Più parla, più gli vengono in mente casi in cui l’attuale riforma penale produce cortocircuiti insensati, come nel caso dei reati con l’aggravante mafiosa perseguibili a querela. E, all’opposto, casi non previsti e in cui la procedibilità a querela invece che d’ufficio sarebbe molto funzionale.

Alfonso Sabella, giudice al tribunale di Roma ed ex sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo di Gian Carlo Caselli, analizza le norme appena entrate in vigore e che trasformano alcuni reati da perseguibili d’ufficio a perseguibili solo dopo la querela della persona offesa, tra cui anche le lesioni, il sequestro di persona semplice e il furto anche aggravato, e trae una sola conclusione: «Riforme di questo genere andrebbero scritte dai magistrati che lavorano nel processo, non dai professori universitari che un processo non l’hanno mai fatto». 

La strada di modificare la procedibilità di alcuni reati è stato un errore di impostazione del legislatore?

Io non sono contrario a prescindere a portare alcuni reati dalla procedibilità d’ufficio a quella a querela. Il punto è che la scelta di quali avrebbe dovuto essere fatta da persone con una conoscenza anche minima di quel che accade quotidianamente negli uffici di procura e in quelli di polizia giudiziaria. Chi ha scritto la riforma lo ha fatto sulla base di dati teorici, ma con poca consapevolezza della realtà.

Il mancato inserimento dell’aggravante mafiosa tra quelle che fanno scattare la perseguibilità d’ufficio è l’errore più macroscopico?

Non vedo dolo, ma anche questo è frutto di norme scritte da chi non ha mai messo piede in tribunale. Questa mancata previsione è un enorme problema a livello organizzativo, pratico ma soprattutto morale: abbiamo già visto il caso dei boss di Palermo, per cui la mancata querela impone allo stato di rinunciare alla potestà punitiva, senza alcuna contromisura. Reati ora a querela, come la violenza privata anche con aggravante della finalità mafiosa, spesso sono estorsioni non dimostrate, ma chi vuole che quereli un mafioso? 

Basterà una correzione con i decreti correttivi?

Penso che si determineranno comunque moltissimi problemi, perchè si tratta di norme penali di favore. Noi giudici ci arrabatteremo a sostenere che sono norme processuali per evitare il favor rei e ridurre i danni al minimo, ma dovremo tendere al massimo i principi giuridici. 

L’elenco dei reati ora perseguibili a querela è così implausibile?

La vera questione sono i paradossi che si generano. Nella normalità, la stragrande maggioranza dei casi di lesioni è accompagnata da querela anche se non sarebbe necessaria. Renderla perseguibile solo a querela, quindi, esclude tutti quei casi i cui la vittima non ha il coraggio di querelare, che poi sono anche i casi in cui esiste un vero pericolo per l’ordine pubblico. 
Mi fa qualche esempio di cortocircuiti?

Prenda il caso della violenza privata tra tifosi, in cui il reato è commesso reciprocamente. Prima era procedibile d’ufficio, ora invece bisognerà sperare che uno dei due sporga querela. Ancora: quando lavoravo a Napoli spesso bande di criminali non camorristi sfondavano con i tir i magazzini dei supermercati per svaligiarli e i carabinieri spesso li fermavano in flagranza. Ora che fanno, li lasciano andare se non si trova il proprietario del supermercato che sporga querela?

Nel caso del furto, però, le statistiche parlano di 31 mila procedimenti celebrati e conclusi riconoscendo la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Guardi, quando ero pm a Termini Imerese ho visto casi di poveri cristi che l’8 marzo venivano arrestati in flagranza per furto pluriaggravato dalla violenza sulle cose esposte a pubblica fede, perchè rubavano qualche ramo di mimosa dalle piante lungo l’autostrada. Io non sono astrattamente contrario alla perseguibilità a querela del furto, ma esistono alcune aggravanti che dimostrano la capacità criminale e rendono necessario che lo stato possa punire indipendentemente dalla querela. 

Vede casi in cui la procedibilità a querela sarebbe servita?

Ce ne sarebbero che produrrebbero anche effetti deflattivi, le faccio un esempio solo del settore di cui ora maggiormente mi occupo. Esistono casi di maltrattamenti in famiglia in cui per un certo tempo c’è forte conflittualità tra i coniugi, ma poi interviene una reale riappacificazione e i due tornano insieme dopo la crisi, il reato però rimane perseguibile d’ufficio. Ritengo che sarebbe di buon senso prevedere specifici e determinati casi in cui l’azione penale vada rimessa alla reale volontà della persona offesa.

Quale sarebbe stata la strada giusta da seguire?

In generale bisogna partire dalla revisione delle circostanze attenuanti e aggravanti, aggiornandole alle reali esigenze dell’oggi, e correggere alcuni refusi ordinamentali. Anche qui un esempio: se massacro mia moglie di botte decide un giudice monocratico, se la mando a quel paese ma lo faccio davanti a mio figlio minorenne decide il tribunale in composizione collegiale. Poi andrebbero riequilibrate le pene: la minima è l’unica che si utilizza davvero. Oggi si rischia di più per un rave party che se si gira con un’arma in un luogo pubblico. Infine, si sarebbe dovuto procedere a una seria depenalizzazione, favorendo invece le sanzioni amministrative, e sgravare i giudici da una serie di attività inutili. Invece si preferisce fare giustizia creativa, giocando con le statistiche.

Perchè dice che si gioca con le statistiche?

Perchè, per ridurre i numeri dei procedimenti sui ruoli, ora ci viene chiesto di emettere sentenza sugli irreperibili. Mi spiego: prima della riforma, se l’imputato è irreperibile si sospende il processo con ordinanza e la si rinvia di anno in anno, ordinando le ricerche fino a quando non viene trovato e lo si può processare. Una procedura rapida e veloce. Oggi, invece, la riforma prevede che, in caso di irreperibilità, si emetta sentenza di non luogo a procedere, così si toglie la pratica dal mucchio. Poi, se l’imputato si trova, la sentenza viene revocata e si ricomincia. In astratto si tolgono numeri dalla mole di procedimenti aperti, nei fatti non cambia niente.

Secondo lei questa riforma ridurrà i tempi dei processi, come chiede il Pnrr?

Lo spero, ma so dirle cosa in questa riforma non li ridurrà. Per esempio la sciatteria del rinnovamento dell’ascolto dei testi nel caso in cui cambi il giudice, a meno che non ci sia la videoregistrazione. Pretendere che le persone vadano risentite se cambia il giudice è assurdo, perchè con gli organici così ridotti è automatico e scontato che succeda: io non ho processi in cui non ci siano stati almeno tre cambi di giudice. Va bene la videoregistrazione, ma andava rinviato di un anno l’ingresso in vigore per dotarci degli strumenti. Invece proprio ieri ho dovuto mandare a casa i testi che erano venuti per essere sentiti, me ne sono vergognato ma non potevo fare altrimenti, sperando la prossima volta di avere un collegio stabile, ma a Roma sono meno del 30 per cento.

Lei ipotizza depenalizzazioni, ma se non è possibile modificare nemmeno la procedibilità dei reati senza fare danni, davvero si potrebbe cancellarne alcuni? 

Anche qui, bisognerebbe ascoltare chi fa processi tutti i giorni. Buona parte dei reati edilizi e di quelli ambientali potrebbero essere depenalizzati, a patto che si facciano funzionare le sanzioni amministrative che a ben vedere sono decisamente più efficaci. Per esperienza le dico che il 99 per cento dei sequestri preventivi in materia edilizia sono determinati dall’incapacità o dalla mancanza di coraggio dei comuni di adottare i loro provvedimenti amministrativi. Invece tutto finisce a intasare il ruolo monocratico della giustizia penale, con reati edilizi inutili, che nemmeno arrivano a dibattimento perché si prescrivono in 5 anni.

Per chiudere, salva qualche aspetto della riforma penale?

Ma certo, la riforma contiene tante cose positive, come le notifiche telematiche e la spinta per la digitalizzazione. Anche l’ufficio del processo ci ha dato una mano e l’idea è stata ottima. Io ho avuto con me due o tre giovani laureati che hanno certamente favorito il mio lavoro. Bisogna continuare su questa strada, alleggerendo il carico di lavoro e togliendo ai giudici mansioni che non ha senso assegnare loro, come le liquidazioni dei custodi o dei patrocini degli avvocati, per cui servirebbero ragionieri, non magistrati. Però non riesco a non pensare che, complessivamente, questa sia stata un’occasione persa per riformare la giustizia, rendendola finalmente efficiente.

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