Il 2021 sarà l’anno delle riforme della giustizia: quella del penale, del civile e del Csm sono già incardinate, ma il Pd ne chiede una quarta: «Ci faremo promotori della riforma del sistema carcerario, recuperando la riforma Orlando che non è stata portata a compimento», ha detto Walter Verini, tesoriere del partito ma che da sempre che si occupa del tema giustizia nel Pd.

Il 2020 è stato un anno terribile per la giustizia, bloccata dal covid.

Il funzionamento ordinario ha risentito pesantemente del blocco delle udienze, tuttavia mi sembra che si sia riusciti a trasformare il disagio in opportunità. Alcune procedure telematiche sono diventate una prassi e si è praticata l’udienza da remoto. Queste nuove modalità hanno modernizzato la nostra giustizia.

Il 2021 sarà davvero l’anno delle riforme di sistema?

A metà gennaio scadrà in commissione alla Camera il termine per gli emendamenti alla riforma del processo penale. Per quanto riguarda il civile, al Senato è incardinata la riforma complessiva e, anche per dare risposta non solo alle richieste europee, ma alle urgenze,  è molto probabile che il governo interverrà con alcune anticipazioni attraverso un decreto.

L’Europa chiede di velocizzare i tempi dei processi, basta quanto previsto nel Recovery plan?

Il 2020 è stato un anno importante per le assunzioni, sia di magistrati che di personale di cancelleria. Ora è il momento di riformare il modello organizzativo. Le riforme in cantiere vanno nella direzione di abbattere i tempi dei processi: per il civile attraverso la semplificazione dei riti, per il penale con la fissazione di tempi certi per le fasi di indagine e i gradi di giudizio, in modo da non superare i 6 anni.

Il Pd ha chiesto un cambio di passo al governo, vale anche per la giustizia?

Sì e in particolare per la riforma del carcere. Come Pd abbiamo un cruccio: con Andrea Orlando avevamo scritto una riforma importante, che però non è riuscita a percorrere l’ultimo miglio anche a causa di una insufficiente spinta da parte del Consiglio dei ministri, Guardasigilli a parte. E il governo con Salvini ha seppellito la riforma con la logica del “buttiamo via la chiave”. Noi intendiamo riprendere le parti innovative di quella riforma e le trasformeremo in una proposta di legge: tra gli obiettivi anche la depenalizzazione di alcuni reati che non creano allarme sociale, il rafforzamento delle misure alternative al carcere e i dei percorsi trattamentali di rieducazione. Oggi le carceri sono prevalentemente luoghi solo afflittivi, inadeguate a reinserire nella società chi ha sbagliato e scontato la pena. E se un detenuto viene riabilitato e reinserito, non torna a delinquere.

Il ministro parla di costruire nuove carceri, anche coi fondi del Recovery fund. Serve?

Noi non pensiamo tanto a nuove carceri, ma pensiamo che i fondi europei potrebbero essere ben impiegati per interventi dentro i perimetri carcerari, per allestire dentro le aree sterne e nelle strutture già esistenti luoghi di socialità e formazione. 

L’altra riforma in discussione è quella del Csm ma ha trovato l’opposizione di una parte della magistratura. Si riuscirà a farla?

Dobbiamo farla, altrimenti politica e magistratura perderanno un’occasione storica. Abbiamo bisogno di restituire credibilità al sistema giudiziario e alla magistratura, ma per farlo serve uno sforzo forte da parte soprattutto dei magistrati.

Si riferisce alle correnti?

Non alle correnti, ma  a quel correntismo che è sinonimo di carrierismo. Nessuno è contrario al pluralismo delle idee, ma le correnti negli ultimi anni sono state altro. Ecco perché dico che serve uno scatto soggettivo, come auspicato anche dalla magistratura stessa. La riforma è solo la proiezione normativa di questo, se non c’è la forza di autoriformarsi da parte della magistratura, una nuova legge servirebbe a poco.

Una parte dei togati ancora ragiona dell’opportunità di scegliere con sorteggio i membri da nominare al Csm.

Nel testo in parlamento questo non è previsto e io credo che il sorteggio abbia aspetti di incostituzionalità. I magistrati devono essere eletti, non sorteggiati. Tuttavia si terranno le audizioni e ci sarà spazio per il confronto in aula. Il testo attuale potrà subire modifiche ma per ora i capisaldi ci sono: nuova legge per eleggere i togati con una nuova fisionomia dei collegi; separazione tra commissione che fa le nomine e commissione che si occupa della disciplina; garanzia della parità di genere.

Italia viva sembra voler riaprire il dibattito sulla prescrizione.

Il tema è importante, ma secondario rispetto alla vera sfida: quella di far sì che il processo penale abbia tempi ragionevoli, in modo che i procedimenti non arrivino alla prescrizione. Se tutto rimanesse come ora la prescrizione tornerebbe ad essere una questione, ma mi chiedo: interessa di più agitare  il tema della prescrizione o garantire la ragionevole durata dei processi lavorando al ddl penale? Interessa più un processo che nei tre gradi abbia un esito in sei anni o processi infiniti nei quali la prescrizione sia una legittima difesa per gli imputati, ma un’offesa per le vittime e un fallimento dello stato?

Renzi ha anche definito «giustizialista» il piano di Conte per la giustizia…

Io credo che tutti noi abbiamo il dovere di rendere meno tossico il dibattito sulla giustizia. Bisognerebbe smetterla sia con il falso garantismo, che scatta a corrente alternata a seconda del soggetto in questione, ma anche con il populismo giudiziario a cui spesso ha ceduto soprattutto il Movimento 5 Stelle. Basta con la giustizia come terreno di lotta politica. 

E quale è la via di mezzo?

Quella che riporta ai capisaldi fondamentali, a partire dalla presunzione di innocenza: un avviso di garanzia o una sentenza di primo o secondo grado non possono essere usati come indizi di colpevolezza. Il problema riguarda anche i giornali: basta vedere come un certo modo di raccontare i processi, che poi magari si sono conclusi con l’assoluzione, ha cambiato la vita dei cittadini e persino il corso di vicende politiche.

Un politico indagato deve dimettersi?

La presunzione di innocenza è il pilastro da cui muovere ogni ragionamento. Poi ogni singolo ha il diritto - e anche il dovere - di fare le proprie valutazioni di opportunità politica, eventuali passi indietro compresi, ma il punto è che non si può considerare colpevole fino a prova contraria chi ha ricevuto un avviso di garanzia, perché così si sovverte la logica del nostro sistema giudiziario. Un sistema, però, che deve dare giustizia in tempi rapidi, nell’interesse sia degli imputati che delle vittime: solo così si può contribuire all’europeizzazione del Paese.

La lista di cose da fare per il 2021 è molto lunga, ce la farete?

Se la legislatura dura fino al 2023 e lavoreremo bene, il parlamento potrebbe approvare tutte le grandi riforme: civile, penale, carcere e Csm. Spero possa nascere un patto virtuoso anche con l’opposizione. Confrontiamoci e lavoriamo insieme per un obiettivo che credo sia interesse comune di tutti: abbattere tempi della giustizia, costruire un sistema giudiziario efficiente, civile e moderno. 

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