Fa piacere vedere tanti intellettuali e professori italiani preoccuparsi perché l’obbligo di Green Pass introduce una discriminazione nell’accesso all’università. Firmano petizioni, rilasciano interviste, scrivono lettere vibranti. Al fine di permettere agli studenti non vaccinati di assistere alle lezioni, prevedono di renderle disponibili in streaming. La resistenza si organizza. 

Spiace tuttavia notare che tutte queste attenzioni sembravano lontane dalle loro preoccupazioni quando a non poter accedere all’accademia — per ragioni banalmente pratiche — erano invece gli studenti-lavoratori, occupati nelle ore diurne, quelli che abitano lontano dalle città universitarie e non possono permettersi un alloggio, o ancora i genitori di bambini piccoli, per non parlare di carcerati, depressi, antropofobi, non-udenti o affetti da altre disabilità.

All’epoca una soluzione la si trovava sempre, con la complicità del prof, ben disposto a farsi registrare per dare una mano ai compagni più sfortunati. Ma in fondo un simile arrangiamento lo si potrebbe trovare anche oggi per la minoranza di studenti non-vaccinati, invece di firmare petizioni, rilasciare interviste, scrivere lettere vibranti. Il risultato è che se oggi io voglio seguire una lezione in streaming perché sto a casa con mia figlia raffreddata, questo continua a essere considerato un privilegio, mentre se lo faccio perché non ho il pass sanitario, allora è un diritto.

Le ingiustizie formali, messe nere su bianco, fanno sempre più notizia delle ingiustizie sostanziali. Ma quando si sventolano i grandi principi — l’accesso universale allo studio! — bisognerebbe sincerarsi di avere un minimo di coerenza e di senso delle proporzioni.

Il sottoscritto non ha difficoltà a capire le ragioni di chi ritiene che, per talune fasce di popolazione come i minori, il costo della vaccinazione superi i suoi benefici.

Né si ritiene particolarmente soddisfatto della mania iper-precauzionista che si diffonde ovunque nella nostra società, e di cui d’altronde gli antivaccinisti sono il prodotto.

Assieme alla nostra Vitalba Azzollini, mi preoccupo degli abusi delle politiche emergenziali e di certi aberranti deliri di onnipotenza che i virologi consegnano ai social network. E tuttavia… 

La sproporzione

Tuttavia la battaglia contro il Green Pass colpisce per la sproporzionata quantità di energie che mobilita. Non sarà la migliore delle misure possibili ma la politica democratica è il prodotto di mediazioni particolarmente complesse: decisione di nessuno, fragilissimo compromesso.

Chi protesta sta agitando le lance contro un idolo incapace di vederlo e ascoltarlo, come nei “culti del cargo” osservati dagli antropologi. In nome di cosa poi?

Di un principio di libertà e uguaglianza che nessuno prima d'ora aveva mai preso sul serio; una battaglia che ormai serve solo a darsi pose da martire a buon mercato.

Nell’Italia del 2021 ci sono sicuramente discriminazioni che meritano maggiormente la nostra attenzione.

Quanto al fatto che non si può andare al ristorante senza pass sanitario, vi rivelo un segreto: c'è un pezzo di carta senza cui non ti fanno nemmeno sedere; si chiama cartamoneta. Scendiamo in piazza?

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