Venerdì la Corte costituzionale è chiamata a scegliere il suo nuovo presidente, dopo appena tre mesi dalla nomina di Mario Rosario Morelli. Il presidente uscente, infatti, ha terminato i suoi nove anni di carica ed è già il momento di scegliere il suo successore.

A contendersi il vertice della Consulta sono i due giudici costituzionali con la maggiore anzianità di servizio, come da prassi consolidata. Da una parte c’è l'ex presidente del Consiglio di Stato, Giancarlo Coraggio, già vicepresidente. Dall’altra l'altro vicepresidente, il costituzionalista ed ex presidente del consiglio, Giuliano Amato.

La prima donna

Per la votazione si è aspettato che la Corte di cassazione eleggesse il suo giudice da far subentrare all’uscente Morelli e mercoledì i magistrati si sono espressi, scegliendo a maggioranza e senza bisogno di ballottaggio la civilista Maria Rosaria Sangiorgio, la prima donna mai eletta alla Corte costituzionale da parte della magistratura (prima di lei, tutte le donne erano state di nomina parlamentare o del presidente della Repubblica). La competizione, tuttavia, non è stata semplice: a contendere il posto a Sangiorgio - ex togata dal Consiglio superiore della magistratura dal 2014 al 2018 a capo del gruppo di Unicost di cui all'epoca era capocorrente Luca Palamara – era il penalista Giorgio Fidelbo, sostenuto invece dalla corrente progressista di Area. La votazione ha visto prevalere Sangiorgio, che ha potuto contare sul sostegno dei civilisti (più numerosi rispetto ai penalisti) e delle correnti di Unicost e Magistratura indipendente.

Ora che il collegio dei 15 giudici costituzionali è stato ricomposto, c’è anche un ulteriore primato: la composizione attuale della corte è la più femminile di sempre, con quattro donne. Oltre a Sangiorgio, infatti, erano già presenti Silvana Sciarra, Daria De Pretis ed Emanuela Navarretta.

L’elezione del presidente è in programma questa mattina e non dovrebbero esserci sorpresa. Se accadrà come in settembre, i giudici seguiranno la prassi di nominare presidente il giudice con maggiore anzianità di servizio e Giancarlo Coraggio, che è diventato giudice nel gennaio 2013, vanta sette mesi di anzianità in più rispetto ad Amato, che dunque dovrà aspettare fino al 2022 per inserire nel suo già nutrito curriculum anche la presidenza di palazzo della Consulta.

La prassi consolidata

Quella di Coraggio, inoltre, sarà una presidenza lunga rispetto alla media dei suoi predecessori. Per questo, probabilmente, potrà contare sul voto unanime dei colleghi che invece si erano divisi nell’elezione di Morelli, che aveva ricevuto solo 9 voti e 5 erano andati proprio a Coraggio.

La prassi del criterio di anzianità è stata preferita negli ultimi anni perchè funzionale a sottolineare la collegialità con cui opera la corte, in cui il presidente svolge un ruolo tecnico-organizzativo. Questo automatismo non scritto, infatti, toglie politicità al ruolo di presidente, eliminando la possibilità di schieramenti e cordate interne tra giudici al momento dell’elezione del vertice ed eventuali derive correntizie. Per contro, invece, il criterio ha favorito nel corso degli anni presidenze molto brevi (come è stata quella di Morelli) che impediscono di portare avanti un progetto nella gestione della Corte.

In prospettiva, dunque, si allontana fino al 2022 anche la prossima presidenza femminile dopo quella di Marta Cartabia. Una volta concluso il turno di Amato, tuttavia, proprio il criterio dell’anzianità di servizio potrebbe non garantire certezza sul nome della presidente. Le due più anziane in servizio, infatti, saranno Silvana Sciarrra e Daria de Pretis. Entrambe, però, hanno giurato lo stesso giorno: l’11 novembre 2014. Eventuale criterio aggiuntivo potrebbe essere quello di nomina e in questo caso a prevalere sarebbe de Pretis, indicata dall'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 18 ottobre contro il 6 novembre dell’elezione da parte del parlamento di Sciarra. In questo modo, però, Sciarra terminerebbe il suo novennato senza mai essere stata presidente. E’ possibile, dunque, che proprio per scegliere la prossima presidente donna della Consulta la prassi dell’anzianità debba essere temporaneamente disattesa, per procedere ad una votazione vera e propria tra le due giudici, che avranno entrambe davanti un mandato di più di un anno.

 

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