Le elezioni per il rinnovo del Consiglio sono ormai prossime, ma il fronte delle riforme sul sistema elettorale, sebbene registri fibrillazioni e un dibattito serrato tra le correnti della magistratura,

ancora attende degli sviluppi.

L’attività riformatrice è stata molto intensa nel campo del processo penale e di quello civile, legati a filo doppio all’erogazione dei fondi europei “Next Generation”, mentre rimane su un binario più lento nel campo dell’ordinamento giudiziario, dove pure si attendono importanti modifiche.

I tempi si prolungano, dunque, mentre si avvicina sempre più la scadenza dell’attuale Consiglio Superiore della Magistratura, e tutto fa presagire una improvvisa accelerazione dei lavori parlamentari, mediante l’uso della fiducia, che non consentirebbe alcun approfondimento e impedirebbe il dibattito parlamentare.

La scelta dei sistemi elettorali è materia ostica, intrisa di tecnicismo, e in essa, più che in altre, il diavolo si nasconde nei dettagli.

Ma è una scelta ineludibile, soprattutto tenuto conto dell’obiettivo fallimento della precedente riforma, introdotta nel 2002 sotto la guida del Ministro Castelli, che si prefiggeva di estromettere le correnti della magistratura dal C.S.M. e che, invece, gliene ha consegnato definitivamente le chiavi.

Il Gruppo di Magistratura Indipendente, tuttavia, a differenza di altri, crede che l’associazionismo giudiziario abbia trascurato troppo a lungo la sua originaria vocazione sindacale, che comporta necessariamente una più efficace separazione tra attività associativa e attività istituzionale, perché l’associazione deve fungere da contraltare all’autogoverno, per stimolarlo e anche criticarlo, all’occorrenza.

Il csm come organo di garanzia

Uno dei maestri del diritto costituzionale italiano, il professor Paolo Barile, ci ha insegnato che il C.S.M. è un organo di garanzia dalla politicità intrinseca, perché persegue il fine istituzionale di tutelare l’indipendenza della magistratura, ma tale politicità non richiede affatto uno schieramento sistematico di parte, ma, semmai, un confronto volto ad individuare il modo di attuare le leggi e la Costituzione più regolare, coerente ed efficace, e Magistratura Indipendente ritiene che il Consiglio Superiore deve riacquistare la sua funzione originaria di organo di garanzia e non di governo.

Ecco perché riteniamo del tutto inadeguato qualsiasi sistema elettorale il cui scopo sia quello di dividere gli elettori in una maggioranza e una minoranza precostituite, come blocchi contrapposti e stabili, e siamo fortemente contrari a un Consiglio che agisca e ragioni come un piccolo Parlamento.

Il sistema elettorale del C.S.M., dunque, deve essere fatto in modo da rendere impraticabili accordi preventivi fra le correnti, cosa che costituirebbe un’evidente contraddizione rispetto all’obiettivo di limitarne l’influenza, e, anzi, un vero e proprio arretramento rispetto al sistema attuale, che, tendenzialmente, non agevola tali accordi.

No al disegno Luciani

Queste considerazioni ci hanno condotto a ritenere non adatto allo scopo il disegno elaborato dalla Commissione presieduta dal professor Massimo Luciani, che, invece di ridurre il peso delle correnti rischia solo di escluderne alcune, aumentando l’influenza delle altre.

Il sistema del voto singolo trasferibile, prevede che il candidato più votato trasferisca il suo surplus di voti sui candidati che sono indicati nella sua stessa scheda elettorale come seconde e terze preferenze.

Col voto singolo trasferibile, infatti, l’elettore, anziché esprimere una scelta secca, ordina le proprie preferenze secondo una graduatoria, che verrà utilizzata in sede di assegnazione dei seggi qualora – come il più delle volte accadrà – non sia possibile attribuire tutti i seggi sulla base dei primi voti, ma il trasferimento dei voti viene operato dall’alto, ossia a partire dai candidati più votati verso quelli che sono più vicini a raggiungere il quorum, e questo si presta a favorire accordi preventivi, facilmente attuabili mediante uno scambio reciproco delle seconde e terze preferenze.

Perchè non funziona

Il sistema in questione, poi, dovrebbe applicarsi a una realtà con un numero complessivo basso di elettori (circa 9.700, che potrebbero essere suddivisi in collegi medio-piccoli da 3300 a 2500 elettori ciascuno, a seconda che si prevedano tre o quattro collegi), e il fatto che l’elettore debba mettere in ordine di preferenza i candidati si presta chiaramente alla elaborazione di “mini-liste” che potrebbero essere prima pianificate dalle correnti e poi anche verificate ex post, con buona pace della segretezza del voto.

Queste considerazioni ci portano a ritenere che il sistema del voto singolo trasferibile, seppur ideato con le migliori intenzioni si presta ad agevolare la realizzazione di patologiche aggregazioni di interessi, incentivando accordi che potrebbero condurre a distorsioni del voto e a un risultato elettorale tale da escludere dal CSM la pluralità di idee che caratterizza il panorama della magistratura italiana e ne rappresenta la ricchezza, facendo sì che vi sia un disallineamento importante tra la composizione dell’organo di autogoverno e gli effettivi equilibri delle sensibilità culturali interne alla Magistratura.

I difetti del sistema attuale

Verso quale direzione dovrebbe rivolgersi, allora, una riforma del sistema elettorale del C.S.M. che non tradisca le intenzioni?

Per poter individuare un valido sistema elettorale, non si può non partire dall’analisi dei difetti di quello attuale, che sono ben conosciuti ormai.

Il sistema ideato dall’allora ministro Castelli, pur nato sotto i migliori auspici, si è rivelato inefficace perché richiede ai candidati di proporsi su tutto il territorio nazionale, e ha reso quindi, indispensabile il supporto di strutture organizzative ampie, attribuendo un monopolio di fatto delle campagne elettorali alle correnti.

Il primo, indispensabile, correttivo dovrebbe essere, quindi, la riduzione della distanza tra l’elettore e l’eletto, con la previsione di collegi elettorali che non devono essere troppo grandi, per non richiedere un eccessivo sforzo organizzativo, ma nemmeno troppo piccoli, per evitare forme di condizionamento locale.

Ricordiamo, in questa sede, l’autorevole opinione espressa dal prof. Gaetano Silvestri, secondo cui un sistema maggioritario parcellizzato in collegi piccoli darebbe luogo a una assemblea di “notabili”, influenzabile da accordi ancora meno trasparenti e decifrabili, perché personalistici, di quelli attuali tra le correnti.

I collegi

Un primo tassello del futuro sistema elettorale del C.S.M. potrebbe essere, quindi, la previsione di collegi plurinominali, della dimensione già indicata dalla Commissione Luciani.

Sarebbe deprecabile, invece, la soluzione di collegi troppo piccoli, specie se binominali, con obbligo di doppia preferenza di genere, perché questo tipo di collegi consentirebbe al massimo livello la conclusione di accordi tra correnti, le quali, puntando rispettivamente su candidati di genere diverso e accordandosi per scambiarsi le relative preferenze otterrebbero tutti i seggi disponibili, escludendo del tutto dal CSM le minoranze e realizzando una vera e propria “dittatura della maggioranza”.

Collegi di dimensioni medie, dunque, ma individuati dalla legge in modo oggettivo e predeterminato, sulla base di un criterio di contiguità territoriale, per evitare il rischio del fenomeno del c.d. “gerrymandering”, ossia la scelta dei territori da accorpare in funzione della finalità di alterare gli equilibri elettorali, rimanendo in capo al potere esecutivo solamente il compito di indicare, secondo criteri rigorosamente matematici basati sul numero degli elettori, il numero di seggi che ogni collegio elettorale sarà chiamato ad eleggere.

Sistema maggioritario

Le considerazioni sin qui svolte conducono a ritenere preferibile, quindi, un sistema maggioritario a turno singolo, con collegi plurinominali, con preferenza unica, mentre va fortemente avversata l’ipotesi di prevedere un sistema elettorale che preveda un doppio turno di votazione, giacché si presterebbe massimamente ad accordi di desistenza tra gruppi.

Dall’analisi delle disfunzioni del sistema attuale emerge, poi, l’assoluta esigenza che, qualunque sia il prossimo sistema elettorale, per garantire il suo effettivo funzionamento e per scongiurarne la strumentalizzazione da parte di gruppi associativi, sia essenziale garantire un numero minimo ampio di candidature, con adeguata rappresentanza di genere.

Per assicurare tale risultato, di cruciale rilevanza, potrebbe essere, innanzitutto, individuato un meccanismo basato su specifiche agevolazioni per i candidati indipendenti, per consentire loro di proporre la loro candidatura nel collegio elettorale in cui si candidano.

Tali agevolazioni, unite alla riduzione dell’ambito territoriale dei collegi, consentirebbero ai candidati indipendenti di potersi proporre agli elettori, senza necessariamente doversi avvalere del sostegno di gruppi associativi, ma potendo contare su una base organizzativa comune, che porrebbe tutti i concorrenti in posizione di maggiore parità.

Se anche la previsione di agevolazioni non fosse sufficiente, potrebbe anche essere valutata la previsione dell’estrazione a sorte dei candidati, come strumento residuale e di ultima istanza, per garantire il raggiungimento del numero minimo di candidature e la adeguata rappresentanza di genere, giacché tale strumento potrebbe consentire l’emersione di candidature attraverso un metodo che consentirebbe di escludere alcun condizionamento associativo nella loro genesi.

Candidature deboli?

Le critiche svolte nei confronti di tale sistema, secondo le quali si assisterebbe alla presentazione di candidature “di paglia”, ossia di candidati estremamente deboli, contrapposti alle candidature “forti” appoggiate dalle correnti non paiono cogliere nel segno, perché trascurano di considerare che il sistema nel suo complesso, grazie alla previsione di una minore distanza tra elettore ed eletto, di un effettivo supporto logistico ai candidati indipendenti e di una maggiore libertà per l’elettore di esprimersi senza timore che il suo voto venga condizionato o controllato darebbe certamente maggiori chances a questi candidati, di quante oggi non ne abbiano o di quante non ne potrebbero avere con un sistema che si presta ad accordi elettorali preventivi fra le correnti.

Le differenti alternative che pur sono state prospettate per assicurare un numero minimo di candidati, quale quella di attribuire ai Consigli Giudiziari, o ad altri organi istituzionali, il compito di designare i candidati mancanti, costituirebbero, poi, un rimedio peggiore del male, perché attribuirebbe a degli organi istituzionali che svolgono funzioni di vigilanza e garanzia dei compiti di natura elettorale, politicizzandoli e realizzando quella commistione tra attività associativa e attività istituzionale, che si vuole primariamente impedire.

Ci rendiamo conto che può apparire paradossale che una corrente della Magistratura dia indicazioni su quale potrebbe essere il sistema elettorale del C.S.M., richiama alla mente il paradosso di un antico proverbio africano, secondo il quale “il mais non può aspettarsi giustizia da un tribunale di polli”.

La natura sindacale delle correnti

Ma Magistratura Indipendente rivendica il fatto di aver condotto le proprie riflessioni alla luce di quella convinzione, che la distingue dalle altre correnti della magistratura, sulla necessità di un ritorno alla natura sindacale delle correnti, e i sindacati non possono sedere nel consiglio di amministrazione.

Da tempo è di dominio pubblico la profonda crisi del C.S.M., causata dalle degenerazioni delle correnti, e un vero e autentico rinnovamento etico della Magistratura non può essere attuato solamente perseguendo le responsabilità di pochi, che spesso vengono ricercate per nascondere quelle dei molti.

Occorre andare oltre la superficie, riflettere in profondità, individuare le cause profonde delle diffuse condotte disfunzionali, e i primi soggetti investiti di questo doloroso compito sono proprio le correnti, chiamate a fare un passo indietro, in mancanza del quale si rischia di compromettere la credibilità e l’indipendenza della magistratura italiana, e il conto più salato di questo disastro, purtroppo, se lo vedranno presentare i cittadini, che non potranno più fare affidamento sulla prima istituzione di garanzia, chiamata a tutelare i loro diritti.

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