La storia ha tenuto banco nelle pagine di cronaca dei quotidiani italiani, in particolare di Repubblica dove sono stati pubblicati i contenuti delle chat e di alcune registrazioni audio.

Al liceo Montale, la dirigente scolastica avrebbe avuto una relazione sentimentale di un mese con un alunno maggiorenne il quale, dopo aver deciso di interrompere il rapporto, si è confidato prima con amici e poi con il personale scolastico.

La notizia è passata di bocca in bocca fino a finire anche sui muri della scuola, con una scritta vandalica di accusa alla dirigente scolastica. Dopo è stato un crescendo: la notizia si è diffusa sulle chat scolastiche, poi è arrivata sulle pagine locali dei quotidiani e infine su quelle nazionali, corredata dagli stralci di conversazioni tra i due presunti amanti clandestini e anche la registrazione dell’ultima conversazione in macchina, durante la quale lo studente spiega che intende chiudere la relazione.

La vicenda ha due versioni opposte e discordanti. Lo studente ha raccontato dell’esistenza della relazione, dicendo anche che ci sarebbe stato un rapporto sessuale, e per avvalorarla ha prodotto chat e registrazioni.

La dirigente scolastica, invece, all’inizio a scelto di rimanere in silenzio ma poi ha negato tutto in una intervista, sostenendo che si tratterebbe di una vicenda montata ad arte per colpirla proprio nel suo anno di prova al vertice di un istituto scolastico. Questi sono i fatti ora sono sotto esame dell'Ufficio scolastico regionale, che si è attivato dopo una segnalazione dall’interno dell’istituto e che deve valutare la veridicità della storia e gli eventuali profili disciplinari.

La vicenda è stata raccontata sui giornali con dovizia di particolari e con il nome della dirigente (non quello dello studente, sia pur maggiorenne). Al netto della pruriginosità di un racconto di cui le chat pubblicate hanno offerto dettagli, l’interrogativo è quali possano essere le conseguenze per la dirigente qualora la storia venga confermata dagli ispettori.

I profili penali

Nella vicenda non esiste alcun profilo penale di violenza sessuale o molestia, perché lo studente è maggiorenne ed era consenziente al momento della relazione clandestina.

Questa è l’ipotesi sulla base delle informazioni fino ad ora rese pubbliche. Tuttavia la questione è meno semplice di così: il rapporto gerarchico che esiste tra studente e dirigente scolastica, infatti, potrebbe sollevare eventuali questioni sulla libertà del consenso.

Non a caso, infatti, una cultura come quella anglosassone - molto più rigida della nostra in materia di codici etici e di condotta buona – ha adottato in moltissimi settori pubblici e privati codici che vietano le relazioni sessuali all’interno di aziende e istituti. È così in buona parte delle università americane, dove negli anni sono stati adottati regolamenti che vietano esplicitamente le relazioni sessuali tra docenti e studenti, anche se ovviamente si tratta di maggiorenni.

Non solo per ragioni didattiche, ma anche e soprattutto alla luce della estesa giurisprudenza statunitense in materia di consenso. Nel caso di un netto rapporto di forza tra le parti – come nel caso di uno studente e di un insegnante –si pone il tema della la libertà del consenso, visto il possibile assoggettamento psicologico di chi si trova in posizione gerarchicamente inferiore. Con il rischio, quindi, di arrivare all’ipotesi di violenza o molestia sessuale.

Il rischio del licenziamento

Tuttavia, nel caso di Roma il rischio più concreto per la dirigente scolastica è quello di subire un procedimento disciplinare, che potrebbe anche portare al suo licenziamento. 

Da dipendente pubblica, il suo contratto di lavoro collettivo prevede un codice disciplinare, che indica esplicitamente i casi di sanzione e con quale gradazione. Nel caso dei contratto dei dirigenti scolastici, l’articolo 28 prevede che «ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo» si applichi il licenziamento con preavviso nel caso in cui ci sia «la recidiva nel biennio di atti, comportamenti o molestie a carattere sessuale o quando l’atto, il comportamento o la molestia rivestano carattere di particolare gravità o riguardino, comunque, studentesse o studenti». È chiaramente previsto e sanzionato, quindi, il caso di atti a carattere sessuale (quindi consenzienti) che coinvolgano dirigenti e studenti.

La regola così codificata risponde al principio secondo il quale questo comportamento compromette la funzione didattica della dirigente scolastica e viola anche i doveri di fedeltà nei confronti del datore di lavoro pubblico.

Infatti, accanto al profilo disciplinare, si potrebbe ipotizzare anche un danno all’immagine dell’amministrazione scolastica che potrebbe chiedere un risarcimento alla dirigente.

Se così fosse, si attiverebbe un procedimento disciplinare interno al ministero dell’Istruzione, in contraddittorio e quindi con la possibilità di difesa della dirigente. Al termine verrà irrogata la sanzione disciplinare e, dopo la notifica del procedimento sanzionatorio, l’amministrazione potrebbe anche formulare una richiesta di risarcimento per danni di immagine. In questo caso, la dirigente potrebbe contestare la richiesta e la sanzione davanti al giudice del lavoro.

Queste sono le possibili conseguenze giuridiche. Anche nel caso in cui queste fossero più lievi, come la semplice sospensione, le ripercussioni di vita della dirigente rimangono: difficile cancellare, nella vita scolastica di tutti i giorni, una vicenda che ha avuto tanto clamore mediatico. E questo, probabilmente, a prescindere dal fatto che la storia raccontata dallo studente venga confermata.

 

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