L’autonomia differenziata regionale nuoce al Sud, ma conviene al Nord Italia? Che l’istituto delle regioni non abbia favorito il Mezzogiorno del paese appare abbastanza chiaro. Da quando sono state istituite le regioni a statuto ordinario, si è arrestata la rincorsa del sud rispetto alle regioni del centronord.

I dati elaborati dalla Svimez con riferimento al Pil pro capite mostrano con evidenza come il rapporto tra Mezzogiorno e centronord, cresciuto lungo tutti gli anni Sessanta (grazie anche alla Cassa per il Mezzogiorno), si è arrestato dagli anni Settanta in poi, oscillando con una tendenza al ribasso e regredendo da oltre il 60 per cento raggiunto agli inizi degli anni Settanta fino al 56 per cento attuale.

Certo, non si può affermare che sia stata l’istituzione delle Regioni a far regredire il Mezzogiorno, ma comunque è sicuro che non l’ha favorito e la coincidenza temporale con l’istituzione delle regioni a statuto ordinario ha comunque un qualche significato. Andare ora a rafforzare ulteriormente i poteri e le materie di competenza delle regioni, sicuramente non favorirà il Mezzogiorno che rischia di esserne svantaggiato, come tutti coloro che studiano l’economia italiana, e in particolare quella meridionale, hanno sottolineato con forza.

Quale convenienza?

Ma la domanda che dobbiamo porci è se l’attribuzione di ulteriori competenze, come quelle richieste dal Veneto e dalla Lombardia, favorirà il Nord? Qualcuno può ritenere che, essendo il nord composto da regioni più ricche e avendo la proposta Calderoli avanzato l’idea che queste regioni potranno trattenere sul territorio parti rilevanti delle tasse di loro pertinenza, esse finiranno per avere dei vantaggi e potranno migliorare la loro situazione.

A parte il fatto che, come già evidenziato in un altro articolo su questo giornale, non è corretto attribuire alle regioni le tasse di cittadini e imprese residenti nella Regione ma che hanno maturato redditi in altre regioni, resta il fatto di sapere se lo spezzettamento delle competenze rappresenterà un fattore di efficienza o viceversa costituirà un elemento di degrado delle funzioni che erano attribuite al centro nazionale.

Già abbiamo visto come la gestione della sanità durante la pandemia abbia avuto notevoli inconvenienti a livello regionale, anche e soprattutto nel nord (caso Lombardia che non riusciva neppure ad avere un sistema valido per le prenotazioni dei vaccini, poi risolto attraverso l’uso di quello nazionale predisposto dalle Poste Italiane).

Già vediamo come nel settore dei trasporti quelli regionali ricevono le maggiori critiche da parte dei cittadini, mentre il paese si sta dotando dell’alta velocità. E non parliamo del sistema di formazione e collocamento del lavoro che, a detta di tutti, è di fatto inesistente pur se molte competenze sono già a livello regionale. Ebbene, immaginare di trasferire alle regioni ambiti come l’istruzione, la difesa dell’ambiente, i beni culturali, la ricerca scientifica, i rapporti con l’estero, l’organizzazione della giustizia di pace, la previdenza complementare e integrativa, la protezione civile, le infrastrutture, la casse e banche regionali (come chiesto dal Veneto) sta a indicare un processo di frammentazione delle politiche nazionali che finiranno per produrre tanti centri regionali inefficienti per carenza di dimensioni e di competenze e più costosi per la replicazione delle funzioni in ogni singola regione e per i costi che famiglie e soprattutto imprese dovranno subire per far fronte al moltiplicarsi di regolamentazioni e legislazioni da rispettare per chi opera su più Regioni.

Rendere meno efficienti queste funzioni in un’epoca, come l’attuale, dove le crisi sistemiche rischiano di accavallarsi l’una all’altra (dall’ambiente, alla salute, a quella alimentare, energetica fino alla guerra), significa avere uno svantaggio nazionale a fronte di inefficienze regionali. E ciò, evidentemente, se penalizzerà il Mezzogiorno, rappresenterà anche un grosso svantaggio per le regioni del centronord.

Gli unici che potranno trarne qualche beneficio, alla fine, saranno solo quei presidenti di Regione che acquisiranno per tale via una maggiore visibilità locale e nazionale. Ma non credo che per questo obiettivo valga la pena di fare arretrare tutto il paese.

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