Dal governo di “alto profilo” al governo di alta fedeltà. Giorgia Meloni inizia la sua avventura con un esecutivo che condensa tutto il peggio del centrodestra e non riesce a esprimere nulla di nuovo: è un governo Berlusconi senza Silvio Berlusconi.

Non ci sono i tecnici che avrebbero dovuto dare credibilità internazionale, il cruciale ministero dell’Economia finisce al meno peggio tra i possibili ministri politici, Giancarlo Giorgetti, che finisce per sembrare un gigante tra i nani, viste le altre scelte.

Ci sono vari ministeri al Conflitto di interessi: Daniela Santanché, imprenditrice del settore(Twiga e dintorni) si occuperà di conflitti di interessi turistici; Guido Crosetto, lobbista del settore armi, di conflitti di interesse nel settore Difesa. Maria Elvira Calderone, presidente dei consulenti del Lavoro e moglie di un componente del cda Inps che dipende dal ministero, tratterà i conflitti di interessi nel mondo lavorativo. 

Carlo Nordio alla Giustizia è una categoria a parte: il magistrato più amato dai politici imputati dovrà dare ordini ad altri magistrati che non lo amano affatto, sarà uno spettacolo interessante.

Seguono i ministeri dedicati a Russia e propaganda: il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano si è guadagnato sul campo il diritto a fare il ministro della Cultura, tra biografie di dittatori e presenze a convention di partito.

E se metti un biografo di Vladimir Putin a occuparsi dell’identità nazionale, come si può dire di no ad Antonio Tajani agli Esteri, cioè il numero due di un partito che applaude Silvio Berlusconi quando celebra lo zar e critica l’Ucraina di Zelensky?

Poi ci sono i ministeri alla Famiglia, nel senso della Famiglia Meloni: il cognato della premier, Francesco Lollobrigida, all’Agricoltura, il capogruppo del Senato Luca Ciriani ai Rapporti col Parlamento, Eugenia Roccella a un ministero che sembra avere il chiaro scopo di sottomettere la tutela dei diritti alle logiche di chi quei diritti vuole limitare (“pari opportunità” assorbite da “famiglia e natalità”).

La composizione del governo conferma che il vero rischio del centrodestra meloniano non è quello di riportare l’Italia ai tempi del fascismo, ma di riportarla ai tempi del ben più prossimo 2011, quando il nostro paese era dileggiato in Europa e nel mondo per l’inettitudine della sua classe di governo e a un passo dalla bancarotta finanziaria per la perdita di credibilità tra i creditori internazionali.

Per il bene del paese c’è da augurarsi che, memori dei disastri passati, questi sopravvissuti del berlusconismo ci stupiscano. Ma è assai più probabile che Salvini, nella sua nuova veste di ministro delle Infrastrutture, debba preoccuparsi di chiudere le frontiere per evitare le fughe di capitali, cervelli e braccia piuttosto che per arginare migranti che, pure loro, saranno ormai un po’ schifati dall’Italia che si prepara.

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