Si è diffusa ieri la voce che il governo di Mario Draghi sarebbe intenzionato a cancellare il bonus del cashback, quella spesa di 4,7 miliardi di euro che serve a incentivare gli italiani a pagare con la carta di credito e a creare un profilo digitale per la pubblica amministrazione. Sarebbe un segnale utile.

Spazzare via un po’ dei tanti sprechi finanziati a debito di questi anni – metto nel conto gli 80 euro renziani, l’integrazione decisa dal governo Conte, e i tanti sussidi regressivi a beneficio di categorie o di ceti abbienti, come la detrazione del 110 per cento per le ristrutturazioni – è il modo per tornare credibili. E per spendere tutto il necessario là dove serve davvero: per la transizione digitale, per quella ecologica e per tutte le misure che innalzino il potenziale di crescita del paese invece che i risparmi della classe media.

Promemoria: dal 2000 Germania e Stati Uniti hanno seguito una traiettoria di crescita simile, hanno vacillato con la crisi del 2008, ma nell’ultimo ventennio il Pil pro capite (il valore aggiunto prodotto in un anno diviso il numero di abitanti) è cresciuto del 15 per cento. L’Italia invece ha un Pil pro capite che nel 2020 era del 15 per cento sotto il picco del 2007. Un disastro.

Questo ritardo è stato aggravato dalla risposta alla crisi finanziaria del decennio scorso. Questa volta, per fortuna, non c’è stato bisogno di misure di austerità per rassicurare i mercati sulla nostra capacità di sostenere il debito pubblico, all’epoca lo shock era una crollo di fiducia, oggi è la pandemia.

La reazione della politica fiscale però resta timida, in termini relativi: soltanto per il 2021 gli Stati Uniti hanno previsto oltre 2000 miliardi di stimolo fiscale, l’Unione europea meno di 900 miliardi, sommando misure comunitarie e nazionali.

L’Italia rischia di trovarsi di nuovo stritolata, con troppa spesa pubblica per misure inefficaci, troppo poca per investimenti con impatti rilevanti sul Pil e con il rischio che presto i mercati si risveglino e ci chiedano conto del nostro basso potenziale di crescita, troppo basso per sostenere il debito pubblico.

Cancellare i bonus darebbe il messaggio giusto: via gli sprechi così da essere credibili per spendere tutto il necessario dove serve. Anche per tamponare la crisi sociale, pur sapendo che l’ammortizzatore più efficace è la crescita.  

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