Passato il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria Maddalena e l'altra Maria andarono a visitare il sepolcro. Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma l'angelo disse alle donne: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto». (Vangelo secondo Matteo, 28, 1-7).

È una distanza incolmabile. Da una parte gli uomini di fede, dall’altra i non credenti, nelle varie declinazioni possibili. Dagli atei agli agnostici, a quelli che vagheggiano sul proprio essere spirituale, ma in fondo che importa?

Un uomo può tanto, ma non tutto. Può convincere popoli interi a scatenarsi contro altri popoli, oppure rendere legittimo l’uso di una bomba all’idrogeno per portare la pace. Ma un uomo non può convincerne un altro ad avere fede. Può suggestionarlo, illuderlo, irretirlo e infine manipolarlo. Ma quello che gli venderà è altra cosa rispetto alla fede.

La fede, quella vera, compie un movimento verticale, dall’alto verso il basso, bagna appena la fronte del prescelto, poi è lui a dover ricambiare, giorno per giorno, amando nell’unica misura possibile. A dismisura.

La fede non si può dimostrare. È un corpo a corpo. Un amore ricambiato. Di quelli che non si possono capire da spettatori.

E tutti quelli che non vengono baciati da questa fortuna? I normali? Come chi ha scritto queste righe, come tanti che leggeranno. A noi, i sospesi tra terrore e speranza, cosa tocca?

Potremmo lasciarci andare al racconto del nulla che tanti, tantissimi, ci offrono come niente fosse. Sorridere amaramente, un ghigno terribile, e dire: «Sì, tutto è spiegato, dal nulla nasciamo, concrezioni biologiche consapevoli per sbaglio, e al nulla torneremo, all’eterno silenzio, noi e i nostri amori».

Oppure restare in bilico, dentro uno slancio che perde e ritrova vigore a seconda dei giorni. Dirci davanti allo specchio che quel nulla che tanti ci offrono è disumano, che forse è la verità ultima, ma che conviverci è come ingoiare una maledizione che resta in gola.

Affidateli voi i vostri figli, i padri e le madri, al nulla, ma fatelo fino alla fine, spingetevi con la vostra immaginazione, non censuratevi, fateli nella vostra mente divorare dal nero.

Chi non vorrebbe promettere, con voce appena udibile, all’orecchio della sorella pronta alla morte: «Non temere, sarai ancora, ancora saremo».

Come cristi usciremo dai sepolcri, abbracciati ai nostri corpi.

Alla fine, la vita è tutta in questo viaggio pendolare, sospesi tra due opposte forze, mai veramente accolti da nessuna delle due. Speranza e disperazione.

Ma, vi prego, non facciamo finta di niente.

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