E’ cambiato il governo, ma nulla sembra cambiare nel metodo di costruzione del Piano Ripresa e Resilienza. La stessa assenza di dialogo con la società (singoli ministri a parte, come prima). La stessa chiusura nelle stanze, ora sacralizzata come un pregio dalla narrativa della “riservatezza”. La stessa McKinsey, che poco può dare e molto può prendere.

E così, per la governance del Piano, mentre il ministro Daniele Franco conferma in Parlamento i “due livelli” - ministero Economia e ministeri – e ribadisce opportunamente la necessità di «un deciso rafforzamento delle strutture tecniche e operative deputate all’attuazione degli interventi», apprendiamo da rivelazioni raccolte da Federico Fubini per il Corriere della Sera di una “Gran Strategia” con cui questo rafforzamento verrebbe affrontato.

Qui arriva la sorpresa amara: i 300 esperti a tempo del primo Conte salgono a 500 e il metodo per attrarli è perverso. Smontare un simile progetto ci aiuta a capire l’alternativa che pure esiste.

Meglio assunzioni stabili 

La Gran Strategia prevederebbe assunzioni a tempo determinato. Il motivo sarebbe che il Piano non può finanziare il tempo indeterminato. Vero, ma è un alibi che vale poco. Come facciamo osservare da due anni – era il marzo 2019 quando il Forum Disuguaglianze Diversità lanciò una prima proposta – le pubbliche amministrazioni italiane devono rinnovare per ricambio generazionale oltre mezzo milione di dipendenti. Se ne assumano 30-40mila per gli scopi del Piano. Subito.

La Gran Strategia non lo può fare, si prosegue, perché “le procedure per reclutare nuovi profili sono inadeguate e troppo lente”. Secondo alibi, che non tiene. Anziché prendere di petto le storture dell’amministrazione, come chiedono il paese e Bruxelles, ci si darebbe per sconfitti.

Certo che il tempo medio fra bando e assunzione è di 16-18 mesi. Certo che tante e tanti giovani, spesso il meglio, rinunziano dopo 3-4 anni di attesa. Certo che non abbiamo questi tempi. Ma è anche vero che decine e decine di buone amministrazioni hanno realizzato bandi di qualità in tempi rapidi, fra i 3 e i 6 mesi. Specie ora, sotto la pressione della crisi pandemica. Si può fare. Lo si faccia. Cos’altro è “riformare” se non questo?

La Gran Strategia, invece, mirerebbe ad assumere 500 figure di vertice con chiamata diretta, da collocare «per esempio nei gabinetti dei ministri […] l’idea è di creare un’osmosi dal settore privato al pubblico, in vista di un ritorno al privato in seguito […] sulla base di retribuzioni che non scoraggino i più capaci dal servizio nello Stato».

Se fosse vero, saremmo di nuovo a scorciatoie velleitarie, frutto di incompetenza, con in più il disprezzo per il pubblico interesse. Prima di tutto, è inutile e contro-producente costruire sovra-strutture volatili che vivono la vita di un ministro o di un governo.

Abbiamo viceversa bisogno di rafforzare, subito, lo ripetiamo da mesi, i singoli ministeri centrali, il loro corpo stabile: «Sono questi vertici e le loro strutture che, ove necessario, vanno sostituiti senza esitazioni, anche con immissioni esterne opportunamente selezionate», abbiamo scritto con Mario Monti, proprio sul Corriere.

E poi il metodo di reclutamento. Sei incompetente o in cattiva fede se non capisci che la carta per attrarre le persone migliori è proprio quella della “missione pubblica”.

Quelle persone chiedono una sola cosa: avere obiettivi chiari e un ruolo di responsabilità nella macchina. Sono queste le carte che il Piano consente di giocarsi: missione, risultati attesi, ruolo.

Se invece ti giochi i soldini o, peggio, l’opportunità per l’esperto a tempo di portare a casa (privata) “informazioni privilegiate”, allora attrarrai le persone a cui non vuoi affidare la cura del pubblico interesse. E darai un segnale micidiale a chi nelle pubbliche amministrazioni già lavora, dando l’anima. Sei votato a fallire.

Cosa fare ora

Il Piano resta la chiave per avviare la costruzione di un paese più giusto. Per farlo il governo deve e può: motivare le filiere amministrative che dal centro alla periferia avranno in mano il Piano, assegnando loro risultati attesi e verificabili; definire i fabbisogni di personale – per competenze disciplinari (ingegneri, biologi, geologi, informatici, urbanisti, sociologhi, etc.) e organizzative; reclutare con metodi rapidi ed efficaci, che facciano buon uso del digitale; curare l’amalgama fra vecchi e nuovi. Non bisogna inventare nulla.

Basta portare con intelligenza a sistema, in poche settimane, una miriade di esperienze in atto. Il ministro Renato Brunetta, oggi in parlamento, ha costituito una Commissione. Va ascoltata.

Noi ForumDD, assieme a ForumPA e Movimenta, forniremo prestissimo altro materiale. Chiamiamo tutti a impegnarsi perché il buon senso prevalga.     

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