso e il governo ha presentato anche il suo pacchetto di emendamenti al testo base.

La riforma prevede una riforma della legge elettorale, modificando il meccanismo dei collegi di voto, l’introduzione di limiti alle porte girevoli dei magistrati in politica e un limite alla possibilità di pm e giudici di cambiare ruolo.

Tuttavia, a rendere più complicato il tutto è stata la presentazione dei referendum sulla giustizia promossi dal partito radicale e dalla Lega. Quattro dei sei quesiti riguardano proprio l’ordinamento giudiziario: la responsabilità civile dei magistrati; la separazione delle carriere; lo stop alle firme per candidarsi al Csm e il voto dei laici nei consigli giudiziari.

Il tema rimane fortemente controverso, soprattutto dentro la magistratura, che tuttavia in questa fase si è opposta al referendum ma non si è ancora pronunciata chiaramente sulla riforma a cui sta lavorando il parlamento.

Quanto ai tempi, la ministra punta ad approvare il tutto entro luglio in commissione e poi portarla in aula alla Camera.

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