Al liceo Socrate di Roma, quartiere Garbatella, alle ragazze è stato consigliato di non indossare gonne troppo corte perché «ci potrebbe cascare l’occhio dei professori».

Professori, uomini adulti che stanno svolgendo un compito, la loro professione, e che, almeno stando alla vicepreside che ha dato il consiglio alle allieve dell’ultimo anno di superiori, non si sanno trattenere di fronte a una gonna troppo corta o una scollatura troppo accentuata.

Ho troppa stima di amici, colleghi e professori dell’altro sesso per credere che davvero nessuno di loro sappia porsi un freno.

Il consiglio della vicepreside era probabilmente ispirato dall’affetto, magari anche dall’istinto di protezione di chi è cosciente che nel corpo docenti certi comportamenti (che magari si limitano a sguardi non eleganti, senza mai arrivare a gesti fisici) non sono cosa aliena.

Ma il fatto che da donna a donna arrivi il suggerimento di non provocare il predatore, come se dall’altra parte ci fosse una bestia, un animale e non un essere senziente, è disarmante.

Neanche fossimo in Don’t stand so close to me di Sting, dove il professore protagonista del pezzo, infatuato di una studentessa, ragiona in termini di Temptation, frustration/So bad it makes him cry (Tentazione, frustrazione/Così forte che lo fa piangere).

Come se il fatto che un signore di trenta, quaranta o cinquant’anni che abbia bisogno di lasciarsi andare a fantasie sulle proprie allieve fosse una cosa normale, accettabile, un piccolo dettaglio fastidioso ma tutto sommato trascurabile.

Come un anziano che ci sente poco e quindi tende a urlare quando parla.

Non è così: in classe, tra compiti e interrogazioni, la coscia esposta o la scollatura non devono rappresentare un problema. Quantomeno, non perché rischiano di suscitare turbamenti libidinosi in adulti che in realtà sarebbero in quel luogo per trasmettere conoscenza. Poi sull’opportunità di indossare vestiti poco coprenti a scuola si può discutere.

La questione è che gli uomini non sono bestie.

Non è tollerabile che in una società che si considera progredita un professore maschio sia considerato un animale alfa con abitudini che chi gli sta intorno deve assecondare, anche a costo di limitare la propria libertà personale.

Quindi, forse, più che rivolgersi alle ragazze, la vicepreside avrebbe potuto parlare alla sala professori, sottolineando che certi atteggiamenti non sono accettabili.

Per stabilire questo punto fermo, per sollevare il problema con i responsabili, una volta tanto, invece che con le vittime.

Non è facile avere a che fare con qualcuno, professore, datore di lavoro o superiore che sia, che sfrutta una disparità d’età o di ruolo per arrogarsi libertà che non gli competerebbero.

Battute, osservazioni fuori luogo e commenti fanno male, o quantomeno infastidiscono.

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