Dove siete finiti, voi cantori dell’impunità della politica mascherata dietro l’abusata etichetta di garantismo? Voi che non avete nulla di liberale, ma che teorizzate e praticate l’impunità del potere, voi che considerate le sentenze di condanna degli errori giudiziari e quelle di assoluzione la prova di un complotto, forse vi siete persi l’ultimo sviluppo: la Corte di cassazione ha annullato l’assoluzione in appello dell’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, ora i giudici dovranno pronunciarsi di nuovo.

L’esito ha buone probabilità di essere una condanna, vista l’evoluzione del processo: arresto, condanna in primo grado, assoluzione in appello, Cassazione che annulla l’assoluzione.

Ma poco importa la sentenza ultima ai fini della valutazione politica di questo ex amministratore locale del Pd al quale Enrico Letta, a giugno scorso, offriva «un grande abbraccio» e chiedeva «un contributo al nostro lavoro nazionale».

Dopo la sentenza di appello, abbiamo visto la celebrazione di un martire, vittima di arresti ingiusti, con la carriera politica stroncata, costretto ad andare in analisi.

Luigi Di Maio, che probabilmente non aveva letto una riga delle carte processuali e neppure dei giornali, scriveva al Foglio una lettera dolente, “Mai più gogna, chiedo scusa”.

La cosa paradossale è che i giudici di diverso grado hanno dato valutazioni diverse della qualificazione giuridica dei fatti, che invece sono acclarati.

Da sindaco di Lodi, nel 2016, Simone Uggetti ha fatto pressioni su una una dirigente del comune onesta, Caterina Uggé, per aggiustare un bando in modo che la gestione di certe piscine comunali andasse a chi diceva lui, la Sporting Lodi di Cristiano Marini e Luigi Pasquini.

Ci sono le registrazioni audio, le mail, c’è il tentativo di Uggetti prima di far sparire le tracce dal computer e poi di interferire con l’inchiesta.

I giudici di appello avevano sostenuto la tesi, contestata dalla procura generale di Milano e ora pure dalla Cassazione, che truccare una gara non è reato se alla fine la pubblica amministrazione non ne viene danneggiata.

Non sono un giurista, ma ogni economista, e ogni liberale, sa che se la competizione è alterata e se i funzionari recepiscono il messaggio che devono aggiustare le regole per favorire gli amici del sindaco questo è di per sé un danno per la collettività e per il Comune, anche se per una coincidenza astrale la manipolazione della selezione fa vincere l’azienda migliore.

In un sistema giudiziario che offre ogni giorno spunti di indignazione, che si accanisce sui più deboli (a cominciare dai carcerati), elevare a simbolo della malagiustizia un amministratore locale che non solo si è comportato in modo scorretto, ma ha anche umiliato e messo sotto pressione una funzionaria onesta è un’aberrazione che indica soltanto l’idea di politica e amministrazione che ha un pezzo della nostra classe dirigente (e le sue propaggini nei media).

Se il Pd fosse un partito lontano parente di quello che denunciava la “questione morale”, dovrebbe rinnegare Uggetti e offrire una candidatura a Caterina Uggé.

Mentre i Cinque stelle dovrebbero recuperare il loro originale spirito che invocava “onestà” ma applicarlo davvero, con lucidità e argomenti, invece di usarlo come una clava contro i nemici e dimenticarlo per amici e alleati.

La vicenda del sindaco Uggetti ricorda, a tutti, ma soprattutto ai sedicenti “garantisti”, che talvolta si può e si deve dare un giudizio di un politico a prescindere dalle sentenze. E quello su Uggetti merita di essere pessimo adesso, come dopo la condanna di primo grado o dopo l’assoluzione in appello.

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