Slitta ancora una volta il termine per la presentazione in commissione Giustizia alla Camera degli emendamenti al ddl penale, il disegno di legge che dovrebbe riformare il processo e ridurne i tempi. È solo l’ennesimo rinvio: dopo la nascita del nuovo governo, la scadenza era stata fissata per il 29 marzo. Di settimana in settimana, il nuovo termine è stato fissato per il 4 maggio. Il Pnrr fissa la data di approvazione definitiva del ddl per fine 2021. In appena sei mesi, dunque, bisognerebbe approvare il testo definitivo sia alla Camera che al Senato, accogliendo anche i rilievi della commissione di esperti del ministero della Giustizia.

Questa volta il rinvio è maturato dentro la maggioranza di governo e la richiesta è stata presentata da Italia viva, che l’ha giustificata con ragioni tecniche. Il termine è stato aggiornato, ma ormai gli schieramenti sono delineati. A giocare d’anticipo sul tema è stato il Partito democratico, che in settimana ha presentato i suoi emendamenti. Punti centrali: riforma dei riti alternativi con una maggiore premialità fino al 50 per cento della pena in caso di scelta di patteggiamento e abbreviato; salvataggio della legge Bonafede sulla prescrizione, corretta però dalla prescrizione processuale per fasi (se l’appello dura più di due anni, scatta l’improcedibilità per gli assolti in primo grado e la riduzione di pena di un terzo per i condannati). «Eravamo pronti già dalle scadenze precedentemente fissate», ha commentato la responsabile Giustizia del partito, Anna Rossomando, secondo cui la richiesta di rinvio «è la dimostrazione che le nostre proposte hanno spiazzato chi in queste settimane ha usato la questione giustizia più per piantare bandierine e avere visibilità che per risolvere i problemi». Il riferimento è tutt’altro che velato e, non a caso, Lucia Annibali di Italia viva risponde indirettamente, scansando le polemiche politiche: «La richiesta di rinvio nasce dalla necessità di approfondire meglio tutta la legge delega, che è molto ampia e su cui noi ci siamo astenuti in consiglio dei ministri nel Conte II». Tuttavia questo diventa la conferma di come la maggioranza sia polarizzata.

I fronti contrapposti

Da un lato ci sono Leu e Pd, che puntano a salvare la riforma Bonafede che sospende la prescrizione dopo il primo grado, correggendola. Il Pd con la prescrizione per fasi e Leu sia con le fasi che con il lodo Conte bis, condiviso dalla precedente maggioranza, che prevede di differenziare la posizione di assolti e condannati. L’obiettivo è mantenere saldo l’asse con il Movimento 5 stelle evitando di smantellare completamente una norma bandiera per i grillini, che ancora non hanno formalizzato i loro emendamenti e sentono l’accerchiamento.

Dall’altro lato si muovono Forza Italia, Azione e Italia viva. Tutti e tre presenteranno emendamenti che abroghino del tutto la legge Bonafede e anche il lodo Conte bis, in modo da ripristinare il decorso della prescrizione. Non solo, i renziani puntano a modificare sostanzialmente anche la parte di legge che riguarda l’appello, cancellando in particolare gli articoli sull’appello monocratico (con il giudizio di un solo giudice e non più di un collegio). Del resto «noi abbiamo le mani e il cervello liberi e non sentiamo l’esigenza di tutelare le riforme dei Cinque stelle, ma di tutelare i cittadini tutti», dice Annibali, dato che «questa maggioranza più ampia rispetto al Conte II permette di arrivare a soluzioni migliori e costituzionalmente orientate». Sulla prescrizione Azione, con Enrico Costa, è ancora più drastica: «Estinzione del processo se la durata del primo grado supera i 3 anni, se quella del giudizio di appello è superiore a 2 anni e se quella del giudizio in Cassazione è superiore a un anno», con un aumento di un quarto del tempo solo in casi tassativi. Non sarà facile, quindi, per la guardasigilli Marta Cartabia fare sintesi tra posizioni tanto opposte, trovando un punto di caduta che accontenti tutte le anime della maggioranza.

 

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