Il quesito sulla scheda rossa al referendum del 12 aprile, che si terrà insieme alle elezioni amministrative, riguarda la cosiddetta legge Severino. Votando sì, ci si esprime per l’abolizione dell’intera legge.

La legge dell’ex ministra della Giustizia, Paola Severino, è stata approvata nel 2012 dal governo guidato da Mario Monti, ma è in realtà un testo unico nel quale si disciplinano i casi di eleggibilità e candidabilità di parlamentari e amministratori locali che siano sottoposti a procedimenti penali per alcuni specifici reati.

La decadenza

In particolare, il testo stabilisce una serie di limiti. I parlamentari, gli europarlamentari e i membri del governo non possono essere candidati oppure decadono dalla carica se, anche in corso di mandato, sono stati condannati in via definitiva a una pena superiore a due anni per delitti gravi di mafia e terrorismo; per delitti commessi da pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione; per reati per cui è prevista la reclusione non inferiore ai quattro anni. È sulla base della legge Severino che il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, è decaduto dalla carica di senatore nel 2014, in seguito alla condanna definitiva per frode fiscale.

Gli amministratori locali (regionali, provinciali e comunali), invece, non possono essere candidati se hanno riportato condanne definitive per delitti di mafia e terrorismo; per reati di corruzione e concussione in tutte le nuove declinazioni introdotte dalla legge Severino; coloro che hanno riportato condanna definitiva superiore ai due anni per delitti non colposi; coloro che hanno subito una misura di prevenzione con provvedimento definitivo.

I primi cittadini

I due articoli da sempre ritenuti più controversi – se pur considerati costituzionali da una pronuncia della Consulta – prevedono la decadenza o la sospensione degli amministratori locali anche nel caso in cui abbiano riportato condanna non definitiva – dunque in primo o secondo grado – per tutti i casi di incandidabilità. La sospensione cessa solo nel caso in cui poi vengano assolti nel successivo grado di giudizio.

Infine, i parlamentari e amministratori locali incandidabili dopo una sentenza di condanna definitiva rimangono sospesi per una durata temporale variabile, sulla base della sentenza di condanna ma in ogni caso non inferiore a sei anni, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza.

Le ragioni del sì

I promotori del referendum sostengono che la legge Severino vada interamente abolita, eliminando così qualsiasi automatismo per i casi di incandidabilità e ineleggibilità e soprattutto eliminando il meccanismo che sospende gli amministratori locali anche in caso di condanna solo di primo grado, che può poi venire ribaltata nei gradi successivi. In questo modo, i condannati per questi reati potranno comunque essere dichiarati incandidabili, ma sulla base di una decisione del giudice del processo che può irrogare, insieme alla condanna, anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.

Le ragioni del no

Chi invece sostiene che la legge Severino debba rimanere in vigore, ritiene invece che questo automatismo vada mantenuto e che la legge vada riformata in via parlamentare. In particolare, nella parte che prevede la sospensione in caso di sentenza non definitiva. Con una modifica parlamentare, infatti, la legge può essere corretta in modo chirurgico, mantenendo però lo stop per i condannati per mafia, terrorismo e gravi reati contro la pubblica amministrazione. La legge, infatti, è stata approvata su stimolo europeo come strumento per combattere la corruzione nella pubblica amministrazione.

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