America ed Europa, come affrontare l’erosione virulenta delle democrazie

Siamo attoniti di fronte al franare della democrazia Usa: la sua virulenza e rapidità; il continuo ricorso a poteri emergenziali e ordini dell’esecutivo; la punizione inflitta a chiunque si opponga, utilizzando lo Stato come una clava; il peso dei nuovi “oligarchi tecnologici”; il tentativo di politicizzare l’esercito; l’ostentazione dell’odio, presentato come liberazione dall’ipocrisia e usato per esibire impunità; l’impulso alla destra mondiale. Manovra, difesa ed Europa: cosa deve fare adesso Meloni Siamo attoniti di fronte ai passi indietro dell’Ue: il passaggio del parlamento europeo da una congenita fragilità a una mortificazione di ruolo; il dominio del linguaggio bellico; un disegno di stravolgimento della politica di coesione; lo smontaggio delle direttive in materia di sostenibilità d’impresa; la frenata sugli obiettivi di decarbonizzazione; il trattamento dei rifugiati come questione di mera sicurezza; e altro ancora, approfondito nella Newsletter Quale Europa del Forum Disuguaglianze e Diversità. Due processi che contribuiscono alla nuova età delle guerre, al ridisegnarsi confuso di un nuovo ordine mondiale in cui la forza diventa legittimazione dello svuotarsi del diritto internazionale e affermazione di nuove autocrazie, in un legame sempre più stretto tra fondamentalismi religiosi e sovranismi. Siamo preoccupati di fronte all’avanzare ovunque della destra o, in Italia, al suo consolidamento. Un messaggio al popolo dipinto di interclassismo, che, in combinazioni diverse a seconda dei paesi, comprende: protezione dalla diversità, dall’invasione dei migranti e dall’alterazione e perdita di norme e identità del passato; reiterazione della promessa di liberazione degli “spiriti animali individuali”, eliminando lacci e lacciuoli dello Stato, ma, al tempo stesso, con benefici e trasferimenti neo-corporativi a singole categorie; promessa di sovranità sulla ricchezza nazionale (senza alcun segno di curarne la redistribuzione); rapidità e risolutezza nel decidere. Tutto questo in cambio di un’erosione sostanziale di ogni forma di welfare pubblico universale, accusato di “fiaccare l’impegno” e degli strumenti di sovranità del popolo - parlamenti, spazi di democrazia, conflitto e partecipazione, check and balances dei poteri istituzionali, indipendenza della magistratura e dei media. Schiacciata tra Cina e Usa, l’Europa riparta dagli appalti Eppure, sappiamo perché tutto ciò avviene. Ognuno metta i suoi accenti, ma sappiamo che dietro c’è il fallimento della svolta neoliberista: successione senza fini di crisi economiche e sociali; forte aumento in Occidente di tutte le disuguaglianze – di reddito, ricchezza, accesso ai servizi, riconoscimento – con impoverimento dei ceti medi; evoluzione perversa del capitalismo in un capitalismo patrimoniale trascinato dall’uso pessimo della tecnologia digitale e sganciato dalla produzione di valore. Ma c’è di più. Ci sono lo spaesamento e il risentimento popolare quando la destabilizzazione di un sistema tradizionale di autorità/norme/valori è apparsa privilegio di una minoranza agiata. C’è l’aumento della complessità di ogni decisione pubblica dovuta alla crescente consapevolezza dell’impatto di ogni decisione in termini di genere, origini etniche ed ecosistema, l’accelerazione del cambiamento tecnologico, l’aumento iperbolico della quantità di dati di cui “si potrebbe e dovrebbe tener conto” nel decidere, l’aumento del numero di persone che hanno istruzione e consapevolezza per voler contare sulle scelte pubbliche. Di fronte a tutto ciò, si staglia, eclatante, finora, l’incapacità di adeguare, i dispositivi deliberativi, partecipativi e di rappresentanza della democrazia, e il loro impoverimento con la deriva neofeudale dei partiti, la crescente inefficacia delle assemblee legislative, e quindi la crescente sfiducia nello Stato democratico all’insegna di “è tutto uno sfascio”. Eppure, i segnali di reazione e di rinnovamento della democrazia esistono. Esistono nei territori, dove si sperimentano forme nuove di democrazia partecipata, di mutualismo, di rapporto fra pubblico e privato, in coerenza con una strada democratica di governo della complessità. Esistono a livello nazionale e globale, come mostra una significativa sequenza, ovunque nel mondo, di proteste di massa che suggeriscono nuovi valori nel campo dei diritti civili e umani, affrontando gli abusi di potere compiuti nella storia e oggi sui terreni razziali, di genere e ambientali. Si tratta di movimenti e organizzazioni di cittadinanza attiva e del lavoro, con un forte ruolo delle nuove generazioni. L’America contro Re Trump: perché la piazza non fa paura Perché questi segnali non si fanno sistema? Quali sono i nuovi dispositivi di rappresentanza e partecipazione che potrebbero rinnovare la democrazia? Cosa insegna la drammatica esperienza Usa? Rivela una specifica crisi di quel sistema o anticipa prossimi passaggi? È davvero possibile piegare la nuova tecnologia digitale a sostegno della democrazia? Come sfidare il senso comune prevalente che sostiene oggi la svolta autoritaria? Quale la sfida per i partiti e quale possibilità che essi la raccolgano? Sono queste alcune delle domande a cui una nuvola di figure di ogni campo, luogo e generazione proverà a rispondere nella tre giorni che si svolgerà al Palazzo Ducale di Genova il 23, 24 e 25 gennaio prossimo. Un’occasione di incontro, di cui presto saranno disponibili gli assunti e il programma, per rinnovare la nostra fiducia nella democrazia e dunque l’impegno per rinnovarla. Fabrizio Barca, co-coordinatore Forum disuguaglianze e diversità; Luca Borzani, direttore “La città”