Non passa giorno senza un richiamo sulla incapacità del nostro settore pubblico di garantire la rapida attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il rischio di dover restituire una sostanziosa fetta dei finanziamenti si fa sempre più concreto.

Molti esperti segnalano che senza stazioni appaltanti qualificate, che siano capaci di gestire bene il contratto, in tutte le sue fasi, come autorevoli interlocutori delle imprese, non solo non realizziamo, da qui al 2026, il Pnrr, ma ci condanniamo a non spendere le risorse per investimento, chiave per lo sviluppo del paese, anche nel futuro.

La frantumazione delle stazioni appaltanti

Da decenni l’Italia combatte con la frantumazione delle stazioni appaltanti, oltre 35mila, nella quasi totalità prive di capacità tecniche, anche minime.

Se disponessimo di un numero limitato, ma territorialmente ben distribuito, di stazioni appaltanti qualificate – 100 se consideriamo le sole province e città metropolitane, 200 se comprendiamo anche i comuni capoluogo -, queste sarebbero in grado di operare anche per le amministrazioni minori e di garantire un adeguato livello di progettazione pubblica.

Solo per opere di grande complessità si farebbe ricorso all’affidamento esterno del progetto, ma con una diversa capacità di valutare il risultato. Se il progetto ha un sufficiente grado di precisione i rischi legati all’appalto integrato si riducono, perché l’impresa aggiudicataria si limita a un progetto che è effettivamente solo esecutivo di una progettazione pubblica che ha già fatto le più significative scelte tecniche.

La stazione appaltante qualificata è in grado di gestire, per conto delle amministrazioni interessate alla realizzazione dell’intervento pubblico, anche la gara e tutta la fase esecutiva, ivi compresa l’eventuale approvazione, sostanziale non formale, del subappalto. La stazione appaltante qualificata è in grado di gestire appalti, che restano complessi anche dopo la relativa “semplificazione” del nuovo codice, e di utilizzare le tecnologie informatiche, per lo svolgimento della gara – ma non solo, si pensi all’impiego del Building information model - e per garantire la massima trasparenza.

Gli investimenti che mancano

Questo governo, in piena continuità con i suoi predecessori, continua nella politica del rinvio. Da un lato sembra accelerare, dall’altro adotta provvedimenti contrastanti con l’obiettivo.

Il nuovo codice dei contratti, redatto da una commissione che ha operato presso il Consiglio di stato, semplifica le procedure di qualificazione: i requisiti generali sono fissati per legge, quelli più specifici sono nell’allegato, modificabile facilmente. Alcune amministrazioni sono qualificate di diritto come le province e le città metropolitane, ma poi devono mantenere nel tempo il rispetto dei requisiti. La verifica del raggiungimento degli obiettivi spetta all’Anac, che può farla rapidamente.

Il problema è che non basta fissare l’asticella, con i nuovi requisiti organizzativi, di personale e tecnologici, se poi non si creano le condizioni oggettive, organizzative per superarla. Occorrono investimenti seri, significativi e costanti, sul piano del reclutamento di personale tecnico molto qualificato e della digitalizzazione dei contratti, che anche questo governo si rifiuta di fare.

Il guaio di Salvini

Ma c’è di peggio: il ministro Salvini, che di recente è stato elogiato come il “ministro del fare”, ha operato solo per peggiorare la situazione, facendosi portavoce dell’Anci.

Su sua richiesta il testo licenziato il 16 dicembre 2022 e ora all’esame del parlamento ha fissato un importo molto elevato cioè 500mila euro, per consentire ai piccoli comuni di continuare a svolgere le gare anche senza qualificazione.

In questo modo tra affidamenti diretti, procedure negoziate e gare fatte da amministrazioni non qualificate, oltre ai rischi che si corrono, come la mancata cura dell’interesse pubblico, sprechi e corruzione, l’obiettivo della qualificazione è ancora una volta rimandato a tempi migliori.

Il modello Genova, di nuovo

Ma non basta: già in un precedente articolo si sono segnalate le incertezze sull’effettiva entrata in vigore del nuovo codice. In definitiva, un bel pasticcio, tanto grave che lo stesso governo, mentre rassicura l’Europa sulle nuove regole concorrenziali a regime, ha adottato l’ennesimo decreto legge per derogare le regole vigenti, con i soliti strumenti emergenziali – i commissari straordinari, che tanto piacciono agli evocatori del “modello Genova” - e con nuovi strumenti, molto opinabili, come l’estrema centralizzazione degli interventi, il commissariamento degli enti locali in ritardo, un nuovo via libera ad affidamenti diretti fino a 215mila euro per l’edilizia scolastica, l’assunzione di dirigenti a contratto, con annesso spoils system, che tutti contribuiscono a far passare il messaggio che la qualificazione delle amministrazioni ordinarie è aspetto secondario, proprio quando invece le si dovrebbe potenziare.

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