L’ingresso di Leonardo Del Vecchio (LDV) in Mediobanca aveva ricevuto grande attenzione mediatica: cosa c’è dietro? Sostituirà l’amministratore delegato (poi riconfermato)? Quale lista voterà per il consiglio di amministrazione? Mediobanca poi è il primo azionista di Generali di cui LDV, assieme a Caltagirone, è socio rilevante. Così a un anno al rinnovo del consiglio di Generali è già partito il polverone: sostituirà l’amministratore delegato? C’è accordo con Caltagirone, appena entrato in Mediobanca? Chi farà la lista del nuovo consiglio? Che ruolo giocherà l’ad di Mediobanca?

Quando si parla di finanza, sembra che agli italiani interessino solo i giochi di potere, le poltrone, e i retroscena.

Tutto viene presentato in ottica personale: risultati, prospettive e redditività di una società interessano, mentre manager e imprenditori godono della stessa attenzione riservati ai personaggi dello spettacolo. Che il capitale poi sia pubblico o privato fa poca differenza: la stessa attenzione accompagna la stagione delle “nomine” nelle società a partecipazione pubblica.

Niente di male, ma è la rappresentazione di un capitalismo in via di estinzione. Un capitalismo efficiente dovrebbe essere anonimo e focalizzarsi sugli interessi degli investitori, mercato ed economia in generale: quale strategia LDV ha in mente per Mediobanca e Generali?

L’obiettivo dichiarato di difesa dell’italianità e l’intento di riportare le due società tra le grandi d’Europa, suonano anacronistici e vacui: lo stesso LDV, con una holding in Lussemburgo, ha appena trasferito la sede di Luxottica in Francia, avendola fusa con Essilor; e la dimensione societaria, di per sé, non è un obiettivo, ma è il risultato di redditività, investimenti, efficienza gestionale, e strategie vincenti. Di questo, nulla si sa.

Ossessione Mediobanca

Foto LaPresse Torino/Archivio storico Storico 1995 Leonardo Del Vecchio Leonardo Del Vecchio (Milano, 22 maggio 1935) è un imprenditore italiano, fondatore e presidente di Luxottica, la più grande produttrice e venditrice mondiale di occhiali e lenti. nella foto: Leonardo Del Vecchio Photo LaPresse Turin/Archives historical Hystory 1995 Leonardo Del Vecchio in the photo: Leonardo Del Vecchio

Prendiamo Mediobanca. Ha attraversato meglio di altre la crisi strutturale che ha investito il sistema bancario dal 2007: da allora, infatti, ha guadagnato 2,5 volte più dell’indice di settore europeo, 34 per cento più di Intesa, mentre Unicredit, di cui LDV è azionista storico, ha perso l’80 per cento. Un risultato ottenuto diversificando il business e puntando sul flusso di commissioni. Una strategia valida, ma implica che Mediobanca rimanga una banca regionale europea di medie dimensioni. LDV vuole cambiarla e crescere rapidamente con fusioni e acquisizioni, magari nel fintech che ha multipli e crescita più elevati? Servirebbero capitali che Mediobanca non ha, e LDV dovrebbe diluire la sua quota (che non gradirebbe).

La diversificazione ha portato Mediobanca a diventare un conglomerato finanziario che, come tutti, vale meno della somma delle attività detenute. LDV vuole massimizzare il valore del suo investimento cedendo separatamente i vari pezzi?  

Possibile, ma non si addice alla sua immagine di investitore paziente. Distribuire le azioni Generali di Mediobanca ai soci, come qualcuno ha proposto, non avrebbe senso perché equivarrebbe a cedere una partecipazione rilevante senza incassarne il premio e LDV si ritroverebbe con una quota dell’assicurazione che poteva comperare per meno sul mercato.

Nel silenzio totale sulle sue reali intenzioni non resta che ipotizzare che l’ingresso in Mediobanca gli serve per aumentare la sua influenza su Generali, aggiungendo la quota della banca a quella detenuta direttamente. Ha il sapore del capitalismo di relazioni d’antan, alla faccia della buona governance.

E le Generali?

Stesso discorso su Generali. Nei cinque anni della gestione Donnet il titolo in Borsa si è mosso in linea con l’indice del settore europeo. Le stime di consenso per il 2021 prevedono però una redditività sul capitale al 9,2 per cento, inferiore al 10,5 medio dei maggiori concorrenti (Allianz, Axa e Zurich). La minore redditività si traduce in un minor valore di mercato rispetto al patrimonio: 0,9 volte, rispetto all’ 1,2 medio dei maggiori concorrenti.

LDV vuole cambiare il management per aumentare la redditività? Sarebbe ironico visto che per avere Donnet è stato mandato via Mario Greco, andato in Zurich, che tra le grandi è l’assicurazione più redditizia. O si pensa a una crescita per acquisizioni?  

Non sempre creano valore (più spesso lo distruggono, vedi Cattolica) e poi LDV si dovrebbe diluire (non credo lo voglia). Anche qui, in assenza di indicazioni è legittimo ipotizzare che LDV (e Caltagirone) sia attento alla possibile sovrapposizione degli interessi immobiliari di Generali con i propri, che non necessariamente coincidono con quelli degli investitori.

LDV in Mediobanca e Generali interessa perché è una questione di poltrone e potere; di LDV azionista di Essilorluxottica importa poco. LDV è stato un imprenditore geniale che ha fatto diventare Luxottica leader mondiale del settore.

Ma a un certo punto anche l’imprenditore geniale deve fare un passo indietro e diventare un bravo azionista che è un altro mestiere, specie se di controllo: significa scegliere i manager migliori a cui affidare la gestione, condividerne le strategie, fissare gli obiettivi, verificarne il raggiungimento, e assicurare la buona governance nell’interesse di tutti gli azionisti.

Dal 2014 alla fusione con Essilor quattro anni dopo, LDV ha invece cambiato cinque amministratori delegati, e ha poi impiegato tre anni a nominare il suo capo azienda nel nuovo gruppo, pur essendone azionista di maggioranza. Da una ricostruzione del Sole 24 Ore apprendo che il nuovo amministratore delegato, Francesco Milleri, è un vicino di casa e amico di lunga data di LDV, senza precedenti esperienze manageriali in altre grandi aziende, proprietario di una piccola società informatica fornitore di Luxottica, diventato fidato consigliere e amministratore “ombra” prima dell’investitura ufficiale. Non certo un modello di best practice in fatto di governance. Forse si comincia a vederne le conseguenze.

Oltre gli occhiali

L’intuizione geniale di LDV è stata di trasformare gli occhiali in oggetti di lusso, con i margini e i multipli di valutazione in Borsa elevati tipici del settore. Dalla produzione degli occhiali ha poi puntato sull’integrazione verticale per continuare a crescere, comprando catene di negozi specializzati e a monte Essilor, che produce lenti. Ma non sempre crescita e integrazione verticale sono vincenti.

Dal 2014, l’inizio dei ribaltoni degli amministratori delegati, la redditività sul capitale di Luxottica è andata in costante declino, che la fusione con Essilor ha solo accentuato: dal 17 per cento medio nel decennio fino al 2014, al 3,2 del 2019 pre Covid, ed è previsto al 5,1 nel 2021. Il Covid rischia poi di cambiare le abitudini dei consumatori, un punto interrogativo visto che circa un terzo del fatturato deriva dalle vendite al dettaglio.

Il titolo continua ad essere trattato ai multipli del settore del lusso, ma l’esperienza insegna che le valutazioni si sgonfiano rapidamente se le aspettative di redditività vengono troppo a lungo disattese. Ma questo è un argomento che provoca solo sbadigli: vuoi mettere il risiko Mediobanca-Generali?

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