La giustizia può divenire da zavorra, come viene molto spesso vista oggi, a grande opportunità e leva per la rinascita del paese.

Con questa convinzione un gruppo di 60 esperti (magistrati, avvocati, professori universitari, dirigenti, esperti di organizzazione, esperti comunicazione, tecnici) hanno lavorato insieme durante la pandemia per ragionare su quali potessero essere le prospettive future da mettere in campo per la giustizia in un’ottica post Covid, con l’idea che la tragedia che stavamo e stiamo attraversando sia un’occasione irripetibile per imporre una radicale accelerazione alla modernizzazione della giustizia.

Si tratta di professionalità legate da precedenti esperienze significative sia nazionali che locali di innovazione tecnologica e organizzativa (il Processo Civile Telematico, le Best practices) o impegnate in esperienze di attuazione dell’intelligenza artificiale nel mondo della giustizia.

Gli obiettivi

Un metodo inedito nel mondo della giustizia, un confronto collettivo che prende le diverse professionalità e competenze disciplinari come elemento non di scontro tra categorie, ma di ricchezza con l’idea che occorra oggi una prospettiva strategica su più dimensioni (tecnologiche, organizzative, giurisprudenziali, professionali e di ruolo) ed una visione complessiva al cui interno inserire anche interventi immediati, ma con l’ottica che non guardi solo al contingente.

Gli obiettivi individuati e declinati in interventi sono ambiziosi: una giustizia più connessa, integrata, meglio organizzata e innovativa, più vicina semplice e sostenibile.

I pilastri che a livello generale orientano la proposta del libro bianco possono essere riassunti in quattro grandi scelte: la digitalizzazione come progetto e non come mera tecnica, la creazione di poli territoriali con spazi di autonomia decisionale e forte responsabilizzazione come arricchimento ed avvicinamento al territorio della governance della giustizia, un rito telematico unitario flessibile, la valorizzazione del capitale umano esistente.

Digitalizzazione

La digitalizzazione della giustizia non come mera ed ovvia scelta tecnologica, ma come un vero proprio progetto di trasformazione organizzativa, applicazione delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale e di comunicazione su cui va recuperato un pieno dominio. La digitalizzazione è un’ipotesi strategica di supporto, riconcettualizzazione e ridisegno della giustizia nei suoi diversi aspetti.

Digitalizzazione non significa solo nuova strutturazione del processo, ma gestione complessiva degli uffici, oltre che maggiore capacità di programmazione, monitoraggio e di sviluppare dei rapporti con le realtà territoriali, tutti punti deboli, se non assenti dell’attuale sistema della giustizia.

L’obiettivo è di coniugare una buona organizzazione con una buona giurisdizione. Gli edifici giudiziari vanno digitalizzati per poterli gestire con conoscenza, qualità ed efficienza.

La litigiosità nei suoi diversi settori va letta, capita e gestita verificando, ad esempio, i campi in cui le modalità di soluzioni alternative (mediazione, negoziazione assistita, conciliazione) possono essere più utili e proficue. Vanno costruiti supporti per rendere più agevole e di migliore qualità il lavoro dei magistrati, degli avvocati e di tutti gli operatori giuridici, partendo dai loro fabbisogni, coinvolgendoli davvero nella applicazione delle nuove tecnologie.

banche dati

Vanno realizzate banche dati della giurisprudenza pubbliche e certificate che possano fornire a operatori e cittadini un quadro degli orientamenti esistenti, con un effetto di trasparenza e di deflazione. Va assicurato un costante controllo di gestione che aiuti un continuo miglioramento quantitativo e qualitativo del lavoro di diversi uffici.

Poli territoriali con spazi di autonomia decisionale e forte responsabilizzazione non significano un nuovo federalismo, ma prendere atto dell’impossibilità da parte del Ministero (e del C.S.M.) di mantenere una gestione totalmente centralizzata, cieca alle esigenze dei territori, con effetti di de responsabilizzazione degli operatori sul campo e con oneri di governo ingestibili.  

I territori vanno valorizzati per arricchire la governance della giustizia con altre risorse e con strutture responsabilizzate e dotate di spazi di autonomia, valorizzando e qualificando nel contempo il ruolo di propulsione, regolazione, coordinamento e supporto di Ministero e CSM.

Il Ministero deve accrescere il suo ruolo di governo delle tecnologie. I poli territoriali possono rappresentare un valore aggiunto per la governance del sistema arricchito dalla collaborazione con l’avvocatura e gli enti territoriali.

I poli territoriali

Puntare su poli territoriali (oggi identificabili in linea di massima con i distretti) significa apertura ai territori, coinvolgere nuove risorse e dare un’attenzione particolare alla possibilità di forme di finanziamento derivanti dalla riallocazione di somme che vengono loro da una nuova impostazione del recupero del contributo unificato e delle sanzioni pecuniarie. Con l’idea di garantire ai cittadini una semplicità di accesso e di prossimità per moltissimi servizi, grazie all’interazione tra giustizia e territori.

Va superata la logica degli attuali modelli processuali totalmente cartacei per realizzare un unico rito di cognizione non solo coerente con le tecnologie oggi disponibili, ma anche trasparente, garantito, semplice, unitario e flessibile, lasciando agli attori professionisti del processo la responsabilità di scegliere il percorso più efficace. Sono fondamentali i modelli di giustizia alternativa, eliminando ogni interferenza tra mediazione e processo.

L’ufficio del processo

L’ufficio per il processo, ovvero la costruzione attorno ai magistrati di staff di esperti delegati al supporto dell’attività di gestione dei procedimenti giudiziari, è uno strumento di miglioramento qualitativo dell’attività che reca una nuova impostazione che supera l’isolamento professionale e organizzativo del giudice per associarlo a squadre di lavoro.

Questo metodo, che ha già dimostrato una grande efficacia e capacità di accelerazione dei processi di lavoro, si deve basare su strutture professionali stabili e quindi su nuovi profili di competenze e carriera all’interno degli uffici giudiziari.

La convinzione che orienta tutta la proposta è la certezza che nel mondo giustizia ci siano risorse, potenzialità e capacità perché essa possa diventare una leva di eccellenza amministrativa.

Questa convinzione trova fondamento nella costatazione che il personale che opera nella giustizia costituisce un capitale umano di alto livello, oggi scarsamente utilizzato perché prevalentemente, finalizzato a meri risultati numerici quantitativi.

Persone, professionisti pubblici, che vanno valorizzati, a cui va dato spazio di sviluppo e responsabilità, accompagnandolo nelle trasformazioni anche professionali che si imporranno nel processo di trasformazione organizzativa della giustizia. Un processo di sviluppo che ovviamente richiede anche un forte investimento sui giovani.

I fondi europei

Si tratta di una proposta che può essere tanto più preziosa in un momento in cui i fondi del Next generation UE danno un’occasione senza precedenti di ridisegnare il nostro sistema giudiziario. Un contributo che non ha pretesa di essere esaustivo (non si sono affrontati tutti gli interventi necessari ad esempio nel settore penale, anche se alcune prospettive lo coinvolgono inevitabilmente), ma con idee guida chiare, correlate e con proposte concrete.

Non dobbiamo rassegnarci a tornare ad una normalità pre covid, in fin dei conti per nulla appetibile. Occorre essere sognatori pragmatici, ed avere la capacità di delineare un disegno ed una vision complessiva, ma partendo dalla realtà quotidiana e da progetti immediati, a medio tempo e di lungo respiro.

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