Dal 24 novembre, i magistrati, gli avvocati e il personale delle forze dell’ordine che vogliono entrare nel tribunale di Napoli dovranno mandare una mail «in tempo apprezzabilmente anteriore a quello dell’ingresso nel Palazzo», in cui indicare in quale aula devono recarsi.

La decisione è stata presa con decreto del presidente della corte d’appello di Napoli e della procura generale, dopo una serie di riunioni anche con il consiglio dell’ordine degli avvocati e delle camere civili e penali. Ogni ufficio giudiziario italiano, infatti, gode di piena autonomia di scelta nell’organizzazione degli accessi durante la pandemia.

L’obiettivo di Napoli è quello di mettere in atto una sorta di “contact tracing” fai da te: se chi è stato in tribunale risulta positivo, dovrebbe essere possibile individuare chi è stato a contatto con lui nelle stesse stanze. Nei giorni scorsi, infatti, c’è stata una impennata di contagi tra le aule del tribunale e della procura, soprattutto di magistrati e avvocati.

Ogni volta che c’è una comunicazione di positività, scatta il carosello per ricostruire con chi il malato è entrato in contatto, poi scatta la chiusura temporanea dell’ala del tribunale, la sanificazione e i tamponi a tutti i lavoratori. Due giorni fa è successo nell’ufficio notificazioni, esecuzioni e protesti, dove un ufficiale giudiziario è risultato positivo. Così, dunque, è nato il tentativo di trovare un metodo per “tracciare” chi entra e chi esce dal tribunale e dove vada.

Tuttavia in concreto il rischio è di creare ancora più confusione e incertezza di quanta già non regni negli uffici giudiziari, oltre a una ulteriore mole di burocrazia che non è chiaro chi smaltirebbe.

La comunicazione

Dal punto di vista operativo, infatti, il decreto impone di mandare una mail a accessopalazzodigiustizianapoli.it contenente «l’indicazione della volontà di accesso all’interno del palazzo di giustizia e dei luoghi di esso ove verrà svolta la rispettiva attività professionale nello specifico giorno di accesso». Inoltre, «la spedizione di tale mail di accesso si ritiene indispensabile» per entrare, e la mail deve essere esibita all’ingresso, in copia cartacea o dallo schermo del cellulare.

A scontrarsi con la disposizione è però la realtà: gli accessi al palazzo di giustizia di Napoli pre-pandemia erano stimati intorno agli 8 mila al giorno. Ora, probabilmente, si attestano interno alla metà. Si tratta comunque circa 4 mila mail giornaliere, che pioveranno in una casella mail che poggia sul server del ministero della Giustizia, bloccato in questi giorni in tutto il sud Italia. Chi si occuperà di smistare queste comunicazioni, di svuotare la casella mail perchè non si intasi, di tenere traccia e mappare tutti gli accessi e i luoghi? Il decreto non lo specifica. Non solo: in mancanza di un form prestabilito leggibile da un sistema informatizzato, ogni mail deve essere materialmente letta da un addetto.

Inoltre, il vero limite è lo svolgimento della vita di tribunale: nessun avvocato che si reca nel palazzo di giustizia lo fa per andare in un’unica aula. Quando si accede, soprattutto durante la pandemia, spesso con l’occasione si svolgono più incombenze di cancelleria, oppure si partecipa a varie udienze e tra una e l’altra si prende un caffè al bar. «Cosa si deve scrivere, allora, in una mail che deve essere mandata con anticipo se non si sa ancora in quali luoghi ci si deve recare?» è l’obiezione degli avvocati napoletani che hanno manifestato per iscritto e poi sui social il loro malcontento per l’iniziativa. «La verità è che si doveva avere il coraggio di chiudere il tribunale», dice un’avvocata del foro, «Invece il tentativo di trovare soluzioni che non esistono al dilagare della pandemia porta a risultati ridicoli come questo».

L’edificio

Del resto, l’edificio che ospita il tribunale di Napoli, la cui costruzione è iniziata nel 1980 e conclusa nel 1995, è talmente enorme e in condizioni tali da rendere ancora più alto il rischio di contagio. Il corpo principale è composto da tre torri, A, B e C, di altezza variabile tra i 70 e i 110 metri e collegate tra loro da uno spazio chiamato “piazza coperta”, a cui sono affiancati due corpi secondari alti 40 metri. Per riqualificarlo è stata firmata l’intesa tra il ministero della Giustizia, il comune di Napoli e l’Agenzia del demanio, con l’obiettivo di per avviare gli interventi di ottimizzazione e potenziamento «finalizzata i garantire spazi più funzionali, sicuri e moderni, riqualificandoli dal punto di vista energetico e delle tecnologie».

 

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