Pino Lorizio, della Pontificia Università Lateranense, si è chiesto su Famiglia Cristiana del 5 febbraio quale sia il rapporto fra il presidente del Consiglio Mario Draghi e la chiesa italiana. Un tema caldo nel mondo dei media. Complesso e ricco di sfaccettature e senza risposte nette.

Dopo aver ricordato le vicinanze, elencando la frequentazione di Draghi nell’istituto Massimiliano Massimo dei gesuiti di Roma, la partecipazione al Meeting di Rimini, la nomina a membro della Pontificia accademia delle scienze sociali e la laurea honoris causa conferitagli dall’Università Cattolica, il teologo ha ricordato che, posto che «nessun programma politico sarà mai perfettamente compatibile col Vangelo, la chiesa sarà sempre chiamata a svolgere un ruolo critico-profetico nei confronti dei governi e degli stati e di chi ne detiene la responsabilità in prima persona». Una posizione improntata alla prudenza e cautela.

Non festeggiate

Ma a dar fuoco alle polveri è stato un successivo intervento uscito sempre sul giornale dei Paolini. «Mi sorprende quest’esultanza di tanti cattolici per l’avvento di Mario Draghi al governo. Certo, si è parlato dei suoi studi dai gesuiti, della sua partecipazione ai riti della parrocchia romana di San Bellarmino, della laurea honoris causa all’Università Cattolica, della conferenza al Meeting di Rimini di Comunione e liberazione, dell’appartenenza alla Pontificia accademia delle scienze. Tutto questo può essere incoraggiante ma non lo rende automaticamente un protagonista e un fautore del cattolicesimo sociale. Anche perché ci sono altri aspetti della sua carriera che fanno pensare che possa andare in direzione diversa, se non opposta». Così l’economista Luigino Bruni, studioso del terzo settore, animatore del convegno sull’economia di Francesco, una delle voci più ascoltate dal papa. Ma ciò che conta è che Bruni prende le distanze da coloro che hanno già deciso l’apoteosi dell’ex governatore della Bce in una intervista intitolata La beatificazione di Mario Draghi è rimandata alla prova dei fatti apparsa sempre su Famiglia Cristiana del 10 febbraio.

«Oltretutto», prosegue Bruni, «appartenere all’Accademia delle scienze, che è per sua natura pluralista, non dice nulla del pensiero di Draghi. Nella Casina Pio IV si radunano gli studiosi più prestigiosi del mondo per offrire contributi, anche critici, alla dottrina sociale della chiesa, ma non devono essere necessariamente nemmeno credenti. La verità è che il nostro eroe non ha mai scritto nulla sul pensiero economico cristiano». Una stoccata velenosa.

Relazioni papali

Ma è davvero così? Maria Antonietta Calabrò in un intrigante articolo intitolato Un Draghi per due papi. Quando Benedetto XVI volle che rileggesse l’enciclica sociale apparso su Huffington Post del 4 febbraio, ricorda che il papa emerito «quando la stesura dell’ultima enciclica sociale della chiesa, la Caritas in Veritate (29 giugno 2009) era quasi pronta, chiese all’allora segretario di Stato Tarcisio Bertone che fosse Mario Draghi a rileggerla prima della pubblicazione. Draghi, che era governatore della Banca d’Italia lesse quindi quell’enciclica in anteprima. In un weekend. E diede l’ultimo “disco verde” alla pubblicazione».

Scavando un po’ si scopre che i rapporti tra Draghi e il Vaticano nella persona di papa Francesco sono proseguiti con la nomina avvenuta il 10 luglio 2020 dell’ex presidente Bce a membro dell’Accademia delle scienze sociali, istituzione nata nel 1994 per fornire alla chiesa gli elementi da usare per lo sviluppo della dottrina sociale e permettere di studiarne gli effetti dell’applicazione nella società contemporanea.

L’organismo «consultivo» è presieduto dall’economista Stefano Zamagni mentre il cancelliere è il vescovo argentino Marcelo Sánchez Sorondo. Dell’Accademia delle scienze sociali ha fatto parte a lungo anche l’ex presidente della Bundesbank Hans Tietmeyer, fino alla sua scomparsa nel 2016.

A questo proposito c’è un aneddoto che vale la pena ricordare sul tema caldo del debito italiano e su cosa farà Draghi in politica economica. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel 2017 ha ricordato un incontro avuto con Tietmeyer poco prima che morisse, nell’autunno del 2016. Visco ha riferito una frase del banchiere che è stato presidente della Bundesbank tra il 1993 e il 1999: «Carlo Azeglio Ciampi ci aveva promesso che nel 2010 l’Italia avrebbe avuto uno stock del debito sul Pil pari al 60 per cento. Oggi siete al 130 per cento. Dunque, non siete affidabili». Che direbbe oggi Tietmeyer con il debito dell’Italia al 159 per cento del Pil e con la Bce che lo tiene a galla con acquisti massicci? E Draghi, da ex banchiere centrale, non sentirà forse il bisogno di onorare quella promessa politica, fattagli da un governo tecnico, che Tietmeyer reclamava di essere onorata?

Il problema del debito

Draghi da presidente dell’Eurotower, ha inondato di liquidità i mercati con il QE per difendere quell’economia sociale di mercato fondamento dell’eurozona; ma non può dimenticare la sostenibilità del debito italiano, un problema che abbiamo messo sotto il tappeto da anni, governo dopo governo, esecutivi tradizionali e quelli populisti, nonostante i richiami costanti di Bruxelles e Francoforte. Ci piace avere l’euro in tasca, ma sembriamo non avere coscienza dei doveri di solidarietà con gli altri partner che questa scelta comporta.

Il debito, come ha detto a Draghi al Meeting di Cl, è di due tipi: quello buono per investimenti produttivi e quello cattivo dei sussidi come i bonus a pioggia concessi per acquistare i monopattini senza nessuna differenza di reddito del percettore del sussidio.

Spesa corrente che non aumenta il reddito ma gonfia solo la spesa pubblica e investimenti produttivi che aumentano la produttività, rilanciano la ripresa e consentono di ripagare i debiti pregressi. In fondo gli esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola sono un metodo accessibile a tutti di ascesi alternando letture, riflessioni, digiuno, discernimento (parola cara al gesuita cardinal Carlo Maria Martini) e scelta.

Il metodo della Compagnia di Gesù nel cui istituto Massimo Draghi è stato educato, è intervenire in modo radicale e con obbedienza militare quando la situazione della chiesa è in pericolo. Facendo i consiglieri dei monarchi e cercando di raddrizzare la barca nel mare in tempesta. Facendo pragmaticamente ciò che è opportuno fare nel momento opportuno. E se i consigli (inviati con lettera da Francoforte) non vengono ascoltati per anni allora si può giungere, per salvare la barca in tempesta, fino al punto di sostituirsi provvisoriamente ai monarchi (i politici eletti) nella gestione del potere quando questi falliscono.

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