Forte accelerazione sull’installazione di nuova potenza rinnovabile e nessun nuovo progetto di estrazione di fonti fossili. Stop alla produzione e alla vendita di nuove auto a combustione interna entro il 2035 e spinta decisa all’elettrificazione dei trasporti, privilegiando questa soluzione all’idrogeno che è meno efficiente. Sembrano alcune delle proposte fatte al governo dagli ambientalisti, compresi noi di FacciamoEco, per il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Invece sono le principali tappe individuate dall’Agenzia internazionale per l’Energia (Iea) per centrare l’obiettivo della neutralità climatica al 2050. Un’istituzione, l’Iea, non esattamente ambientalista, che però coglie meglio della politica e del governo italiani la direzione del futuro. Come dire che il re è nudo, che non ci sono più alibi e che non ci sono dubbi sulla ricetta per arginare le crisi climatica economica e sociale: bisogna abbandonare rapidamente i fossili e puntare su transizione energetica e decarbonizzazione. Una strada condivisa a parole, ma che nei fatti trova ostacoli e contraddizioni sia negli attori economici che frenano che nelle politiche del governo, come scriveva Giovanna Faggionato su questo stesso giornale.

Il metano

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza ci sono novità che fanno sperare, come il fatto che non compaiano finanziamenti al progetto Eni di cattura e stoccaggio della CO2 sui fondali al largo di Ravenna, progetto che però il ministro Cingolani continua ostinatamente a non escludere. Ma nell’insieme gli investimenti del Pnrr sono sbilanciati sull'idrogeno, senza alcuna specifica se verde blu o grigio e senza considerare che questa tecnologia non è matura. Inoltre il gas continua ad avere un ruolo da protagonista. Mentre i tasselli fondamentali per raggiungere gli obiettivi climatici europei sono rinnovabili, efficienza, ricerca, reti intelligenti e sistemi di accumulo. Urgente anche semplificare gli iter, altrimenti la transizione energetica arriverà fuori tempo massimo. Come denunciato dal Coordinamento Free, se il tasso di autorizzazioni per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili rimanesse quello attuale serviranno 67 anni per realizzare gli obiettivi previsti dal Piano energia e clima al 2030.

Le partecipate

Un punto focale di accelerazione per l’economia decarbonizzata potrebbero e dovrebbero esserlo anche le società partecipate. Chiedere, ad esempio, all’Eni di rendere sempre più marginale nei propri piani industriali le fonti fossili significa avanzare nella giusta direzione. E c’è grande bisogno che l'Italia svolga un ruolo coerente con quello di un governo che si definisce ambientalista. Purtroppo sulla coerenza dobbiamo decisamente migliorare. Prova ne sia la discussione sulla tassonomia europea, ossia sulle condizioni che si devono rispettare per definire un investimento, una attività o un sussidio verde. Dibattito in cui le lobby europee del gas, Snam ed Eni in testa, con il sostegno degli Stati dell'Est e anche dell'Italia sono riuscite a far vacillare l’Ue. La Commissione Ue aveva proposto di escludere il gas dalla tassonomia verde e per ora non compare, ma si continuerà a esaminare la questione e dovrebbe arrivare una proposta ad hoc dedicata a fonti e tecnologie per la transizione.

Vigileremo

Noi di FacciamoEco, come anche i Verdi di tutta Europa, continueremo a vigilare e a impegnarci affinché non rientri dalla finestra quello che è uscito dalla porta e affinché in questa partita l’Italia si schieri dalla parte giusta. Draghi dovrà decidere, e presto, se continuare a sostenere le grandi partecipate di oggi, o se indicare in modo coerente la strada del futuro. Quello che forse il premier non sa, è che l’Italia ha tecnologie, soluzioni, innovazioni e talenti per vincere la sfida del clima.

© Riproduzione riservata