Teso a inseguire le sue mirabili promesse elettorali – più contanti in tasca a chi può, meno migranti sulle coste, più debito pubblico per tutti – il governo Meloni non cura quanto avviene oltre le Alpi.

Di qui gli svarioni politici che ci fan litigare con l'Europa tutta sui migranti, in sfregio dell'umano sentire, sulla scia di un altro governo di destra, il giallo-verde Conte 1; allora l'avvocato del popolo non s'era ancora scoperto un'anima di sinistra.

Cerchiamo pure aiuto in chi non può darcelo e fingiamo di credere che la Germania ci sostenga, per una frase di Manfred Weber «L'Italia non va lasciata sola», mero minimo sindacale; peccato che la sua Unione Cristiano-Sociale al Bundestag stia all'opposizione.

Sempre per provincialismo ignoriamo il Rapporto Annuale 2022-23 dello Sachverständigenrat zur Begutachtung der gesamtwirtschaftlichen Entwicklung, il Consiglio tedesco degli esperti economici (Ctee), formato da cinque docenti, di cui tre donne.

Nel rapporto “Gestire la crisi energetica nella solidarietà, plasmare la nuova realtà”, il Ctee richiama l'attenzione del suo governo su diversi punti, due dei quali han grande rilievo per noi cisalpini.

Quanto all'integrazione dei migranti, il Ctee vuole abolire o semplificare le valutazioni di equivalenza per i lavori non soggetti a regolamentazione.

A testimoniare il rilievo del tema ci sono le angherie subite da tanti migranti, forzati ad accettare paghe miserrime, senza tutele, per timore di perdere, senza lavoro, i permessi di soggiorno.

Sono così inermi davanti ai ricatti di chi li sfrutta, preferibilmente in nero.

Forse ci sta bene così, ma quanti già qui vivono sono i primi stranieri cui neghiamo i diritti; rispettandoli saremmo un paese migliore, l'economia andrebbe meglio.

Dato che i “ristori” alla spesa per energia non discernono fra possessori di redditi diversi, il Ctee suggerisce di aumentare le tasse su quelli alti, con un'addizionale di solidarietà o aumentando l'aliquota marginale.

Il Ctee ha da ridire anche sul Fondo di stabilizzazione economica, il “bazooka da 200 miliardi” sull'energia; considera rischioso non conteggiare come debito pubblico i futuri utilizzi del Fondo.

Le finanze tedesche, afferma, vanno stabilizzate e dati gli alti tassi attuali, ciò vale anche (o tanto più) per stati ad alto debito; il nuovo Patto di Stabilità e Crescita, che entrerà in vigore a Gennaio 2024, dovrà assicurare la sostenibilità di quel debito, «permettendo anche ai governi di svolgere i loro compiti».

Se davvero vuol difendere l'interesse nazionale, il governo Meloni dovrebbe raccogliere anche tale secondo spunto.

Fermare la “tassa piatta”

La Germania ha un debito pubblico sul prodotto lordo inferiore alla metà del nostro.

La Commissione Ue ha appena presentato uno schema di Patto che fuga molti timori dei Paesi più indebitati.

Sarà difficile farla digerire ad altri stati meno indebitati, perciò dovremmo andare incontro alla Commissione Ue con una mossa inattesa.

Dobbiamo subito impegnarci con la Ue a non allargare l'ambito della “tassa piatta”.

Oltre a perpetuare l'iniquità che assoggetta redditi uguali a tasse diverse, penalizzando lavoratori dipendenti e pensionati, tale allargamento ridurrebbe molto le entrate e la nostra credibilità.

Se cancellare la tassa già in vigore fosse chiedere troppo, almeno la buona volontà di limitarne l'ambito dobbiamo mostrarla.

Diversamente, altri stati, più cauti nella spesa, bloccheranno il nuovo Patto; ci servono alleati, non si vota solo in Italia e l'Internazionale dei nazionalisti è l'ossimoro principe.

Lungi dall'ampliare l'area della flat tax, dovremmo anche noi tassare di più i redditi maggiori, per compensare i sussidi sui consumi di energia che riceveranno, ma di cui potrebbero ben fare a meno; la manovra sarebbe così insieme più equa e più prudente.

L'Ufficio parlamentare per il bilancio, forse troppo benevolo col governo nella recente audizione parlamentare sul Documento di economia e finanza, non poteva proprio, tecnicamente, fare tale proposta.

Dall'addizionale avrebbero comunque dovuto essere esclusi i redditi tassati al 15 per cento secco, a meno di voler alzare la tassa al 20-25 per cento oltre una soglia.

A quel punto il governo Meloni, il vecchio che arretra, travestito da nuovo, inseguirebbe un altro bell'ossimoro, oggetto di mondiale invidia, o derisione: la tassa piatta sì, ma anche progressiva.

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