Il piano vaccinale è stato aggiornato nei giorni scorsi. Tuttavia, il nodo della vaccinazione ai disabili – persone fragili per definizione – non è stato sciolto. «Il piano prevede alcune categorie di fragilità particolari che vanno assolutamente prese in considerazione e che inizieranno a essere vaccinate insieme alle persone che hanno più di 80 anni», aveva detto il commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri, il 7 gennaio.

E alla domanda se questo valesse anche per chi assiste le persone fragili, il commissario aveva risposto: «Immagino che la connessione tra disabile e chi lo accompagna sia una connessione lineare. Il disabile immune non può essere accompagnato da chi immune non è».

Sarebbero state definite delle priorità nell’ampia categoria dei portatori di handicap? Come avrebbero potuto essere identificati i loro accompagnatori, cioè i caregiver, considerato che non è mai stato implementato un loro elenco? E come potrebbero essere inclusi in un programma di vaccinazione, ad esempio, i badanti che prestano lavoro di assistenza, talvolta in nero per l’impossibilità di essere regolarizzati? Chissà se Arcuri si era posto questi problemi.

Ci si aspettava che il ministro della Salute fornisse maggiori dettagli. Invece, il 2 gennaio, Speranza si è limitato a recepire in un decreto il piano vaccinale già predisposto a dicembre. Ma nessun cenno ai disabili. Questi ultimi erano, invece, menzionati nelle Faq sul sito del ministero, ma queste non potevano supplire alle carenze di un piano vaccinale adottato ufficialmente con decreto.

Così lo scorso 20 gennaio sono stati approvati due ordini del giorno per impegnare il governo «a valutare la possibilità di inserire tra le categorie prioritarie da vaccinare le persone disabili nonché le persone che convivono con loro e che svolgono funzioni di assistenza continuativa». Peraltro, «nel caso di persone con disabilità complesse, intellettive o non collaboranti» non solo «appare estremamente difficile se non impossibile seguire le regole anti covid», ma anche «un ricovero ospedaliero può rappresentare una situazione di grandissima delicatezza e problematicità».

L’8 febbraio il piano nazionale per la vaccinazione è stato aggiornato. I disabili sono stati finalmente previsti in via espressa, ma non come ci si sarebbe aspettati.

Tra le persone da vaccinare nella fase 2 – «persone estremamente vulnerabili» – sono stati indicati anche coloro i quali si trovano in condizioni di «disabilità (fisica, sensoriale, intellettiva, psichica)». Ma non tutti: nella categoria 1 sono stati collocati i portatori di alcuni handicap definiti. Mentre gli altri disabili, ad esempio le persone autistiche, rientreranno per esclusione nella categoria 4, quindi saranno vaccinati molto dopo.

Cosa significa questo? Significa non solo aver disatteso l’impegno previsto nei due ordini del giorno citati, ma anche non aver compreso la ratio che mediante essi era stata esplicitata. La disabilità in toto, a prescindere dalle diverse specificità, è di per sé una condizione di fragilità: una serie di problemi espongono il disabile e chi lo assiste al rischio di contagio.

Peraltro, il sistema di individuazione in concreto dei portatori di handicap da vaccinare è rimesso alla determinazione regionale, con le differenze di trattamento che ciò comporta. Se già tali differenze paiono intollerabili per tutti gli altri, ancor più lo sono in questo caso. Nell’aggiornamento del piano vaccinale, peraltro, non vi è alcun cenno alle persone che assistono i disabili.

Ancora una volta le rassicurazioni di Arcuri sono state smentite. Se e quando vi sarà la prossima conferenza stampa del Commissario straordinario, tra una primula e l’altra, dovrebbe essergli chiesto conto di quanto aveva promesso. Adesso c’è un nuovo governo: se non ora, quando?

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