Stimo molto Mario Giro e devo confessare il mio stupore leggendo il suo articolo “Gli stipendi alti non evitano la corruzione, tagliamo gli sprechi all’Europarlamento”, pieno di pregiudizi e di informazioni non esatte che contribuiscono ad amplificare una concezione radicata quanto fallace e disinformata del funzionamento delle istituzioni europee e del lavoro di funzionari, commissari e deputati.

Un punto di vista europeo

Ma prima di continuare è d’obbligo una premessa personale. Vivo a Bruxelles da 35 anni e sono stata nel tempo responsabile di una ong, i giovani federalisti europei, poi funzionaria di un gruppo politico al Parlamento europeo, poi deputata europea, co-presidente di un partito europeo e da qualche anno responsabile di una organizzazione composta da imprese e ong che si può definire una lobby e che si batte per una politica e legislazione climatica ambiziosa.

Insomma ho avuto modo di vedere dal di dentro il funzionamento delle istituzioni e di ciò che ruota intorno. E mantengo intatta la mia fede europeista. 

Lungi da me, ovviamente, minimizzare l’impatto del gravissimo scandalo del Qatar o Maroccogate, che ha coinvolto per ora una deputata in carica, un ex deputato e un assistente, mentre su altri si sta indagando. Questo scandalo danneggia proprio chi da sempre si batte per una maggiore trasparenza ed efficacia delle istituzioni e dei portatori di interessi, stati compresi. E quello della doppia sede del Parlamento europeo è da sempre un punto di frizione fra lo stesso parlamento e gli stati membri, che non si decidono a sceglierne una a causa del veto della Francia. 

Inoltre, ci sono senz’altro riforme importanti da fare e numerose resistenze da superare.

Ma sinceramente non credo che il tema degli stipendi sia quello centrale.

La verità sugli stipendi al Parlamento Ue

Lo stipendio dei deputati è una media dei colleghi nazionali e le spese devono essere in gran parte rendicontate. I deputati decidono lo stipendio degli assistenti, ma è il Parlamento europeo che poi li paga secondo contratti regolari: non mi piace la definizione di “portaborse”, termine irrispettoso di figure professionali importanti; contrariamente a ciò che dice Mario Giro, dopo anni di lotte per essere riconosciuti, la loro situazione è molto migliore e ben più trasparente dei loro colleghi italiani, spesso sottopagati e precari.

Quanto ai funzionari, forse Mario Giro dovrebbe informarsi meglio, perché gli stipendi di un qualsiasi direttore generale o direttore in una regione italiana non sono molto diversi; e un alto funzionario europeo, a parte il fatto di dovere lasciare il suo paese, ha responsabilità in genere molto complesse. Peraltro la disgraziata riforma Kinnock, commissario britannico ai tempi della Commissione Prodi, ha di molto peggiorato le condizioni dei giovani funzionari, ha introdotto un precariato costoso e assurdo pur di non assumere, aprendo la strada all’invasione di funzionari nazionali pagati dagli stati e quindi poco “europei”;  e ha adottato dei  metodi di selezione basati su test di stile americano che hanno ridotto i requisiti minimi di conoscenza della integrazione europea e di valorizzazione del ruolo indipendente della funzione pubblica europea.

Già oggi è problematico per la Commissione e il Parlamento competere con imprese private o studi legali per trattenere i migliori elementi proprio a causa delle condizioni economiche; la cedevolezza dei commissari e della Presidente di fronte alle pressioni dei governi che paracadutano alti funzionari dagli stati membri e diplomatici frustra le ambizioni e le competenze dei funzionari europei; e la  tendenza a ridurre al massimo le assunzioni per ragioni stupidamente ideologiche fa il paio con responsabilità e compiti sempre più complessi attribuiti ai funzionari europei.

Criterio di fedeltà

Quanto al Parlamento europeo, il problema non è certo quello degli stipendi. Ma quello di una politicizzazione spinta che in anni recenti ha spesso premiato la fedeltà piuttosto che la competenza: è questo uno dei lasciti più negativi e frustranti del governo congiunto di socialisti e popolari, la “grosse Koalition” in salsa europea. Ci sono dunque molte cose da fare, prime fra tutte approvare rapidamente regole di maggiore trasparenza che attendono da tempo di essere adottate, in particolare in materia di stati terzi o di interessi finanziari; e inoltre, ridurre i poteri di veto e di ingerenza di questo o quello stato membro sulle decisioni comuni. Ma è soprattutto indispensabile vedere la rilevanza di ciò che si fa e decide a livello europeo, evitando caricature e imprecisioni che alla fine danneggiano proprio chi da qui si batte per rendere più efficace e leggibile questo sistema imperfetto ma indispensabile.  

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